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Luci della città

di Emilio Iodice
Traduzione di Silverio Lamonica

Una storia di passione, di fiducia in se stessi, di pensiero positivo, di visione,
persistenza, compassione, generosità, gratitudine e speranza.

 

[1]Courtesy First National Pictures and Wikipedia (Charlie Chaplin, Una Vita da Cani)

“Non è la realtà che conta in un film, ma quello che l’immaginazione può fare. La vita è meravigliosa se non se ne ha paura. La più triste delle cose che possa immaginare è abituarmi al lusso. Grazie all’umorismo siamo meno schiacciati dalle vicissitudini della vita”, Charlie Chaplin

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Charlie Chaplin è stato una delle più grandi star del cinema muto di tutti i tempi. Aveva milioni di fan e i suoi film sono stati visti in tutto il mondo. Chaplin era un uomo d’un talento incommensurabile: era in grado di fare acrobazie, sapeva ballare e recitare, dirigere, produrre e scrivere musica. I suoi film erano enormemente popolari e ha fatto fortuna nel mondo del cinema.

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La stella di Chaplin cominciò a tramontare nel 1927 con l’alba del cinema sonoro. Ritenuto in origine una moda passeggera, il sonoro divenne rapidamente fondamentale per l’industria cinematografica e si diffuse in tutto il mondo.
Nel 1928, la carriera di Chaplin si stava dissolvendo. Credeva che i film muti fossero il mezzo di espressione più potente, perché il silenzio era il linguaggio universale. Il suo pubblico che una volta lo adorava, non era più d’accordo con lui. Per la sua vita personale, professionale e finanziaria venne a trovarsi in grossi guai.

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L’eccessiva pubblicità d’un divorzio gli rovinò la reputazione. Le storie della sua ex moglie sugli affari di Chaplin fecero notizia, provocando una serie di scandali che sembravano alimentare senza sosta gli editorialisti di gossip.
L’ Internal Revenue Service (L’Agenzia delle Entrate U.S.A. – N.d.T.) gli chiese quasi due milioni di dollari di tasse arretrate (pari a 30 milioni di dollari attuali). I principali studi cinematografici interruppero la produzione di film muti e le banche non concessero più linee di credito o prestiti.

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I critici affermarono che Chaplin era finito, non aveva futuro, la sua arte era morta e la sua vita era in rovina. La star cinematografica più famosa del pianeta pensava di arrendersi. Aveva 39 anni.
Invece decise di combattere, perché credeva in se stesso e quell’ultimo grande film muto, prodotto da Charlie Spencer Chaplin, avrebbe concluso l’era con una eredità straordinaria ed indimenticabile.
Vendette il suo portafoglio di azioni, autofinanziando il suo nuovo film , Luci della Città.
Gli esperti di Hollywood lo sollecitarono ad abbandonare l’idea, dissero che il film non avrebbe mai funzionato, che sarebbe stato un flop e un disastro commerciale.
In meno di due anni, dall’inizio della produzione, Chaplin aveva speso due milioni di dollari. Nella creazione dei suoi lavori migliori, non aveva mai investito così tanto. Chaplin, che era l’attore, regista e produttore del film, cadde in depressione e preda all’ansia e al nervosismo. Stava perdendo il controllo.

Il film consisteva in una serie di scene separate messe insieme. Le riprese furono annullate e gli attori trascorsero ore e giorni, nell’attesa che Chaplin si presentasse al lavoro. Appena giunsero delle voci agli organi di stampa di Hollywood, emersero altre storie sulla sua imminente caduta.

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All’improvviso, Chaplin risorse dalle ceneri della depressione, dei pettegolezzi, dei guai e dell’angoscia. Si concentrò sul compito da svolgere: finire il film e trasformarlo in un capolavoro, nonostante gli enormi problemi che doveva affrontare. Nel mezzo di quella gragnuola di colpi, ad un certo punto diventò risoluto. “Niente potrebbe impedirmi di farlo”, disse Chaplin .

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Luci della Città racconta la storia del Vagabondo, ideato da Chaplin, e di come s’innamora di una fioraia cieca, la cui famiglia è in rovina finanziaria e sul punto di perdere la casa. Il vagabondo, avendo stretto amicizia con un ricco ubriacone, il quale lo dimentica ogni volta che è sobrio, riesce ad ottenere abbastanza soldi per farli rimanere nel loro appartamento.

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Grazie ad un piccolo errore d’identità, lei pensa che il ricco sia proprio lui, inconsapevole dei guai che deve affrontare per ottenere i soldi, che si tratti di mendicare, di prendere i soldi in prestito o di spalare letteralmente letame di cavallo da terra. Fa di tutto per aiutarla e raddoppia i suoi sforzi, quando scopre una procedura costosa che darà al suo amore la vista. Si reca dal ricco ubriacone a chiedere i soldi e li ottiene. Ma a causa di una serie di circostanze sfortunate, viene scambiato per un ladro, sia dal riccone che dalla polizia.
Il vagabondo viene inseguito, ma prima di essere arrestato e sbattuto in carcere, riesce a consegnare alla fioraia i soldi per la sua operazione.
La scena finale del film è di gran lunga la più importante. L’ambientazione e la recitazione rasentano la perfezione. Il film riassume i sentimenti di generosità, compassione, gratitudine e, soprattutto speranza, che ne sono l’essenza.
La clip inizia quando Chaplin viene rilasciato dalla prigione. È depresso, distrutto e senza casa; ha perso tutto. Cammina molto lentamente, vaga per le strade senza meta e, inconsapevolmente, si ritrova vicino ad un negozio di fiori.
L’ex ragazza cieca gestisce il negozio con la nonna. Pensa di aver sentito sbattere la portiera di una limousine ed è così che si accorgeva della vicinanza del suo ‘ricco’ vagabondo. Lo sente ovunque, nella disperata ricerca di un nuovo collegamento con l’uomo che le ha cambiato la vita. Prima era solo una mendicante che vendeva fiori per strada. Avendo ottenuto la vista, è stata in grado di aprire il negozio, accudire la nonna e badare a se stessa.

Il vagabondo passa davanti al negozio, nella grondaia trova un fiore scartato e lo raccoglie. È simile a quelli che comprava da lei. Il fiore caduto rappresenta la bellezza interiore, maltrattata e gettata via. Gli strilloni tormentano Chaplin, prendendolo in giro, in una scena straziante e piena di ingiustizia. Dal suo negozio, lei guarda il vagabondo assediato e ride di lui, quasi in modo beffardo. La fioraia non sa chi sia. Per lei è uno sfortunato indigente. Le si avvicina silenziosamente; la riconosce. Lei, con compassione, gli porge un fiore. Lo porta alle labbra. Lei prende una moneta, avvolgendola con la mano.

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Gli tiene la mano e, all’improvviso, i suoi si illuminano. Il mondo si ferma. La Ragazza dei Fiori sente qualcosa di familiare in quel tocco. Lui la guarda e le chiede: “Adesso puoi vedere?” Lei rimane scioccata, presa alla sprovvista, si porta la sua mano al petto adorandola. Il film finisce, lasciandoci con la sensazione che vissero felici e contenti. La storia parla di visione, cura, amore e volontà di non arrendersi mai.

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Il film ebbe un enorme successo. Ci vollero quasi tre anni per produrlo e quando debuttò, nel 1931, divenne enormemente popolare. “Forse la conferma più sicura che ‘Le Luci della Città’ fosse un capolavoro, arrivò alla sua prima a Los Angeles, dove c’era tra il pubblico, l’amico di Chaplin, Albert Einstein, il più grande pensatore e umanista del mondo.”

“Durante la scena finale, ho notato che Einstein si asciugava gli occhi”, riferì Chaplin.

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Luci della città. Dal nuovo libro di Emilio Iodice che sarà pubblicato nella primavera del 2021:
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