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Tutta colpa di Bambi

La Redazione

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Se si “spoglia” il caso dei daini di San Felice Circeo da argomentazioni demagogiche e/o speculazioni politiche, ecco che magicamente la questione appare più lineare di quanto si possa pensare dopo mesi e mesi di veleni e polemiche.

La conservazione di habitat naturali di particolare pregio (ed i parchi nascono per assolvere a tale impegno) si basa essenzialmente su pochi postulati, anzi, probabilmente su uno solo: l’equilibrio ambientale nel rispetto della biodiversità.

Problematica che a sua volta nasce dai guasti che l’uomo impone al nostro mondo, visto che la natura da sé sarebbe in grado di autoregolarsi con molta minor fatica, e senza bisogno di leggi e regolamenti.

Rispetto della biodiversità significa che tutte le specie esistenti, che compongono un determinato habitat, sono preziose e concorrono alla salute del sito, a patto ovviamente che ne sia rispettato il sottile e delicato equilibrio.

E qua entra in campo l’uomo, che come sappiamo ne combina di cotte e di crude. Nel caso dei daini, sappiamo che è una specie non autoctona, importata nel 1953 nell’ambito di un programma di allevamento in qualità di selvaggina (insomma più o meno con quanto avvenuto a Zannone con i mufloni), con la particolarità che il piano doveva essere temporaneo. Infatti i daini erano rinchiusi in recinti in attesa di altre destinazioni. Ma, come si sa, in Italia provvisorio e definitivo sono concetti aleatori: di fatto i daini sono stati lasciati al loro destino, che tradotto in pratica ha comportato – ovviamente – l’abbattimento dei recinti con una distribuzione e proliferazione incontrollate.

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Siamo insomma ad un chiaro caso di invasione aliena con i conseguenti danni a quella biodiversità che oggi è riconosciuta come essenziale alla vita stessa sulla Terra.
“L’invasione aliena” dei daini sta portando alla distruzione di una foresta considerata di particolare interesse, rappresentando un ecosistema unico, composto da specie vegetali appartenenti a realtà climatiche diverse, continentali e mediterranee.

Non solo, ma la crescita incontrollata dei daini danneggia anche la sopravvivenza di specie endemiche, perciò non importate, come ad esempio le lepri, che sembra siano in preoccupante declino: [2]

https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/11/24/news/parco_nazionale_del_circeo_daini_a_rischio_abbattimento_sono_troppi_tolgono_il_pascolo_alle_lepri_-275640440/ [3]

Altre problematiche delle specie aliene sono di natura sanitaria, cioè come possibili portatori di patogeni; di natura economica per i danni che derivano dallo sconfinamento in aree agricole ed infine nell’ambito della sicurezza stradale:

https://www.radioluna.it/news/2021/01/migliare-53-e-54-daini-e-cinghiali-sabaudia-lancia-lallarme-attraversamento/ [4]

…fino ad arrivare al punto da fare giurisprudenza, con sentenze come questa, che nel novembre 2020 condannò gli enti pubblici (Regione, provincia e Atc) a risarcire un’automobilista coinvolto in un incidente con un daino:

https://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/cronaca/danneggi%C3%B2-l-auto-in-un-incidente-con-i-daini-enti-condannati-dovevate-ridurne-il-numero-1.5700617 [5]

Insomma, i daini vanno tolti dal Parco, su questo non ci piove.

I metodi possibili sono solo due:
– attraverso l’adozione “ornamentale”, orrenda definizione dettata dalle norme in vigore;
– attraverso l’abbattimento di una percentuale significativa della popolazione.

E qua nascono i problemi, perché nell’immaginario collettivo proprio non si riesce ad associare l’eradicazione di una specie, o la sua limitazione in termini di popolazione, se per specie si intendono animali come i daini.

Per dirla con le parole di Giampiero Sammuri, presidente della Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali:
“Io mi sono trovato e mi trovo a fare interventi di eradicazione o di controllo di specie aliene e/o invasive nelle isole dell’arcipelago toscano. Questo provoca, come nel caso dei daini del Circeo, reazioni di dissenso, condanna e anche improperi. Le reazioni riguardano tutte le specie oggetto di intervento, ma hanno una gradazione decrescente, forse dipendente dal maggiore appeal popolare  dell’animale, che potrei declinare così: muflone, fagiano, cinghiale, ratto, zecca. Significando che il muflone è la specie che scatena più reazioni, mentre invece sulla zecca non si pronuncia nessuno, anzi…”

Il nocciolo è proprio qua: vista con occhi disincantati, o meglio, nel superiore interesse della biodiversità, per la quale conta l’importanza di una specie nel contesto in cui vive e non la sua presunta “bellezza”, pare non vi siano altre strade che una combinazione delle due ipotesi.

E, si badi bene, non è una problematica specifica del parco del Circeo, dal momento che l’approccio è ovviamente valido per tutti i soggetti che si occupano di salvaguardia ambientale, come recitano, ad esempio, le linee guida della summenzionata Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali, che prevede il ricorrere al controllo della densità di popolazione, allo scopo di diminuirla, mediante catture e/o abbattimenti.

Del resto, sarebbe stato alquanto improbabile che un ente come il Parco del Circeo, avesse adottato decisioni autonome non in sintonia con gli indirizzi dl settore…

http://www.parks.it/federparchi/documenti/controllo-ungulati.html [6]

Certo, sarebbe auspicabile una preponderanza delle “adozioni ornamentali”, ma considerando i paletti imposti dalla legge ed i costi di cattura e sterilizzazione da sostenere, sarà ben difficile che ciò possa accadere.
Un incentivo in tal senso potrebbero darlo le istituzioni locali, come proposto da comuni quali Terracina e Prossedi:

https://www.latinatoday.it/cronaca/terracina-adozione-daini-parco-circeo.html [7]

Ma considerando i costi necessari e la difficoltà di reperire spazi adeguati sarà difficile che dai proclami si passi ai fatti: ma forse questo a molti non interessa, essendo la questione-daini una questione fondamentalmente ad alto impatto mediatico, in un paese in cui ci si preoccupa più degli animali – sì, ma solo di alcuni, confondendo spesso il selvatico con il domestico- , che delle persone.
Perché l’impatto mediatico spesso conta di più, in quel paese animato da retorica spicciola che è diventato l’Italia.

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Appendice del 19 febbr. 2021 [Tabella allegata al Commento di Piero Vigorelli (Cfr.) inviato in redazione il 18 febbr. h. 18,37]

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Dati sugli incidenti stradali (2008-2015) – Cliccare per ingrandire