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Cronache al tempo del Covid. (29). Per non dargliela vinta…

Segnalato dalla Redazione

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Scorrendo le puntate di questa serie e chiedendoci del come e perché siamo arrivati al n° 29 del presente articolo viene fuori un bel quadro di come le persone hanno reagito al virus – alle diverse latitudini e con modalità differenti. Questo scritto è stato scelto non tanto per la storia della lattina di Coca Cola (il vaso di Pandora si è aggiornato ai tempi), ma per le ultime frasi…

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Per non darla vinta al virus

di Riccardo Luna –
da la Repubblica del 17 febbr. 2021

Dicono che tutto il coronavirus del mondo – quello per cui ogni giorno 500 mila persone sono dichiarate positive ma visti gli asintomatici e tutto il resto un istituto di statistica ha stabilito che i nuovi casi giornalieri reali sono tre milioni – Insomma dicono che tutto il coronavirus del mondo potrebbe stare dentro una lattina di Coca Cola. Il calcolo, fatto da un matematico per un programma radiofonico della BBC, è una assunzione ma non è campato in aria: tiene conto di tanti fattori, come la carica virale e anche di come i virus stanno uno accanto all’altro, dello spazio perduto insomma, come quando al mercato fanno una piramide di arance e tra un’arancia e l’altra c’è dello spazio vuoto.

Per gli addetti ai lavori il risultato sarà scontato, ma ammetto che il calcolo mi ha colpito: tutto il virus che da un anno tiene fermo il mondo può stare, comodo, in una lattina da 33 centilitri. L’infinitamente piccolo che mette in scacco l’infinitamente grande. Vuol dire che siamo vulnerabili? Vuol dire che siamo più vulnerabili di quanto avessimo mai pensato. E oltre a resistere, chiuderci in casa, ridurre al minimo la vita sociale, mettere la mascherina come d’inverno mettiamo un cappotto, fare i salti mortali per non perdere il lavoro o chiudere l’azienda, e salvare quel che si può della scuola e dell’istruzione, stiamo facendo qualcosa per aumentare la nostra capacità di resilienza? Come paese intendo. Non è chiedere troppo, è sperare il giusto. Prendete il virus: dicono che covid-19 si stia adattando a noi, è per questo che ci stanno le varianti; muta per eludere le nostre difese, per colpirci meglio. Il virus si adatta a noi quindi, e noi ci adattiamo al virus? Non parlo di adattarsi rinunciando alla vita di prima, parlo di rafforzare le nostre difese: investire nella medicina di base e nella telemedicina; nella scuola e ma anche nella didattica a distanza; nelle competenze digitali delle persone e in quelle degli imprenditori per far sì che un po’ della nostra vita attuale non diventi normale, se davvero con questi altri virus dovremo fare i conti, ma più vivibile. Meno pesante.

Qualche anno fa venni invitato in Estonia dal loro governo per vedere come funziona il paese più digitale del mondo. Ricordo che gli chiesi: come avete fatto? Mi dissero: siamo pochi, il digitale è l’unica soluzione per erogare servizi a tutti. E poi avevamo paura: dei russi. Volevamo creare una infrastruttura pubblica in grado di funzionare anche in caso di attacco. Abbiamo aumentato la nostra resilienza.

Di questo abbiamo bisogno ora: di proteggerci e di curare il pianeta che abitiamo. Non darla vinta al virus non vuol dire solo fare presto i vaccini e sperare di tornare alla vita di prima: vuol dire investire finalmente sulle cose che contano.