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Progetto Futuro (2)

di Francesco De Luca

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Questa è una serie con puntate successive: la prima [2] è stata pubblicata lo scorso 25 gennaio

Politica? Quale?
John Kenneth Galbraith sosteneva che la politica consiste nello scegliere “fra il disastroso e lo sgradevole”. Un pensiero alquanto originale, e mirato a sostenere una tesi preconcetta. Perché la funzione politica ha così tanti risvolti che occorre scegliere una posizione dottrinale se la si vuole utilizzare in modo proficuo. Basti pensare che il significato della parola “politica” si è talmente gonfiato di accezioni che nel discorso comune fare politica significa anche imbrogliare, o anche rimestare nel contenitore linguistico senza affermare nulla di concreto.
Mentre, al contrario, la concretezza è la pasta in cui mette le mani il far politica, giacché essa dispone del governo.

Governo, ossia che dirige l’andamento della vita sociale. E, pertanto, indirizza, sostiene, tutela e potenzia le esistenze dei cittadini nel loro organizzarsi. Il compito è serio, grave, impegnativo, responsabile. Perché si tratta di prendere decisioni per l’intera comunità. Proteggerla da fenomeni sociali ed economici che potrebbero danneggiarla; vederne gli sviluppi futuri così da tutelare le generazioni; salvaguardare il cammino storico percorso dalla comunità sociale.
Insomma, senza che mi dilunghi troppo, fare politica abbisogna di preparazione e di onestà. Questo per rimanere sul superficiale, perché, ove si volesse sondare la totalità e la profondità delle qualità di un buon politico, ci sarebbe da arrovellarsi l’animo e la mente, tanto è denso di risvolti il compito del politico.

Eppure si è talmente compromesso il quadro concettuale socio-politico di cui sto parlando e in cui siamo coinvolti tutti e che ci avvolge a livello individuale, familiare, sociale, occupazionale, religioso, economico e di svago, che affrontiamo gli impegni politici (specie quelli di scelta elettorale) con sufficienza, distrazione, indifferenza, noia. Dico… affrontiamo, al plurale… perché mi sto rivolgendo ai miei concittadini ponzesi, non avendo forza per un discorso a livello nazionale.
Noi ponzesi, dico, affrontiamo la politica come un gioco. In cui riusciamo a eleggere, seriamente… con convinzione, i nullafacenti, i buontemponi, gli incapaci, i profittatori. Ripassi, ciascuno, i tipi che ho proposto… nullafacenti, buontemponi, incapaci, profittatori… e ci sfileranno davanti tanti volti… tutti passati sul Municipio… con disinvoltura, con arroganza, cattiveria, con avidità.

Posso sbagliare… e mi scuso se ho risvegliato un certo disappunto, nascente dall’orgoglio, ma confido di più sul sopito senso di colpa per ridestare il nostro senso di responsabilità. Verso i sacrifici dei nostri padri.
Noi – generazioni del dopoguerra -, siamo cresciuti nutriti dalla speranza dei nostri genitori che i figli sarebbero vissuti in un mondo migliore. Si sono sacrificati per dare a noi un futuro senza guerra, senza fame, con studio e benessere economico. Hanno lavorato per questo e lo hanno raggiunto. E noi? Noi che sappiamo la fragilità del pianeta, che abbiamo appurato l’interdipendenza fra natura e uomo, che conosciamo il danno del primato economico sulla sensibilità ecologica, noi… abbiamo il dovere morale di mettere la sostenibilità in cima alle aspirazioni.
Buttata così… sostenibilità… può apparire come uno slogan infruttuoso e di propaganda. E invece potrebbe rappresentare un concetto sul quale fondare un impegno. A Ponza, credo che potrebbe dar corpo ad una volontà politica.