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I pirati turchi Dragùt e Barbarossa e le navi della Mezzaluna

di Fabio Lambertucci

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Delle scorrerie nel Mediterraneo e sull’isola di Ponza dei pirati (poi corsari) turchi ottomani Dragùt (1485-1565) e Barbarossa (1475-1546) si è già ampiamente e brillantemente occupato sul sito Francesco “Franco” De Luca [leggi qui e qui e/o digita – Dragut – in “Cerca nel Sito]; per conoscerle tutte nel dettaglio consiglio anche la lettura delle relative voci sul sito “Corsari del Mediterraneo” – https://corsaridelmediterraneo.it/ – e segnalo che nel 2016 lo scrittore Simone Perotti (1965) ha dato alle stampe il romanzo storico Rais (Sperling&Kupfer; Frassinelli) dedicato proprio alla vita di Dragùt.

Per chi ama il fumetto d’autore ricordo che nella saga di Dago (1), il protagonista incrocerà più volte i corsari turchi nel corso delle sue avventure.


Tuttavia i pirati turchi non avrebbero potuto scorrazzare nel Mediterraneo se non avessero potuto contare sulla loro armata di mare, “nata dal nulla”. Come riuscirono i turchi, popolo di terra, in questa impresa, lo ha raccontato lo storico e giornalista Bruno Cianci (1970), specialista di vessillologia, nel suo saggio Le navi della Mezzaluna: la marina dell’Impero ottomano (1299-1923) (Odoya 2015). Riporto perciò una sintesi di un suo articolo apparso sulla rivista Focus Storia n° 127 (Mondadori) del maggio 2017:

Le navi della Mezzaluna. Nascita, espansione e declino di un’armata di mare nata dal nulla
“Popolo di terra originario delle steppe dell’Asia centrale, i turchi si stabilirono in Asia Minore intorno all’anno Mille. E, una volta raggiunte le sponde del Mediterraneo, si adattarono rapidamente alle esigenze marinare. Il primo grande ammiraglio turco fu il selgiuchide Caka Bey, il quale allestì una flotta e nel 1090 sconfisse i bizantini presso Chio. Una delle ultime tribù a migrare in Anatolia, mentre l’impero selgiuchide si stava già disgregando sotto i colpi di maglio delle invasioni mongole (XIII secolo), fu quella di Osman, capostipite della dinastia ottomana”.

Galea ottomana [Da Focus Storia (op. cit.)]

Nel 1327 fu fondato il primo cantiere navale ottomano sotto la direzione di Kara Mursel Bey, primo emiriil bahr (“comandante del mare”, da cui deriva la parola “ammiraglio”) della costituenda marina. A quel tempo gli Ottomani raggiunsero anche la sponda sud dei Dardanelli, varco per l’Europa.

Per oltre un secolo e mezzo, Gallipoli fu sede del principale arsenale ottomano. Sebbene si avvalesse di personale qualificato di origine greca, a quel tempo la marina era abbastanza rozza. Eppure, nel 1499, alcune cocche turche sconfissero i veneziani nella battaglia di Zonchio (Grecia), al largo di Morea: un chiaro segno che si stavano compiendo passi avanti.

La battaglia di Zonchio (1499). Di artista veneziano sconosciuto (British Museum)

Barbarossa e Dragut
Nella prima metà del secolo XVI il pirata Hayrettin Barbarossa, bey (signore) di Algeri, fece di Istanbul, conquistata nel 1453 da Mehmet II (1432-1481), il centro delle attività di costruzione navale. Barbarossa (chiamato Khai al-din, protettore della fede islamica) raccolse nel 1519 l’appello del sultano Solimano il Magnifico (1494-1566) a servire come kaptan-derya, l’equivalente di “grande ammiraglio” (nota: da pirata divenne corsaro cioè ottenne una “lettera di corsa” ovvero una “patente statale” che lo autorizzava all’attività piratesca). In pochi anni allestì una flotta di galee di qualità inferiore a quelle occidentali ma che grazie al numero e all’audacia degli equipaggi poteva tenere testa alle unità veneziane, spagnole, genovesi, pontificie e maltesi. 

Fu così che nel 1538, a Prevesa (Grecia), le galee di Barbarossa misero in fuga la flotta capitanata dall’ammiraglio genovese Andrea Doria (1466-1560).
I due ammiragli ebbero spesso modo di fronteggiarsi e si conobbero personalmente nel 1544, in occasione del riscatto del fido Turgut Reis (noto come Dragùt), catturato e fatto schiavo anni prima da Andrea Doria: un’operazione di cui la cristianità si sarebbe pentita. Raccolta l’eredità di Barbarossa nel 1546, infatti, Dragut mise a segno diversi colpi ai danni delle navi cristiane e di molte località costiere, seminando terrore e rapendo ragazze e ragazzi per destinarli al mercato degli schiavi. Morì nel 1565, durante l’assedio, fallito, di Malta.

Nota personale 
Nel giugno di due anni fa, in occasione dell’annuale escursione del gruppo trekking “Tiburzi” di Civitavecchia al Parco Regionale della Maremma ad Alberese (Grosseto), venni incaricato dalla nostra leggendaria guida Ivano Romiti di verificare storicamente la leggenda maremmana che racconta della nobile senese Margherita Marsili, figlia di Nanni, detta la “bella Rosellana” per i capelli fulvi, rapita dal Barbarossa nel 1543 in una delle torri costiere dei Monti dell’Uccellina e condotta al mercato degli schiavi di Istanbul, dove sarebbe stata comprata per l’harem di Solimano I. Sarebbe poi divenuta la sua prima favorita e poi incredibilmente sposata. Suo figlio sarebbe quindi divenuto l’erede al trono.
Ebbene, purtroppo, la leggenda consolatoria è sconfessata dai fatti storici: la Roxellana, sposa del sultano, infatti non era una toscana ma una ucraina di Crimea, rapita dai Tartari. Il suo vero nome era Aleksandra Anastazja Lisowska (1506-1558). Il sultano si innamorò perdutamente dei suoi capelli rossi e del suo sorriso (che le valse il soprannome di Hurrem, “colei che ride”). Così Roxellana, che non era la sua prima kaden (favorita), riuscì ad allontanare la rivale Gulberhar, madre dell’erede al trono Mustafà. Alla morte della Validè, in barba alle tradizioni imperiali si fece sposare dal sultano. Da allora prese parte attiva al governo e nel 1553 raggiunse il suo obiettivo: fece giustiziare Mustafà. Ma il destino le negò il titolo di Validè (o Sultan Validè: letteralmente “madre del sultano”), cui anelava: morì infatti nel 1558, prima che suo figlio Selim II l’Ubriacone (1524-1574) diventasse sultano nel 1566. Venne anche ritratta dal pittore Tiziano nel 1550.
La ragazza senese della leggenda maremmana, più prosaicamente, sarà finita in un harem di Tunisi.

“La Sultana Rossa” di Tiziano. Datato ca 1550. Olio su tela.
Nel John and Mable Ringling Museum, Sarasota, Florida (USA)
(2)

La sconfitta di Lepanto
Qualche anno dopo, la flotta ottomana fu distrutta a Lepanto (1571). La vittoria fu molto celebrata in Occidente ma non fu sfruttata a dovere e i turchi ricostruirono le navi in appena due anni. Tuttavia dopo quella sconfitta la marina perse slancio e non fu mai più la stessa, nonostante i vari tentativi di lancio e ammodernamento, di cui quelli dei sultani Selim III (1789-1807) e Abdulaziz (1861-1876) costituiscono gli esempi più importanti.
Lo scadimento della marina e il suo divario con le flotte delle altre potenze marittime si accrebbe con l’evolversi delle tecnologie delle costruzioni navali e degli armamenti. Gli ottomani, che pure abbandonarono le galee per le navi a vela dotate di cannoni dal XVII secolo, non furono capaci di fare proprie fino in fondo le innovazioni che la tecnica offriva.

Ultimi fuochi
Alla Russia il mar Baltico e il mar Nero andavano stretti. E fu proprio la marina fondata dallo zar Pietro il Grande (1682-1725) ad assestare i colpi più micidiali agli Ottomani. Nel 1770, nella rada di Cesme, la flotta fu arsa in un rogo che la distrusse quasi completamente. A Navarino nel 1827 e a Sinope nel 1853, fu vittima di eventi simili, dimostrando per l’ennesima volta la propria vulnerabilità di fronte a flotte più moderne ed efficienti

Note

(1) – Dago è un personaggio immaginario protagonista di un’omonima serie a fumetti ideata da Robin Wood e Alberto Salinas, pubblicata in Argentina dal 1980 sulla rivista Nippur Magnum, edita dall’Editorial Columba. Dago è un nobile veneziano di nome Cesare Renzi, figlio primogenito ed erede della nobile casata dei Renzi, dignitari della Repubblica di Venezia”.

(2) – Hürrem Haseki Sultan è più semplicemente conosciuta come “Roxelana”. Nata nel 1506, è una concubina ucraina divenuta moglie di Solimano il Magnifico e come tale ha sollevato la curiosità dell’Europa occidentale. Nel 1561, tre anni dopo la sua morte, l’autore francese Gabriel Bounin scrive una tragedia intitolata “La Soltane” con la quale gli Ottomani per la prima volta compaiono su un palcoscenico in Francia. Hürrem ha ispirato dipinti e opere musicali – come per esempio la Sinfonia n° 63 di Joseph Haydn – balletti, opere teatrali e diversi romanzi scritti principalmente russi e ucraini, ma anche inglesi, francesi, tedeschi e polacchi.
Haseki (Favorita).
Sembra che l’abbia dipinta anche Tiziano. Il pittore veneziano non si è mai recato a Costantinopoli ma ha immaginato l’aspetto della donna facendone uno schizzo e in una lettera a Filippo II di Spagna nel 1552 gli preannuncia di avergli inviato una copia della sua opera “Regina di Persia” che dovrebbe essere un ritratto di Roxelana. Inoltre è citata in alcune opere teatrali di Lope de Vega e in lavori di Quevedo mentre nel 2007 è stata inaugurata una moschea in suo onore a Mariupol, città portuale dell’Ucraina.

 

 

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