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Scuola (3). DID, DAD, DDE o del nostro “digitale” quotidiano. Il recente annuncio di diverse regioni che le scuole superiori, al contrario di quello che era stato deciso a livello nazionale, resteranno chiuse fino al 31 gennaio 2021 ha definitivamente chiarito che tutta la prima parte di questo anno scolastico sarà omogeneamente affidata, per cause di forza maggiore, alla formazione a distanza e alla valutazione in remoto. Ma questo significa anche che avremo a disposizione, pur nella varietà delle situazioni e delle combinazioni, una mole impressionante di dati e risultati, non solo in termini di resoconto valutativo assoluto ma soprattutto relativo a dinamiche e metodologie; in una parola ai problemi che l’istruzione ‘a presenza fortemente limitata’ pone al sistema scolastico e agli stessi studenti. Il Ministero ha suggerito ormai da alcuni mesi un nuovo acronimo, la DiD, Didattica Integrata Digitale, come linea guida orientativa delle soluzioni per fare fronte all’emergenza. La risposta alla prima domanda è abbastanza semplice: ci si è trovati nella necessità di legittimare la valenza legale dell’anno scolastico anche a fronte di un insegnamento svolto con l’ausilio dei mezzi di comunicazione digitale mentre in secondo luogo si voleva attestare la possibilità di svolgere le lezioni anche con una presenza fisica non continuativa, alternata a metodologie sviluppate ‘in remoto’ : cosa che oggi è tecnicamente possibile fare proprio per via digitale. Non più un escamotage sperimentale, come nei numerosi progetti che in questi anni sono stati lanciati in questo senso [Piano di Sviluppo per le Tecnologia Didattiche – PSTD] (1), ma una concreta e realizzabile alternativa per l’apprendimento anche a distanza. È capitato al ‘digitale’ che da aggettivo qualificativo, contrapposto ad analogico (4) è stato reso sostantivo – “il digitale“ – come sinonimo di ‘tecnologia digitale’, diventando presto omnicomprensiva categoria della realtà moderna. Siamo ormai assuefatti all’abuso di acronimi, a volte li consideriamo con senso di liberazione sintesi taumaturgiche delle questioni. Malati di esterofilia abbiamo un vero debole per quelli in lingua straniera ed extra-comunitaria secondo la nota propensione a considerare più seria e credibile un’espressione se pronunciata in termini esotici. Tanto più se acronimo. Con l’uso insistito di acronimi brillanti (ma senza una analisi franca della situazione) si finisce però proprio per sottolineare quello che già sappiamo oltre ai noti problemi di spostamento e sicurezza sanitaria: non ci sono né tempo né competenze diffuse per sviluppare modelli didattici adatti ai nuovi scenari. Ciò che appare paradossale della situazione (e che non lo è affatto, se si considera la storia del digitale in Italia) è che siamo già da anni in presenza (sic! …ironia del linguaggio!) di chiari interventi normativi (6) che hanno liberato il campo a trasformazioni radicali dello scenario formativo. Nonostante gli sforzi sinceri ed il faticoso lavoro di programmazione di tanti insegnanti per fare fronte alla situazione attuale, quello che emerge con chiarezza è comunque una forte rigidità sovra-strutturale della scuola rispetto alla possibilità stessa di elaborare protocolli di lavoro diversi rispetto agli standard noti (9). A questo proposito, Benedetto Vertecchi (10), decano dei pedagogisti italiani, afferma in un suo recente lavoro che il problema principale sembra essere la mancanza di un orizzonte teorico chiaro cui fare riferimento per sviluppare forme di sperimentazione didattica e linee guida per il suo futuro. Bisogna riconoscere anche che incombenze burocratiche, obblighi legali e scadenze valutative esercitano sui docenti una pressione tale che spesso viene a mancare non solo la forza ma anche la stessa motivazione professionale a tentare una interpretazione dell’emergenza come opportunità di studio, ricerca, azione didattica modulata sui nuovi bisogni dell’attualità. Di qui la presenza ancora insufficiente in Italia di centri di reale osservazione didattico-formativa (11). Didattica e digitale, metodologia e tecnologia, ambienti di apprendimento e ambienti di addestramento sono quindi termini della questione scolastica attuale: e tali si riproporranno anche nel prossimo futuro, ammesso che l’emergenza sanitaria non proroghi ancora a lungo l’esperienza della DDE, la didattica digitale d’emergenza (12). Grafico tratto dal lavoro di cui alla voce bibl. (9)– Cliccare per ingrandire
Note (1) – Piano di Sviluppo per le Tecnologia Didattiche – PSTD, Progetto FORTIC, Classe 2.0, Scuola 2.0, Piano Nazionale Scuola digitale… e altri (2) – Fondazione Agnelli, ad esempio: https://www.fondazioneagnelli.it/temi/politiche-scolastiche/ (3) – Marco Gui, Il digitale e la scuola,2020 offre un autorevole ed interessante prospetto della questione (4) – https://www.treccani.it/vocabolario/didattica-digitale-integrata_%28Neologismi%29/ (5) – Giusto a titolo di esempio: da cinque anni la Finlandia ha abbandonato l’insegnamento della scrittura manuale a favore di quella al computer (6) – Un esempio di numerosi documenti disponibili in proposito si trova in: https://banner.orizzontescuola.it/curricolo_verticale_ppt1.pdf (7) – Piano Triennale dell’Offerta Formativa. Facile ironia ma ingenerosa sarebbe l’accostamento ai famosi ‘Piani quinquennali’ di programmazione economica in Unione Sovietica, dunque non me la concedo… (10) – https://www.academia.edu/42283785/Tre_modi_per_imparare_e_insegnare_a_distanza (11) – Fra diversi centri di grande rilievo nella ricerca e azione ad esempio l’IPRASE del Trentino: https://www.iprase.tn.it/ (12) – Con una espressione più radicale si potrebbe anche affermare che si tratta in definitiva di una questione di ‘tecnologia didattica’ intesa come competenza didattica generale senza altre distinzioni se non quelle interne alla specializzazione dei professionisti dell’istruzione, quindi di didattica disciplinare.
Nota della Redazione Una sintetica scheda curriculare dell’Autore è in calce al primo dei due articoli citati Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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