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Chistu “Natale” fète ’e scarrafonedi Tano Pirrone . Dopo lungo elaborato battage, il 22 dicembre è giunto su Rai 1 “Natale in casa Cupiello”, trasposizione filmica dell’intramontabile opera teatrale di Eduardo De Filippo, in commemorazione dei 120 anni della nascita del grande drammaturgo. Responsabile della regia Edoardo De Angelis.
Set del film “Natale in casa Cupiello” di Edoardo De Angelis. Foto di Gianni Fiorito Devo confessare che per principio non sono contrario alla rivisitazioni in genere delle opere del passato, e quindi anche dell’opera tragicomica di Eduardo: il teatro non è materia inerte ferma nel tempo, ma creta docile nelle mani di interpreti capaci. La Rai, dopo gli spifferi di tramontana che entravano da tutti i pertugi del film, ha riparato prontissimamente riproponendo su Rai 5, proprio l’altro ieri 26, Santo Stefano, Natale in casa Cupiello, con Eduardo De Filippo. A voler essere rigorosi e distaccati, l’opera forse più famosa di Eduardo risente della costruzione avvenuta in tre periodi diversi: la parte originaria, infatti, è il blocco del secondo atto, che si svolge interamente nella sala da pranzo dell’abitazione dei Cupiello, elaborata nel 1931. Ad esso si aggiunge, nel 1932 o 1933, la struttura del primo atto (la sveglia); il terzo (la benedizione e la fine) viene aggregato in data non certa (forse nel 1934 o forse, più verosimilmente, nel 1943). Eduardo a questo proposito affermava che si era trattato di «parto trigemino con una gravidanza durata quattro anni». In conclusione: a mio vedere, l’umanità si divide in due macro categorie: quelli che “appartengono” alla napoletanità – e quindi conoscono in qualche modo Eduardo e il suo Teatro, come archetipo della napoletanità medesima – e quelli che non lo conoscono, ovvero, innati difetti impediscono loro dal poter comprendere uno dei pilastri stessi su cui la napoletanità si fonda: in un grande misterioso processo alchemico, il teatro di Edoardo fissa e codifica la napoletanità e ne diventa per questo il paradigma assoluto. Messi, senza recriminazione alcuna, al bando i secondi, è necessario fare un’ulteriore accurata cernita dei primi: separare i napoletani dai non napoletani. Triste conclusione: forte del successo di ascolti del film con Castellitto, il regista De Angelis sta già lavorando su altre due commedie di Eduardo. Non ti pago (data per certa) e Questi Fantasmi o Mia famiglia. Gli indizi portano a una riconferma del cast tv di Natale in casa Cupiello: manca solo l’ufficializzazione. Ma c’è anche di peggio: si parla della cessione allo stesso produttore di altre ventiquattro opere per i loro remake, termine cui sono intollerante tanto nella forma che nella sostanza.
Appendice del 31 dicembre 2020 (Cfr. in Commenti) La “fissità teatrale” nella critica mancusiana. di Tano Pirrone Abbiamo letto, come di solito la lenzuolata settimanale che Mariarosa Mancuso gestisce con piglio sul quotidiano Il Foglio. Non sempre ci troviamo sufficientemente d’accordo con la titolare di Nuovo Cinema Mancuso. Questo per noi è stimolo di ricerca e di scoperta di altre angolazioni dalle quali guardare ad un film, ai suoi significati, alle sue qualità espressive. Nel foglione una succinta critica al film di Edoardo De Angelis, passato su Rai 1 lo scorso 22 dicembre e su cui abbiamo appena scritto (Chistu “Natale” fète ’e scarrafone), poco soddisfatti del risultato finale complessivo del remake natalizio in era pandemica del capolavoro eduardiano. Che dice Mancuso? Che De Angelis è bravo a frenare Castellitto propenso alla gigioneria (sua indiscussa inclinazione): siamo d’accordo, ma credo che Castellitto (vedi intervista rilasciata a Silvia Fumarola e pubblicata su Repubblica il 15 dicembre) sia andato avanti con i giuochi facendo implodere il personaggio, che per quanto trascinato in epoca postbellica, venti anni dopo, è decisamente fuori asse, tanto fisicamente che ideologicamente, che umanamente. De Angelis ci ha provato, ma i risultati si son visti poco. E si giudica in base ai risultati e non alle belle intenzioni. Che dice Mancuso? Che il regista De Angelis «…ha evitato la fissità teatrale». Questo a me pare un luogo comune a cui si spesso si ricorre quando non si hanno altri argomenti. Cos’è la “fissità teatrale”? Cos’è che la fa aborrire? Inviterei Mancuso a rivedere il dvd con la registrazione della commedia fatta nel 1976 per la Rai, che la mandò in onda l’anno successivo: opera di straordinaria fattura in cui conversero il genio di Eduardo, le straordinarie capacità degli attori, le professionalità di altissimo livello dei tecnici Rai. Dov’è la “fissità teatrale”? Nel volto ormai notissimo di Marzio Honorato, per dirne uno, c’è “fissità”? O vi scorrono i veli antichi delle maschere teatrali: imbarazzo, sopportazione, contrarietà, passione, ribrezzo, odio? E la Sastri al suo debutto (a parte la presenza nel Masaniello di De Simone, Porta e Pugliese, tre anni prima) è appesantita, offuscata da “fissità teatrale”? O la regia (di Eduardo) sa cogliere perfettamente tutti i contrastanti impetuosi stati d’animo che la sconvolgono: l’amore per Vittorio, l’ostilità per un matrimonio combinato con un commerciante arricchito, che la tiene (anche) per “figura”, ben intonata alla nuova casa, tutti strumenti promozionali per l’avanzamento sociale? Che dice Mancuso? Che l’«…attore, bravissimo, è Adriano Pantaleo: riesce a dire “Nun me piace ‘o presepe” come se non fosse già da decenni una citazione. Merito da spartirsi col regista…»: e dice il vero: l’unica vera gradevole apprezzabile interpretazione è proprio quella di Pantaleo, anche se non ci è piaciuta quella smaccata vena sanguigna, cattiva, che il suo personaggio (Nennillo) non ha. Lo dice pure Lucariello ad un certo punto, che il figlio è un po’ babbasone. E se lo dice Lucariello… Che dice Mancuso? Che un’operazione analoga (così ben riuscita) l’aveva fatta nel 2019 Mario Martone con Il sindaco del rione Sanità. Un’operazione lodevole, a mio avviso, che attualizza la piéce, ne amplia la platea e le offre un convincente respiro cinematografico. Aspettiamo fiduciosi che De Angelis ci appassioni in modo simile.
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Caro Tano, non ho visto Castellitto. Ho raccolto sulla sua “fatica” opinioni diverse. Rimango colpito dalla tua recensione su ponzaracconta.it e dall’approccio alla napoletanità di Eduardo. In una parola: hai scritto una bella pagina. Bravo…
Ricordo anche io la stupenda edizione del ’77 in TV. La vidi in compagnia di mio padre, lui sì vero napoletano colto. Se non ricordo male, in TV la proiezione avvenne il 26 dicembre: uno degli ultimi S. Stefano passati insieme a mio padre. Poco tempo dopo un brutto tumore se lo portò via.
Solo una volta ho avuto l’onore di parlare e stringere la mano al Grande: trenta secondi nel camerino del Quirino, nell’intervallo di Sik Sik artefice magico. Edoardo molto vecchio, ingobbito, una voce metallica e lentissima. Le sue mani erano quasi trasparenti. Grande Eduardo e bravo Tano.
Ciao e grazie.
Caro Tano
Credo di appartenere alla tua stessa categoria per i tuoi stessi motivi, ma anche perché per tutti i 60 anni della mia vita nel secolo scorso ho sempre avuto napoletani intorno a me (e intendendo per Napoletani tutti quelli provenienti dal golfo, da Capo Miseno a Punta Campanella).
Il mio più grande amico d’infanzia era figlio di un fantino napoletano che veniva a correre all’ippodromo di Villa Glori (prima che arrivasse il Villaggio Olimpico); dal ginnasio al Liceo ho avuto come compagno di banco il figlio di un maresciallo dell’esercito venuto da Castellammare di Stabia; quando ho fatto il militare, l’amico più caro che ho avuto veniva da Anacapri; quando ho cominciato a lavorare ho trovato una napoletana autentica (magnifica casa sul lungomare) che ha voluto diventare mia amica-sorella perché detestava i suoi fratelli veri rimasti a Napoli. Ho avuto anche un collega che veniva da Torre del Greco e che si faceva tagliare i capelli dal barbiere che veniva appositamente a casa sua… Potrei scriverci sopra una decina di pagine sui miei rapporti con Napoli, la città dove mio padre mi portò per il mio primo viaggio in treno alla fine degli anni ’40…, per non parlare della scalata del Vesuvio, della scoperta di Ercolano, delle terme ad Ischia e dell’unico viaggio fatto in barca a vela da Procida ad Anzio….
E faccio fatica a credere che si possa ripetere il teatro di Eduardo senza di lui!
Ti ricordi della sua ultima apparizione cinematografica, come padre di Sordi, in Tutti a casa?!
Naz
Una delle rubriche di critica cinematografica che seguo, “Nuovo Cinema Mancuso”, di Mariarosa Mancuso, su Il Foglio dello scorso 28 dicembre, riporta una breve recensione di totale plauso al film di De Angelis “Natale a casa Cupiello”, tanto da concludere: “…non gli si trova un difetto”.
Poiché io non l’ho altrettanto apprezzato, motivo il mio giudizio, riprendendo quanto lei scrive.
La mia opinione – riportata a cura della Redazione – nell’articolo di base