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Il Vassoio di Ventotene

di Silverio Lamonica

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Ventotene è piccola, ma ricca di sorprese; “un pozzo senza fondo” oserei definirla e, navigando in internet, dopo “I Lingotti Plumbei” del 26 maggio scorso https://www.ponzaracconta.it/2020/05/26/i-lingotti-plumblei-di-ventotene/ [1] mi sono imbattuto in quest’altra “chicca”: Il Vassoio di Ventotene.

Ebbene no. Non si tratta di un reperto dell’antica Roma, “ripescato” nei ricchi e spettacolari fondali di quella meravigliosa isola, ma di un’opera ben più recente, risalente ad 80 anni fa. E’ un vassoio in legno, decorato a mano da Ernesto Rossi nel 1940 durante il periodo del confino politico a Ventotene. Lo realizzò quale dono di nozze, per il nipote Maurizio Ferreri.
All’epoca, Ernesto Rossi era un abile e vivace vignettista e volle illustrare, con questa vera e propria opera d’arte, la vita che conducevano i confinati politici nelle piccole isole, con un notevole senso di humor.

Il vassoio è diviso in una scena centrale, con la rappresentazione simbolica del mare e del vento, e quattro riquadri laterali, con scene di vita quotidiana ambientate a Ventotene e contenenti numerosi ritratti. Nei riquadri minori si vedono la via degli Ulivi con la campagna verso punta Eolo, mentre a sinistra una veduta con anziani e bambini lungo via Roma. Le scene principali sono dedicate alla Passeggiata e al Brindisi.

I due “settori maggiori”: [2]

La Passeggiata, ambientata in piazza Castello, mostra i confinati che ammazzano il tempo, ammirando una “biondona” che passa, finita forzatamente sull’isola per qualche guaio imprecisato con le autorità. Da sinistra si vedono due testimoni di Jeovah, Dino Roberto, Sandro Pertini, Menghestù (studente d’ingegneria abissino), la “biondona”, Giuseppe Pianezza, Umberto Terracini su una sdraio, Paolo Schicchi, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni e Mauro Scoccimarro con la consorte Maria Bertoncini.

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Il Brindisi invece mostra i confinati alla mensa di “Giustizia e Libertà, che festeggiano l’ennesima scadenza del periodo di confino di Nino Woditzka, che però veniva poi puntualmente rinnovato prima della vera e propria scarcerazione. Vi si vedono, da sinistra, il capomensa Nello Traquandi, Angelo Bonizzoli e vari anarchici e cuochi della mensa, seguiti da Francesco Fancello, Ernesto Rossi, Nino Woditzka, Riccardo Bauer, Marco Maovaz (fucilato poi dai nazifascisti a Trieste), Vincenzo Calace, due albanesi non meglio identificati, Giovanni Gervasoni, Giobatta Domaschi (poi morto nel campo di concentramento di Mauthausen), e lo stipettaio Gigino.

Le scene sono pervase da una certa ironia e un vitale ottimismo, che documenta come gli intellettuali confinanti reagivano alla dura segregazione imposta dal regime.

In seguito, il vassoio venne regalato a Nello Traquandi. Dopo la sua morte, la vedova lo donò all’Istituto Storico Toscano della Resistenza, Via Carducci 5/27 – Firenze, dove tuttora si può ammirare.

Fonte: https://www.wikizero.com/it/Vassoio_di_Ventotene [4]

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