Ambiente e Natura

Effetti isolamento sociale

di Francesco De Luca

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Ho sentito qualcosa… un rumore, ed esco sul cortile. E’ il suono di un raglio… proveniente dai colli di Giancos o Santamaria. Meno male… Ho lasciato il carcere dello schermo dell’iPad, insieme a quello della Tv e a quello del Pc. Che ossessione… Covid, morti, infettati, zone rosse, Trump, maltempo..!

Qui fuori il levante imbianca le coste ed evidenzia la Ravia, mentre a Frontone una colonna di fumo si alza, e il raglio dell’asino si affievolisce.

Contro l’affanno della gente che patisce la pandemìa, il rigoglìo della vita varia e pulsante.

‘A vita è n’ affacciata ‘i fenesta!
Perché? Perché è ridotto il tempo del godimento? E’ un flash sul mondo? Soltanto un rapido flash? Eppure c’è un’infinità di immagini da immagazzinare… un’indigestione di forme, colori, paesaggi… e… impressioni, sensazioni, evocazioni, emozioni, pensieri. Una folla di volti, una rissa di richiami… troppo grande il carico da assorbire… troppo inadeguata la mente per accoglierlo. Inconsistente la possibilità di incidere in quel debordante corpo di cose, gente, connessioni.
E’ una visione, e come tale, fugge, si muove, si trasforma, svanisce.

La nostra fortuna, di ognuno di noi, è quella di poter godere di una finestra, di un varco spazio-temporale, e da lì gettare la vista sul fantasmagorico evolversi degli eventi. La vita.

Con quali occhi assistiamo a questo ponderoso, esorbitante sviluppo della realtà? Con gli occhi della mente. In parte retaggio dei nostri genitori, in parte dell’ambiente in cui ci siamo formati, in parte frutto del nostro individuale impegno.

Occhi verdi, celesti, occhi inclini a godere privilegi o a disprezzarli, occhi aperti ai venti che muovono le nubi e ne traggono forme esaltanti o deformi sembianze.

La finestra della vita è aperta… non per sempre. La fugacità della visione rende fallace ogni ambizione di poterne padroneggiare gli esiti. Ma l’esperienza ha la sua importanza. Con oneri e brillori. Più si esalta il suo fulgore più diviene leggero il carico. Rimane l’appagamento d’ aver assistito ad un portento. Di aver avuto l’illusione di aver contribuito al suo dispiegamento. Illusione è tale se si è creduto di essere stato più fautore che spettatore. Mi spiego: il peso evanescente della partecipazione di ognuno è proporzionale all’illusione. Più ci si convince della provvisorietà impercettibile della propria carica, più si assottiglia l’illusione. E ci si accontenta del momento, e lo si esalta per la fortuita gratuità di cui si gode.

‘A vita è n’ affacciata ‘i fenesta.
Niente resta …
ma è bello comme na festa.

 

NdR: Le foto utilizzate sono di Silveria Aroma

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