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Una pianta miracolosa (2). L’olivo. Olea prima arborum, ossia l’olivo è la prima tra le piante. Così Lucio Giunio Moderato, meglio noto come Columella, nella sua opera più conosciuta, il De re rustica, definisce l’olivo. Il mito greco vuole che l’olivo sia stato donato agli uomini da Atena quando, disputando, con suo zio Poseidone, la sovranità sull’Attica si affidarono al giudizio degli ateniesi rappresentati dal loro re Cercope, su chi dei due avesse fatto loro il dono più bello; Poseidone percuotendo la terra con il suo tridente fece sorgere un cavallo (Virgilio) o, secondo altri (Apollodoro) una fonte di acqua salata, Atena con la sua lancia, invece, fece sorgere un olivo e gli Ateniesi scelsero l’olivo che, d’allora, fu sacro alla dea e fece anche concorrenza all’alloro nel cingere le teste dei vincitori e dei cittadini insigni. Si sa che i miti sono molteplici anche se il soggetto è lo stesso. Infatti secondo un’altra leggenda, sarebbe stato Eracle Dattilo ad importare l’oleastro a Olimpia, dove avrebbe istituito i sacri giuochi e dei quali sarebbe anche stato il primo vincitore! Avrebbe ricevuto gli esemplari dell’oleastro dai sacerdoti di Apollo in un santuario sul delta del Danubio. Gaio Plinio Secondo ci narra che ad Olimpia “si può ancora vedere un oleastro i cui rami servirono ad incoronare per primo Ercole e che ai nostri giorni è oggetto di venerazione religiosa”. Era uso, al tempo dei greci, di incoronare i vincitori delle Olimpiadi con serti di olivo, tradizione che è stata rinnovata di recente in occasione delle Olimpiadi di Atene del 2004. A conferma di ciò Esiodo ci narra che la stessa clava di Ercole fosse di olivo e che, avendola l’Eroe poggiata ai piedi di una statua di Ermes, essa avesse emesso immediatamente radici e gemme tramutandosi in un albero maestoso. Comunque, l’olivo fu ritenuto sacro alla Dea, simbolo di purezza e di castità, ed il cui legno non poteva essere bruciato né la pianta danneggiata. Gli stessi Spartani, quando saccheggiarono Atene, rispettarono gli olivi temendo l’ira degli dei! Secondo un’altra leggenda, forse romana, riportata da Plinio e da Cicerone, l’olivo sarebbe stato scoperto da Aristeo, figli di Apollo e della ninfa Cirene che, rapita dal dio sul suo carro, sarebbe stata portata in Libia dove avrebbe partorito poi il figlio in quella regione chiamata Cirenaica. Aristeo, poi, avrebbe insegnato agli uomini come coltivarlo e ricavarne l’olio. Questa leggenda ci fa supporre che l’olivo, originario dell’Africa, sarebbe stato introdotto in Europa dai Fenici anche se il suo nome scientifico è Olea europaea Linn. Proseguendo nell’indagine sulle conoscenze degli antichi sull’olivo, ricordiamo che nell’Antico Testamento l’olivo è il simbolo della pacificazione tra Dio e gli uomini dopo il Diluvio universale, quando la colomba fa il suo ritorno all’arca di Noè recando nel becco un ramoscello d’olivo, appunto. Isidoro di Siviglia vescovo e patrono della città, infatti, definisce l’olivo arbor pacis insignis, ossia albero simbolo di pace. L’olio, nei rituali, simboleggia la presenza di Dio nei riti di consacrazione di re e sacerdoti. Quando Samuele deve consacrare il futuro re e sacerdote d’Israele David, l’angelo inviato dal Signore gli dice: “Io ti indicherò chi dovrai ungere”, così fece Samuele e, da quel giorno, il Signore fu con David! Di qui nasce la storia degli “unti dal Signore”! L’olio di oliva è stato sempre adoperato come elemento purificatore nei riti religiosi e civili sin dai tempi più remoti e, nella religione cristiana, per alcuni sacramenti: la Confermazione, l’Ordine sacro e l’Estrema unzione. Anche l’appellativo di Gesù, cioè Cristo, vuol dire unto, così come Christus Domini, ossia unto del Signore, era anche l’Imperatore durante il Medioevo; scaturigine, questa, di continui conflitti ed incomprensioni con il Papato. Oltre che nei rituali, l’olio ha sempre avuto una straordinari a importanza nella preparazione di balsami, unguenti e profumi. Lo stesso Omero ci narra che, quando Ulisse naufrago fu accolto da Nausicaa, gli furono offerte vesti ed olio profumato; mentre Hammurabi, nel suo codice che risale al secolo XVIII a. C., ne disciplina il commercio. Comunque, ben presto i greci divennero grandi produttori ed esportatori di olio d’oliva e, sotto Solone e Pisitrato, periodo in cui imperava una ferrea autarchia e per tutti i prodotti era vietata l’esportazione, solo per l’olio d’oliva il commercio era libero. È noto che Platone, in barba alla sua filosofia ed ai suoi precetti che condannava qualsiasi forma di scambio commerciale, dovendosi recare in Egitto, dove sapeva che per quel prodotto c’era una forte richiesta, non si peritò di portarsene dietro una discreta scorta per venderla al migliore offerente al fine di assicurarsi un soggiorno confortevole. Sotto l’impero romano l’olivicoltura ebbe un grande sviluppo ed i legionari portarono l’olivo fino in Britannia, ma con scarsi risultati. Antico trappeto. Frantoio-XVI-sec. Descrizioni molto precise del frantoio (trapetum) e delle operazioni connesse alla spremitura delle olive e successivo trattamento dell’olio si trova in Catone che raccomanda che tutte le operazioni siano condotte con la massima cura e pulizia (quam mundissime purissimique fiat!) e che si badi a che nessuno entri nel frantoio stesso e nella cella olearia senza ragione (minimum in torcularium et in cellam introeatur). Tutte queste operazioni erano affidate al capulator, sorta di operaio specializzato che con un particolare mestolo, la capula, estraeva l’olio dalla vasca dove colava per evitare che restasse a contatto con i noccioli e con la morchia che si andava depositando sul fondo della vasca stessa, per evitare l’irrancidimento. Con molta saggezza lo steso Catone, per quanto riguarda la raccolta delle olive, raccomanda che le stesse debbano essere raccolte “quanto prima e devono stare quanto meno si può in terra e sui tavoli” (Olea ubi matura erit, quam primun cogi oportet, quam minimum in terra et in tabulato esse oportet. In terra et in tabulato putrescit”!) Oggi l’olivo ha un’importanza rilevante nell’economia agraria di molte regioni in molti paesi ed è anche una coltura molto difficile per i parassiti e le malattie che l’aggrediscono. Ricordiamo solo la mosca olearia (Bactrocera oleaei), la rogna (Pseudomonas Savastanoi) e, ultima arrivata la Xylella fastidiosa che, in Italia, sta fortemente danneggiando l’olivicoltura, in particolare quella della penisola salentina. L’olea europaea L. è una pianta arborea della famiglia delle oleacee molto diffusa e coltivata nel bacino mediterraneo (*), come abbiamo visto, fin dall’antichità ma ora diffusa in tutte le zone temperate dei cinque continenti ed è diventata una pianta molto importante per l’economia agricola di molte zone e di molti paesi. È una pianta sempreverde che può raggiungere i dieci metri d’altezza il che ne fa, nella classifica degli alberi, uno di terza grandezza, molto longevo (si ritiene che alcuni esemplari possano raggiungere anche i duemila anni); negli stadi giovanili il tronco è di colore verde grigiastro e liscio, mentre da adulto si presenta molto contorto, rugoso e gibboso per l’irregolare accrescimento in senso radiale. Il durame, non impregnato di sostanze conservatrici, come altre essenze legnose, con il tempo per l’azione dell’acqua che ristagna e di funghi saprofiti si disfa dando origine al fenomeno della “carie” che poi finisce con il conferire ai tronchi quella caratteristica sofferta che ha incantato e ispirato artisti come Van Gogh. Gli anelli d’accrescimento non sono visibili all’interno del tronco, le foglie coriacee, sono di colore verde lucido sulla pagina superiore, argentee in quella inferiore per la presenza di peli stellati che, trattenendo l’umidità, conferiscono alla pianta una notevole resistenza al caldo a all’aridità estiva del clima mediterraneo, sono più o meno allungate e appuntite, secondo le varietà, con margine intero e leggermente accartocciato verso il basso, il picciolo è corto e mancano le nervature secondarie. I fiori, ascellari, sono riuniti in racemi (mignole) di color avorio pallido con calice a coppa con quattro denti e corolla imbutiforme suddivisa in quattro lobi e la loro comparsa ha grande importanza per la produzione; un proverbio recita: “Mignola d’aprile ogni pianta un barile, mignola di maggio vai adagio, mignola di giugno appena un pugno” ossia più la fioritura è anticipata più tempo avranno le olive per maturare e riempirsi di olio (parassiti permettendo)!
Anche l’olio ha proprietà medicamentose che vengono via via scoperte ed evidenziate nei vari convegni che si tengono sull’argomento. Oltretutto l’olio è alla base della dieta mediterranea, purché sia rigorosamente extravergine. *** Immagine di copertina Nota Bibliografia Per la serie degli alberi, delle stesso Autore: 1. il Noce, un albero tra storia e leggenda Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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