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Gli italiani in Grecia nella seconda Guerra Mondiale (1)

di Fabio Lambertucci

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Chiunque sia stato in Grecia, per vacanze o per altro, avrà fatto l’esperienza del tipico amichevole approccio con i locali: Italiani – greci… una fazza, una razza! (una faccia, una razza).
Proseguendo nelle sue rivisitazioni culturali e storiche, Fabio Lambertucci si incarica di dimostrarci che non è stato sempre così.

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Il mio viaggio nel Cinema italiano e nella Storia dell’occupazione della Grecia nel 1941-43 (con due curiosità)
Sono nato nel 1968 e il mio primo incontro, nei primi anni Ottanta, con un film italiano ambientato nella Grecia occupata dagli italiani nel 1941-43 fu la visione televisiva del divertentissimo film comico I due colonnelli (1963) di Steno (Stefano Vanzina, 1917-1988) con il grande Totò (1898-1967) nel ruolo del “colonnello italiano Antonio Di Maggio”, il canadese Walter Pidgeon (1897-1984) in quello del “colonnello britannico Timothy Henderson”, “Iride”, la bellissima ragazza contesa dai due colonnelli, interpretata da Scilla Gabel (Rimini 1938, vero nome Gianfranca Gibellini), Nino Taranto (1907-1986) nel ruolo del “sergente maggiore italiano Quaglia” e l’inglese Roland von Bartrop (1925-1969) in quello del cattivissimo “maggiore tedesco Kruger”. La vicenda si svolgeva nell’estate del 1943 nel paesino greco di “Montenegro”, in realtà Civita di Bagnoregio, il cosiddetto “paese che muore” per via delle frane, in provincia di Viterbo. La trama è nota e Totò vi pronuncia, per la prima e unica volta sul grande schermo, una “parolaccia”!

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Dopo aver maltrattato i notabili greci del paese (li ha pelati), il colonnello Di Maggio, cattivo fino alla caduta del fascismo il 25 luglio 1943, cambia atteggiamento e diventa umano e comprensivo all’arrivo dell’armistizio dell’8 settembre. Nel film i soldati italiani sono rappresentati come uomini di buon cuore e alcuni addirittura hanno messo su casa con donne greche. Nella scena più famosa Totò rifiuterà di sparare con i mortai tedeschi sul paese, ottenendo la consacrazione dei suoi soldati. Salvato dalla fucilazione proprio dall’ex nemico inglese, co-belliggera con il nuovo alleato contro il nazista, vero malvagio, dopo aver però fatto una sosta al bagno! (1).

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Da questo film comico credetti di capire che c’era sì stata una invasione italiana della Grecia voluta dal dittatore fascista Mussolini e forse qualche rudezza contro i greci ma che sostanzialmente gli italiani si erano comportati bene ed infine, compreso il madornale errore, avessero combattuto eroicamente contro il vero nemico dell’Umanità, il nazismo tedesco. Una bella storia consolatoria!

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Secondo incontro. Nel 1992 venne assegnato l’Oscar per il miglior film straniero ad una commedia italiana: Mediterraneo (1991) di Gabriele Salvatores con Diego Abatantuono e Claudio Bigagli [sul sito ne abbiamo scritto più volte: leggi qui [5] e qui [6]]. Di nuovo una storia di soldati italiani in Grecia. Questo andai a vederlo al cinema Maestoso in via Appia Nuova a Roma, vicino all’Alberone. Seppi poi che era “liberamente” ispirato al romanzo Sagapò (“ti amo” in greco) pubblicato da Renzo Biason (1914-1996) nel 1953 presso Einaudi. Il bel film narra vita, drammi e amori di otto soldati italiani che rimangono di presidio su un’isola greca tra il 1941 e il ’43. Senza sfondi storici reali, è imperniato sull’amicizia virile, sui contrasti interni tra i giovani di allora e sul conseguente desiderio di fuga dalla realtà. E’ infatti dedicato “a tutti quelli che fuggono(2).

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Nell’ambito dell’opera di rivalutazione della Storia nazionale italiana voluta dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (Livorno 1920 – Roma 2016, in carica dal 1999 al 2006), venne prodotta una miniserie televisiva drammatica in due puntate, Cefalonia (2005) di Riccardo Milani con Luca Zingaretti, Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, con musiche originali del compianto maestro Ennio Morricone (Roma 1928-2020), girata interamente in Sicilia e andata in onda su Rai 1 nell’aprile 2005 (replicata nel 2010 su Rai Storia).

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Fu il mio terzo incontro: seppur romanzata è la storia dell’eccidio che dovettero subire i poveri soldati della Divisione Acqui fucilati dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, secondo i nazisti un tradimento da punire con la morte. Tragico film di guerra ma anche in questo caso non si rappresentava nulla delle sofferenze del popolo greco invaso. Forse in Italia c’era qualche problema di rimozione storica? [9]

Ed ecco che nel febbraio del 2008 lessi su “L’Espresso” un illuminante articolo del germanista Enrico Arosio (Milano, 1957) intitolato “Grecia 1943: quei fascisti stile SS. Domenikon come Marzabotto. Oltre 150 uomini fucilati per rappresaglia. Un documentario alza il velo sulle stragi del nostro esercito. Occultate”:

I partigiani avevano fatto fuoco dalla collinetta, quando il convoglio aveva rallentato in curva a un chilometro dal villaggio di Domenikon. Erano morti nove soldati italiani. Dunque i greci andavano puniti: non i partigiani, i civili. Domenikon andava distrutta. Per dare a tutti “una salutare lezione”, come scrisse poi il generale Cesare Benelli (1885-1943) che comandava la 24a Divisione Pinerolo. “Qui al villaggio prima i soldati italiani venivano per un’ora o due, flirtavano con le donne, poi se ne andavano. A Elassona avevano fidanzate ufficiali. Erano dei dongiovanni” racconta un contadino davanti alla cinepresa. Prima sì. Non il 16 febbraio 1943. Quel giorno gli “italiani brava gente” si trasformarono in bestie.

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“Focus Storia” n° 73; novembre 2012

L’eccidio di Domenikon, la piccola Marzabotto di Tessaglia, è un crimine italiano dimenticato. In stile nazista, solo un po’ meno scientifico. Fu il primo massacro di civili in Grecia durante l’occupazione e stabilì un modello.
Il primo pomeriggio gli uomini della Pinerolo circondarono il villaggio, rastrellarono la popolazione e fecero un primo raduno sulla piazza centrale. Poi dal cielo arrivarono i caccia con il fascio littorio. Scesero bassi rombando, scaricando le loro bombe incendiarie. Case, fienili, stalle bruciarono tra le urla delle donne, i muggiti lugubri delle vacche. Gli italiani glielo avevano detto, raccontano i vecchi paesani: “Vi bruceremo tutti“. Il maestro che capiva la nostra lingua avvertì: “Mamma. Ci ammazzano tutti”.

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L’incendio di un villaggio greco dopo una violenta rappresaglia compiuta dai soldati italiani.
Foto tratta da Focus Storia (Mondadori) n° 73 Novembre 2012, pag. 45

Molti non avevano mai visto un aereo. Al tramonto, raccontano i figli degli uccisi, le famiglie di Domenikon furono portate sulla curva dei partigiani. Dopo essere stati separati dalle donne, tra pianti e calci, tutti i maschi sopra i 14 anni fu ordinato sarebbero stati trasferiti a Larisa per interrogatori. Menzogna. All’una di notte del 17 gli italiani li fucilarono nel giro di un’ora e i contadini dovettero ammassarli in fosse comuni. “Anche mio padre e i suoi tre fratelli” ricorda un vecchio rintracciato da Stathis Psomiadis, insegnante e figlio di una vittima che si è dedicato alla ricostruzione dell’eccidio, indicando la collina di lentischi e mirti. La notte e l’indomani i soldati della Pinerolo assassinarono per strada e per i campi pastori e paesani che si erano nascosti: fecero 150 morti.

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E’ tutto ricostruito nel documentario “La sporca guerra di Mussolini” (2008), diretto da Giovanni Donfrancesco (durata 52′), prodotto dalla GA&A Productions di Roma e dalla televisione greca Ert, che andrà in onda il 14 marzo 2008 su History Channel (sarà poi anche trasmesso da Rete 4 il 3 gennaio 2010 ed io lo registrai su Dvd, ndr). La Rai si è disinteressata al progetto. Il film, che riapre una pagina odiosa dell’Italia fascista, si basa su ricerche recenti della storica Lidia Santarelli. La studiosa, docente al Centre for European and Mediterranean Studies della New York University parlando con “L’Espresso” di Domenikon e dei massacri italiani in Tessaglia, Epiro, Macedonia, li definisce “un buco nero nella storiografia”.

[13]La storica Lidia Santarelli

Che cosa sa il grande pubblico della campagna di Grecia di Mussolini?
Ricorda il presidente Ciampi, le commosse rievocazioni della tragedia di Cefalonia, il generale Antonio Gandin (1891-1943, fucilato dai tedeschi a Cefalonia il 24 settembre 1943, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, ndr) e la divisione Acqui, le emozioni cinematografiche di “Mediterraneo” e del “capitano Corelli”.

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Il mandolino del capitano Corelli
di John Madden è un film di guerra/romantico franco-anglo-statunitense del 2001 con Nicolas Cage e Penélope Cruz. Girato con grande dispendio di mezzi proprio a Cefalonia, è stato criticato per la faciloneria storica della ricostruzione di un evento drammatico, ridotto quasi a sottofondo e per la stereotipata caratterizzazione dei personaggi sia greci sia italiani, lo vidi in tv, ndr) con gli italiani abbronzati, generosi, portati a fraternizzare. 

Una proposta di legge (Galante e altri) presentata alla Camera il 24 novembre 2006 per istituire una Giornata della memoria delle vittime del fascismo accenna all’eccidio di Domenikon, ma è un’eccezione.

[15]Filippo Focardi in Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale (2014) analizza i due stereotipi che hanno segnato la memoria pubblica nazionale e consentito il formarsi di una zona d’ombra: non fare i conti con gli aspetti aggressivi e criminali della guerra combattuta dall’Italia monarchico-fascista a fianco del Terzo Reich.

Italiani brava gente? Proprio per niente.
“Domenikon” dichiara la Santarelli nel film “fu il primo di una serie di episodi repressivi nella primavera-estate 1943. Il generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione, emanò una circolare sulla lotta ai ribelli il cui principio cardine era la responsabilità collettiva. Per annientare il movimento partigiano andavano annientate le comunità locali”. L’ordine si tradusse in rastrellamenti, fucilazioni, incendi, requisizione e distruzione di riserve alimentari. A Domenikon seguirono eccidi in Tessaglia e nella Grecia interna 30 giorni dopo 60 civili fucilati a Tsaritsani. Poi a Domokos, Farsala, Oxinià.
Le autorità greche segnalarono stupri di massa. Azioni di cui praticamente non esistono immagini, memorie sepolte negli archivi militari. Il comando tedesco in Macedonia arrivò a protestare con gli italiani per il ripetersi delle violenze contro i civili. Nel film il diario del soldato Guido Zuliani racconta di rastrellamenti e torture. Il capo della polizia di Elassona Nikolaos Bavaris scrisse una lettera di denuncia ai comandi italiani e alla Croce rossa internazionale: “Vi vantate di essere il Paese più civile d’Europa ma crimini come questi sono commessi solo da barbari”. Fu internato, torturato, deportato in Italia. La figlia: “Un incubo”.

Gli italiani imitarono i tedeschi ma senza la loro tecnica.
Nel campo di concentramento di Larisa, a nord di Volos, dove nacque il pittore Giorgio De Chirico, furono fucilati per rappresaglia oltre mille prigionieri greci. Molti morirono, ricorda “La guerra sporca di Mussolini” di fame, denutrizione, epidemie. Le brande con i materassi di granturco erano infestate dalle pulci. L’occupazione (sino al settembre ’43 gli italiani amministrarono due terzi della Grecia, un terzo i tedeschi) si caratterizzò per le prevaricazioni continue a danno di innocenti. La Tessaglia era il granaio greco. L’esercito italiano eseguiva confische, saccheggi, sequestri. introdotta la valuta di occupazione, il mercato nero andò alle stelle. La razione di pane si ridusse a 30 grammi al giorno. Il film mostra abitanti di Atene morti di fame gettati come stracci agli angoli delle strade. “Nel solo inverno 1941” ricorda la professoressa Santarelli a “L’Espresso” “la carestia indotta dall’amministrazione italiana fece tra i 40 e i 50mila morti. Nell’intero periodo morirono di fame e malattie tra i 200 e i 300mila greci. Un altro capitolo poco studiato è la prostituzione: migliaia di donne prese per fame e reclutate in bordelli per soddisfare soldati e ufficiali italiani”. Nel 1946 il ministero greco della Previdenza sociale, nel censire i danni di guerra, calcolò che 400 villaggi avevano subito distruzioni parziali o totali. 200 di questi causati da unità italiane e tedesche, 200 da soli italiani.

 

Nota
(1) Nel 2016 Alfredo Castelli, autore del noto fumetto Martin Mistère, il detective dell’impossibile, pubblicò un albo speciale intitolato Martin Mistère. La città in equilibrio (Sergio Bonelli Editore) dedicato a Civita di Bagnoregio (VT). In esso si racconta di un misterioso incidente occorso a Totò durante le riprese del film I due colonnelli (1962) – Cliccare per ingrandire.

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“Martin Mistère. La città in equilibrio”; (2016). Sergio Bonelli Editore. Testo di Alfredo Castelli e disegni di Rodolfo Torti.

 

[Gli italiani in Grecia (1) – Continua]