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La notte che Maradona non mi fece dormire

di Enzo Di Fazio

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Non sono un tifoso di calcio né ho una particolare predilezione per questa disciplina sportiva.
Non disdegno però di seguire, a parte la nazionale, qualche partita di campionato, soprattutto quando gioca il Napoli.

Perché il Napoli?
Un po’ per avere nelle vene una parte di sangue partenopeo (ho vissuto a Napoli alcuni anni importanti dell’adolescenza e quelli del periodo universitario), un po’ per simpatia verso un popolo che sa soffrire con ironia e riscattarsi, quando occorre, con grandi prove di umanità.
Una simpatia cresciuta durante la permanenza a Milano in occasione della mia prima esperienza lavorativa, negli anni 70,  quando non riuscivo a sopportare che noi meridionali, seppure per scherzo, fossimo chiamati “terrun”, né che si banalizzasse sulla presenza di una sottile tendenza razzista in alcuni annunci immobiliari, tipo  “fittasi solo a giovani settentrionali” oppure “fittasi a famiglie di massimo 4 persone”.
Le fabbriche del nord andavano avanti grazie alla mano d’opera che, in quantità massicce, veniva dal sud e con qualche soldo messo da parte ogni operaio cercava di portarsi dietro la propria famiglia, composta spesso di più di due figli.
Furono quelli anni molto importanti, segnati dalla nascita del movimento studentesco e dalle lotte sindacali, e lo spirito combattivo che mi ritrovavo contribuì  a rafforzare in me la  propensione verso la  difesa dei più deboli, caratteristica che non mi dispiace  aver conservato nell’età della maturità.

Ritornando al mondo del calcio, sarà capitato a tutti di avere una squadra del cuore e dei giocatori simbolo da imitare quando si comincia a dare qualche calcio al pallone (e chi non l’ha fatto… per strada, nei vicoli, sul piazzale della chiesa o sul campetto del collegio).
Le preferenze di norma andavano sulle più forti e ne ho avuti di compagni del sud che tifavano Juve, Inter o Milan. Che io ricordi, nessuno sceglieva il Benevento  o  l’Avellino e pochissimi  il Napoli.
Poiché ho sempre ritenuto, mio malgrado, nell’ambito delle scelte di vita, che fosse troppo semplice intraprendere strade già asfaltate prediligendo  sentieri sconnessi ma stimolanti, così anche nel calcio ho scelto come squadra da “tifare” il Napoli vedendolo in perenne difficoltà, nonostante fosse sostenuto dal cuore dei napoletani, a confronto con una Juve o un’ Inter  o un  Milan, che grazie ai  capitali dei vari Agnelli, Moratti e Rizzoli potevano spendere e spandere per acquistare i migliori giocatori.

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(dal libro la Domenica del Villaggio di Luciano De Crescenzo)

Il mondo del calcio napoletano ha sempre sofferto questa distanza dal nord; era  parte anch’essa di quella  economica e, sotto certi aspetti, ancora più pesante andando a colpire la sfera delle emozioni legate ai momenti di distacco dalla quotidianità non sempre priva di  difficoltà.
Si intuisce così quale significato abbia avuto per il Napoli e per i napoletani l’arrivo di Maradona.

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(dal libro la Domenica del Villaggio di Luciano De Crescenzo)

Sono due giorni che questo idolo perenne è scomparso e i notiziari e i quotidiani non sanno cos’altro dire per cercare di spiegare il coinvolgimento emotivo che travalica il mondo del calcio e riguarda non solo i napoletani e gli argentini.

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Nel parlarne, spesso è stata usata, forse in maniera anche impropria, la definizione di genio e sregolatezza,  che troviamo accostata a personaggi ben più importanti come Caravaggio e Mozart, per fare qualche nome tra quelli più famosi.
Ma è proprio così, Maradona è stato l’una e l’altra cosa, tanto inarrivabile e prestigioso sui campi di calcio quanto riprovevole e dissoluto nel  modo di vivere.

Maradona arrivò a Napoli agli inizi di luglio del 1984, dopo una serie di avventurose trattative tra il presidente Ferlaino, il direttore tecnico Juliano e i manager del Barcellona.

L’operazione fu portata a termine grazie all’appoggio del sindaco di Napoli Vincenzo Scotti e all’intervento del Banco di Napoli con il suo presidente Ferdinando Ventriglia che si fece garante, con una fidejussione, di una buona parte degli obblighi assunti dalla società Calcio Napoli con il contratto. Questo venne firmato domenica  30 giugno, ultimo giorno ritenuto valido dalla Lega Calcio per il tesseramento del giocatore, dopo un’interminabile riunione, protrattasi fino a notte fonda, tra i vertici del Banco di Napoli e i dirigenti della squadra.

Quella domenica mi trovavo a Napoli e, guarda caso, in un albergo di piazza Municipio, alle spalle della Direzione Generale del Banco di Napoli che aveva l’ingresso principale da via Toledo.  Mi trovavo lì perché  il lunedì, il giorno dopo, dovevo presentarmi agli orali del concorso a funzionario di direzione. Più sopra c’erano i quartieri spagnoli, il cuore più caotico e arrabbiato di Napoli, che nelle vicende della squadra trovavano il modo di riscattarsi da una vita di difficoltà e di privazioni. E tutti scesero in strada, invadendo via Toledo, piazza Municipio e piazza Plebiscito invocando Maradona.
Ve lo immaginate… migliaia di persone ed un solo coro “Vulimm’ a Maradona!”.

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Il Napoli non aveva i soldi nemmeno per comprare le cambiali  – lo scrive Luciano De Crescenzo nella Domenica del Villaggio, un  libro ricco di fotografie uscito in occasione del primo scudetto – e il prezzo da pagare per avere Maradona era di 7,5 milioni di dollari, qualcosa come 14 miliardi di lire. Dove andarono a prendere i quattrini, pur considerando il patrimonio di Ferlaino messo a garanzia?
Con il metodo della pizza oggi a otto
Lo racconta ancora De Crescenzo. Semplice, grazie alla fantasia e al grande cuore napoletano “prendi oggi la pizza e la puoi pagare in un secondo tempo con otto giorni di ritardo. Più o meno nello stesso modo fu acquistato Maradona. Lo mangiarono nell’84 e lo pagarono comodo con gli abbonamenti dell’85 e dell’86”.

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Ma prima che arrivasse la notizia ne passò di tempo quella notte. Si fece quasi l’alba.
Non chiusi occhio e ci volle più di un caffè quel mattino per continuare a tenerli aperti… almeno fino al momento dell’esame.
Alle 11 ero davanti ai commissari. Un’ora dopo libero, fuori a respirare l’aria di mare che veniva dal molo Beverello, con la prova superata.

Un napoletano avrebbe detto e lo direbbe ancora oggi: Ci ha mise ‘a mane Maradona!