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La strada del mare, il romanzo di Pennacchi e le mutande in redazione

Segnalato dalla Redazione

 

Abbiamo notato, qualche giorno fa su Latina Oggi, un articolo del direttore, Alessandro Panigutti, su un episodio minimo che gli ha permesso di legare insieme il più recente romanzo di Antonio Pennacchi (ne abbiamo scritto sul sito [1]) con lo strano caso di un paio ci calzoncini da bagno, incorniciati e appesi nella redazione di Latina Oggi. Il tutto scritto nello stile minimalista e apparentemente  casual di Pennacchi.
Lo proponiamo sul sito come lettura domenicale. In fondo, l’allegato
.pdf dell’articolo originale.

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La strada del mare. Così Latina deviò il corso della storia
di Alessandro Panigutti

Il bagno di J.F. Kennedy a Foce del Duca e le mutande del Presidente finite in redazione
I boxer di John Kennedy recuperati sulla spiaggia vicino a Foce del Duca, appesi su una parete della redazione di Latina Oggi.

Aveva visto giusto Giovanni Minoli con la sua fortunata trasmissione in tivù. L’aveva intitolata «La storia siamo noi», ma lui intendeva un noi molto ampio, come dire, oggettivo, e si riferiva praticamente all’umanità intera, o meglio, per dirla tutta, a quella che comunemente e anche per lui viene ritenuta la crema dell’umanità, i personaggi importanti, quelli che fanno cronaca, che hanno i soldi, belle donne intorno e via discorrendo. Insomma, a forza di bazzicare la Rai, che un po’ se la credono, anche lui ha finito per smarrire quel quid che ti dà la giusta profondità di campo nell’osservazione e nell’ascolto delle cose.
Così, quando un suo amico che lo aveva incrociato in barca sotto al pisellone che sta di fronte a Filicudi, dove il Minoli ha la casa delle vacanze, gli ha detto «Ohe, Giovanni, perché non racconti la storia dei Peruzzi che è fichissima?», lui gli ha subito risposto «Lo faccio, te lo prometto».
Ma poi ha chiesto alla bionda che stava sdraiata a prua: «Tu sai chi sono ‘sti Peruzzi?», e quella gli ha subito risposto: «Giovanni, guarda che hai sentito male. Parlava dei Ferruzzi».
E con grande diligenza, Giovanni Minoli un paio di mesi dopo è andato in tivù con un servizio importante e bello sulla saga dei Ferruzzi e sul destino andato in malora del Raul Gardini, malgrado i soldi, la fama e il potere.

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“La Canna”, l’inaccessibile faraglione che sorge a poco meno di un miglio dalla costa occidentale di Filicudi

Così, l’anno dopo, sempre sotto lo stesso scoglio, La Canna, che non ce n’è uno uguale in nessun angolo dei mari del mondo, quando ha visto che si affiancava la barca di quel suo amico, Minoli gli ha strillato: «Allora, piaciuto il servizio sui Ferruzzi?», quell’altro gli ha fatto: «Non hai capito un cazzo! Ti avevo detto i Peruzzi di Littoria. Ma che non lo leggi Pennacchi?» E ha tirato dritto.
Tutta questa premessa su Minoli, per dire che è vero che la storia siamo noi, ma va inteso come noi di Latina. Eh, proprio noi. Perché se ancora non lo avete fatto, dovete leggere «La strada del mare», e se ancora non lo avete in casa, dovete andare dal libraio Mario Sicconi, alla Manzoni sul Corso di fronte al palazzo Emme, e lo comprate, perché lì c’è scritto a chiare lettere il perché e il percome la storia siamo noi di Littoria, e come è potuto succedere che grazie al genio di Otello Peruzzi, che allora non era nemmeno diplomato geometra ma ha avuto l’idea di allargare di mezzo metro per parte la carreggiata della strada del Mare di Latina mentre era in costruzione, si sono poi accavallati una serie di eventi che qualche anno dopo avrebbero deciso le sorti del mondo. Almeno una parte importante.
Adesso non è che qui vi possiamo raccontare per filo e per segno quello che ha scritto Antonio Pennacchi in questo suo ultimo libro, perché sennò nessuno lo va più a comprare, ma il riassunto ci sta tutto, perché anche noi qualcosa dobbiamo pur scrivere per vendere il giornale.
E il riassunto infedele è più o meno questo.

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La strada del mare, grazie ai dodici metri di larghezza della carreggiata e non undici come era previsto, è venuta talmente bene, e all’inizio era talmente ben fatta che sembrava una tavola da surf con la punta un po’ all’insù proprio a Capoportiere, che quando per una serie di incastri del destino Jaqueline Kennedy, sì proprio lei, la moglie del Presidente degli Stati Uniti e più in là pure di Aristotele Onassis, si è trovata a percorrere quella strada seduta su una Fiat 1500 di colore nero, sentendosi leggera come una piuma su quel tappeto di velluto, appena ha visto il Lago di Fogliano e poi la duna e sulla sinistra il profilo della maga Circe, era rimasta così colpita da rischiare l’estasi. E senza stare a raccontare che quello stato emotivo l’aveva esposta alla libidine di un fratello di quell’Otello Peruzzi che si rivelerà la causa di tutto, vale la pena riferire che una volta ritornata negli States, la signora aveva raccontato al marito presidente di quella meraviglia a metà strada tra Roma e Napoli, e che ne aveva già parlato col suo amico, di lei ovviamente, Walt Disney, che andava cercando un posto in Europa dove piazzare un clone di Disneyland, e che secondo lei, Jackye, quel posto non poteva essere altro che Latina.
«John – aveva detto la signora Kennedy al marito – ci devi andare. Quel posto lo devi assolutamente vedere».

Il resto è meglio che lo leggiate su «La strada del Mare», ma il concetto che la storia siamo noi va per forza chiuso, altrimenti questo rimane un pezzo monco e senza senso. Alla faccia della Commissione Warren, di Oliver Stone che pure ha fatto un film pregevole con quel fico di Kevin Costner, e dispetto di tutti quelli che hanno scritto fiumi di dossier e ricostruzioni più o meno verosimili, Antonio Pennacchi ha trovato la chiave dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy avvenuto a Dallas, Texas, Usa nel novembre 1963. Una chiave che sta proprio qui, a Latina, sul pezzo di costa che va da Capoportiere a Rio Martino, e che da sola è in grado di rimettere insieme tra loro, bene incastrati e sostenuti da un filo logico che sembra di acciaio, Lee Oswald e Jack Ruby, gli anticastristi e la Baia dei Porci, la mafia italoamericana e Sam Giancana, il Ku Klux Klan e i russi, la Cia, l’Fbi e il Kgb, Fidel Castro e Walt Disney, la CommissioneWarren e Abraham Zapruder, e tutte le altre pedine, compresi i marziani, che un giorno, pervia di un fatto che sarebbe dovuto accadere a Latina, si sono combinati in un effetto irripetibile e quasi magico che ha fatto partire quei tre o quattro colpi di fucile che hanno cambiato la storia del mondo.

E oggi, 57 anni dopo l’assassinio di Dallas, grazie alla ricostruzione di Antonio Pennacchi, Latina può riprendersi il posto che le spetta nella storia, e non soltanto per essere stata trasformata da palude in città, ma per essere stata l’origine, meglio la scintilla che ha dato l’innesco per la bruttissima fine di John Kennedy.
Prima di questo recupero di memoria, e prima che «La via del Mare» arrivasse a ristabilire i giusti contorni di un fatto epocale, di tutto questo Latina conservava soltanto un reperto, intimo, i boxer che John Fitzgerald Kennedy aveva abbandonato sulla spiaggia di Foce del Duca il 2 luglio 1963, dopo una nuotata in mutande durante la sosta nel suo spostamento da Roma a Napoli, come gli aveva imposto la moglie.

Quelle mutande, di colore celeste, bagnate e inzaccherate di sabbia, erano state raccolte da un ragazzo che attratto dall’atterraggio di un elicottero, aveva assistito all’immersione del Presidente degli Stati Uniti, e oggi si trovano incorniciate e appese a una parete nella redazione di Latina Oggi.

Era stato Atlante, racconta Pennacchi, a raccogliere quel cimelio, e pochi giorni dopo, insieme al suo amico Di Francia, asciugate e un po’ spazzolate per togliere la sabbia, erano andati a are incorniciare quelle mutande a Roma, dallo zio di Albino e Marcello, che adesso sono i corniciai più famosi di Latina, e che si ricordano bene anche loro di questa faccenda delle mutande di JFK, perché lo zio glielo ripeteva sempre: «Ho incorniciato di tutto nella mia vita, ma un paio di mutande non me lo sarei mai aspettato. Però erano quelle di John Kennedy, come facevo a dirgli di no a quei due?»
E’ così che è andata.

[Di Alessandro Panigutti – Da Latina Oggi di venerdì 20 novembre 2020; pag. 41]

Panigutti. La strada del mare. LT O. 20.11.2020.pdf [5]