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Ischia, l’edificio della Carità e il Giuramento di Ippocrate

di Giuseppe Mazzella di Rurillo
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L’ospedale “Anna Rizzoli” di Lacco Ameno fu inaugurato il 21 ottobre 1962. Era domenica. Era già aperto da nove mesi. Era stato costruito su un terreno donato dalla Curia Vescovile, interamente a carico del Cavaliere del Lavoro Angelo Rizzoli (1888-1970).

Rizzoli lo donò alla Comunità dell’isola d’Ischia. Ricevette proprio in quella occasione due Medaglie d’Oro: quella del Ministero della Sanità e quella degli Ospedali Riuniti di Napoli, l’ente ospedaliero che ne assumeva la gestione. Le sei Amministrazioni dell’isola di Ischia con i loro sindaci consegnarono a Rizzoli una pergamena ricordo a testimonianza della “profonda ed imperitura riconoscenza del popolo isolano”.
Gli Ospedali Riuniti di Napoli vollero stampare un piccolo libro con gli interventi di quella giornata, le foto, i telegrammi. Era costituito da 20 pagine e recava una epigrafe: “…aprire un ospedale è accendere una luce”. La copia originale è custodita dal professor Raffaele Castagna nell’archivio della sua “Rassegna d’Ischia”. Debbo a lui una copia fotostatica.
Ad inaugurare l’ospedale fu direttamente il Presidente del Consiglio dei Ministri, onorevole Amintore Fanfani, che presiedeva il Governo dell’apertura a sinistra, che si sarebbe organicamente completata con la diretta partecipazione dei socialisti al Governo con il primo centro–sinistra Dc-Psi-Psdi-Pri presieduto dall’onorevole Aldo Moro. I due “cavalli di razza” della Dc.

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Fanfani parlò per ultimo dopo gli interventi del sindaco di Lacco Ameno, prof. Vincenzo Mennella, del Presidente degli Ospedali Riuniti di Napoli, Cavaliere del Lavoro Ing. Ivo Vanzi, del sen. Prof. Vincenzo Monaldi, del direttore generale della Sanità, dottor Saladino Cramarossa, del Cavaliere del Lavoro Angelo Rizzoli, del Vescovo d’Ischia. Mons. Dino Tomassini. Inviarono telegrammi per impossibilità a presenziare il Ministro della Sanità, on. Jervolino ed il Vescovo Mons. Antonio Cece, predecessore di Tomassini diventato Vescovo di Acerra, ma che appena due anni prima aveva iniziato l’iter per il trasferimento del terreno dalla Curia agli Ospedali Riuniti.
Questi interventi sono di grande solennità e di assoluto rispetto istituzionale. A ciascuno il proprio ruolo. A ciascuno il rispetto per l’altro. Era il 1962. La “Repubblica Italiana” esisteva solo da 16 anni e la Costituzione da 14. Era in uno stato “adolescenziale”. Quindi, pur abolito, il titolo di “Eccellenza” veniva ancora riservato al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il discorso di Fanfani fu quindi soprattutto politico. Iniziò affermando la volontà del “Governo, che ho l’onore di presiedere, di procedere in una riaffermata sicura atmosfera di libertà a dare impulso, secondo il precetto costituzionale. Cui aderisce fermamente ogni nostra intenzione, al progresso civile, economico e sociale della nostra amatissima Patria”. Fanfani sottolineò la “felice testimonianza” che nell’occasione offriva lo Stato, la Chiesa, l’Imprenditoria per raggiungere un obiettivo così alto che era quello dell’apertura dell’ Ospedale. Ma non mancò di ritenere “deficiente il sistema ospedaliero dell’Italia Meridionale” annunciando gli investimenti del Governo “di venti miliardi di lire per aggiungere alle scarse disponibilità di letti delle terre meridionali altri ottomila posti-letto di cui 250 come è stato ricordato dal Cavaliere del Lavoro Vanzi a Fuorigrotta (all’inaugurazione di un altro ospedale ndr)”.
Ancora Fanfani colse l’occasione per annunciare “l’inizio di una opera più vasta, alla quale proprio da mesi stiamo attendendo, in mezzo a difficoltà che lascio a tutti immaginare, di non lasciare chiudere questa Legislatura senza aver posto, Senatore Monaldi, la premessa all’adempimento del precetto costituzionale; letti perché i poveri siano assistiti. Ospedali perché la promessa costituzionale non resti vana, strumenti perché non si prometta invano quello che non saremmo in grado di mantenere”.
Fanfani diede notizia di “nuove costruzioni ospedaliere che nel corso dei prossimi dieci anni garantiscano l’integrazione delle disponibilità attuali per almeno altri 120mila posti-letto”.
Il senatore Monaldi – che fu il primo Ministro del neo istituito “Ministero della Sanità” e che aveva tanto seguito la realizzazione del primo ospedale nell’isola d’Ischia – aveva richiamato nel suo intervento l’art. 32 della Costituzione che garantisce il diritto alla salute per tutti i cittadini rimarcando la sua profonda fede Cristiana. E’ lui che aveva toccato il cuore di tutti affermando che “quando si apre una chiesa, una scuola, un ospedale, si accende una Luce”.
Al professore Vincenzo Monaldi (1899-1969) è dedicato uno dei più grandi e prestigiosi ospedali di Napoli e d’Italia.

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Carità e Giustizia
Se emerge da tutti gli interventi la soddisfazione e la commozione – soprattutto in Angelo Rizzoli – colpisce il telegramma che invia il Vescovo Monsignor Antonio Cece: “… dalla Roma del Concilio voglio nuovamente inchinarmi alla Carità che edifica coronando di sorriso divino lavoro, fortuna, tecnica e scienza”.
Non era retorica.  Cece fu vescovo d’Ischia per meno di 5 anni (1958-1962). Fu un “vescovo politico” fermamente convinto della “dottrina sociale della Chiesa” e quindi sostenitore del “partito cristiano: da qui la sua grande influenza sulla classe politica democratico-cristiana del tempo che richiama all’applicazione della “dottrina”. E naturalmente schierato contro il laicismo e il socialismo.

Cece presiede il “Secondo convegno turistico isolano” (il primo c’era stato nel 1950) che si tenne a Casamicciola nel Pio Monte della Misericordia dal 28 al 30 marzo 1958 con tutta la classe dirigente della Dc e con un discorso finale di Giovanni Leone, Presidente della Camera dei Deputati, e con l’approvazione di un documento finale di richieste al Governo in 16 punti. E’ contenuto in “Ischia-1950-1999” di Raffaele Castagna e testimonia la passione civile di quel tempo. Discutere e fare. Dovremmo ripartire da quel convegno con una nuova classe dirigente.
Cosa voleva racchiudere con quelle poche parole telegrafiche? Con quella “Carità che edifica”? Credo che volesse lanciare il messaggio dalla “Roma del Concilio”: che la Carità è un edificio dove bisogna mettere tutti i valori.
In modo diverso è la stessa “Carità come Giustizia” che dalla sua Chiesa in Brasile lanciava il “Vescovo rosso”, Monsignor Helder Camara (l’intervista che gli fa Oriana Fallaci nel 1970 è storica).
“Nella chiesa di San Vincenzo de’ Paoli salii sul pulpito e cominciai a parlare della carità intesa come giustizia e non come beneficenza” (Oriana Fallaci – Intervista con la Storia – pag. 579).
Oggi abbiamo un Papa che si chiama Francesco, un nome scelto per la prima volta da un Pontefice. Ci richiama ad essere “fratelli tutti”.

Sanità oggi è l’importanza dei medici di famiglia 
Sono passati 58 anni dall’inaugurazione dell’ospedale “Anna Rizzoli”. La Sanità in Italia in questi 58 anni ha subito riforme contraddittorie con una cattiva o pessima gestione delle risorse pubbliche soprattutto negli anni ‘80. Ma nel decennio 1960-1970 la Sanità fece passi giganteschi, a partire dal 1968 la prima riforma del Ministro socialista Luigi Mariotti con la classificazione degli ospedali. Il nostro era “zonale”.
Il trasferimento della competenza alle Regioni è stato un disastro come stiamo rilevando vivendo questa terribile epidemia del Covid 19. Siamo tutti impauriti. Le scene drammatiche che vediamo alla tv o sui social dello stato in cui versano gli ospedali campani terrorizzano ed aumentano il panico. “State a casa, se potete” – direbbe San Filippo Neri -. Rimpiangiamo il vecchio “medico condotto” dei nostri nonni. Il potenziamento dei medici di famiglia, oggi viene chiesto da tutti. Con tutta l’alluvione delle “riforme sanitarie” non è stato previsto e attuato il potenziamento della “Medicina di territorio” ed è stata esasperata la richiesta della “specialistica” anche per casi normali ed esponenzialmente elevata la “analistica”. Analisi di ogni tipo che hanno portato ad una sostanziale “privatizzazione” della sanità. Stavamo meglio quando stavamo peggio?
Dopo l’epidemia bisognerà mettere in discussione tutto. In Italia e nell’isola d’Ischia. In Europa. Da noi: il Comune Unico, una sanità “autonoma”, un “secondo ospedale”, una forte medicina di territorio, un “turismo della salute”.

51 Medici di famiglia a Ischia e il Giuramento di Ippocrate
Al momento, nei sei Comuni dell’isola d’Ischia operano 51 medici di famiglia che debbono assistere una popolazione di circa 64mila abitanti cioè una popolazione pari all’intera città di Benevento. Invece di potenziare questa medicina di territorio impegnando i medici ad avere tutte le attrezzature quasi come mini-ospedali, essa è stata “de-potenziata” perché i medici andati in pensione non sono stati sostituiti. Così abbiamo medici di famiglia che hanno oltre 1500 assistiti che dovrebbe essere il limite massimo. Nella lotta al contagio ci sono medici pensionati che senza alcun rimborso aiutano i loro colleghi. Oggi un buon medico di famiglia anche con una videochiamata che è “medicina telematica” può salvare una vita umana. A loro dobbiamo fare appello per sconfiggere l’epidemia.
Il Giuramento di Ippocrate approvato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici è costituito da 13 punti.
Al punto 11: “Giuro di prestare soccorso nei casi di urgenza e di mettermi a disposizione dell’autorità competente in caso di pubblica calamità”.
La Carità è un edificio. Il mondo un’isola.