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Whiplash, un film estremoSegnalato e presentato da Sandro Russo . In occasione del passaggio su Netflix di un film ‘fenomeno’ del 2015, Whiplash, vincitore di tre premi Oscar (attore non protagonista, montaggio e mixaggio sonoro) e numerosi altri premi (Golden Globe, BAFTA), Latina Oggi ha pubblicato una pagina dedicata, a cura di Marcello Banfi. Ne ha scritto Alberto Ha mandato una recensione molto articolata Claudio Pipitone (marzo 2015), un nostro amico purtroppo scomparso, e così l’ha presentata. Ho replicato io, Sandro Russo Perché Whiplash è un film ideologicamente sbagliato (e quali autori leggere per capirlo) Recentemente ho visto Whiplash, film diretto da Damien Chazelle sull’amore per la musica jazz, l’ambizione del giovane Andrew (Miles Teller) di diventare il miglior batterista del suo tempo e il rapporto ai limiti del sadomasochismo con il suo professore Terence (JK Simmons), cattivissimo, pelato, perfezionista, rissoso. Una specie di fusione di Nosferatu e Benito Mussolini. Il film ha vinto al Sundance festival e si è aggiudicato l’Oscar per il miglior attore non protagonista (Simmons), miglior montaggio e miglior sonoro. Dopo essere uscito dal cinema, ricordo che ho pensato a un prodotto perfettamente riuscito e non a uno sforzo artistico più o meno riuscito. Un prodotto di alta qualità, sia chiaro, ben recitato, ben sceneggiato e ben montato, ma in quanto prodotto studiato con astuzia. Perché dico questo? Perché Whiplash racconta la storia di un’ossessione per la musica senza trasmetterla. Se Andrew fosse stato un aspirante maratoneta e Terence il suo allenatore, sarebbe stata la stessa cosa. Bella sceneggiatura, bravi attori, bel montaggio. Si parla di maratone e non di musica jazz? Non fa alcuna differenza. Il prodotto rimane ben confezionato. Godibile, encomiabile per i suoi tanti pregi, ma carente riguardo proprio a quell’ingrediente che avrebbe dovuto esserne la base: la follia. Il problema è che la follia di Whiplash, come dicevo, non è sentita, ma parte di un prodotto ben confezionato e che alla fine lascia non dico delusi, ma freddi. Non aggiunge nulla, nel cuore dello spettatore, su quello che già sapeva della vita. Dopo aver letto l’articolo di Goffredo Fofi per Internazionale – Whiplash è una favola per gonzi di destra – mi sono reso conto che non solo Whiplash è un film artisticamente mancato, ma ideologicamente sbagliato. Sì, perché alla fine, più che l’opera d’arte in sé, il raggiungimento della perfezione espressiva, sembra che il protagonista, il giovane batterista, abbia come obiettivo quello di essere il migliore e basta. E questa non è la pulsione di una personalità genuinamente ispirata, quanto patologicamente ambiziosa. Da qui, la riflessione secondo cui se Whiplash invece che la passione del jazz avesse trattato quella per la maratona o per la vendita di auto di seconda mano, sarebbe stato ugualmente un buon film. Fofi parla di questa ideologia terribile dell’America nel dividere il mondo tra vincenti e perdenti, tra chi arriva primo e tutti gli altri e di come la letteratura americana, in passato, ci abbia aiutato a compensarla e sia servita come antidoto. Ed è vero. Il capitano Achab, in Moby Dick di John Houston (1956), con Gregory Peck Whiplash è una favola per gonzi di destra Non è difficile vedere cosa c’è di destra nel film di Clint Eastwood American sniper, silurato agli Oscar, anche se il loro autore e perfino questo film hanno in Italia sostenitori in un’area che si pensa e si dice di sinistra (ed è un guaio per tutti). È difficile capire i meccanismi che presiedono alle votazioni degli Oscar, quanti voti siano manipolati dai grandi poteri economici newyork-hollywoodiani e quanti rispondano alle suggestioni di una categoria, la casta californiana dei “lavoratori del cinema”, che vive di mode e influenze contingenti, di simpatie e antipatie, di comunanze e distanze, di appartenenze e rivalità decisive per l’assegnazione dei premi. Ci sembra, in verità, che se Eastwood fa più paura di Chazelle ai mediocri hollywoodiani, perché è certamente più bravo (più “classico”), risponde però alla stessa ideologia. Il suo film più vicino a quello di Chazelle (ma lì l’eroina soccombeva) è Million dollar baby, che raccontava per l’ennesima volta la smaniosa logica americana della lotta per diventare qualcuno, per emergere, nella distinzione mostruosa che quella cultura fa tra winner e losers. A essa tanti si ribellarono, a cominciare da Hemingway, esaltando, tra anni trenta e settanta, i perdenti al posto dei vincenti, e fu quella l’unica cultura americana che abbiamo davvero amata. La Baby di Eastwood (Hilary Swank – NdR) ci lasciava le penne per aver scelto di seguire l’ideologia darwiniana del vincente, e a me sembrò, un po’ sadicamente, che fosse giusto così. Il meccanismo è lo stesso dei film di guerra con il sergente cattivo e il soldato debole che grazie a lui si fa forte (e spietato) e “ce la fa”. Kubrick ne mostrò un prototipo in Full metal jacket, e ne vedemmo una sorta di estrema parodia in Ufficiale e gentiluomo, nel 1981. Il sergente nero e cattivo di quel film, Louis Gossett jr, vinse l’Oscar, come il professore di jazz J.K. Simmons lo ha vinto ora per Whiplash. Fratelli, nonostante il colore della pelle. E il rapporto di Gossett con Gere nel vecchio film è sadomaso quanto quello di Simmons con Miles Teller, il giovanissimo batterista imbranato che diventerà geniale, che diventerà il primo, il migliore. Povero “Bird” Charlie Parker, portato a modello di questa favola per gonzi, niente più che la solita “corsa dei topi” di cui hanno parlato i sociologi. Per uno che “emerge”, milioni che crollano e milioni che ci riprovano. Davvero: che palle! (per altro, per quel poco che ne capisco, perfino il jazz non è più lo stesso, tutto scritto e imbracato, e con molta minore libertà di improvvisare, inventare, “creare”). Whiplash è, tecnicamente, un buon film: buona sceneggiatura, bravi attori, perfino buona musica. Se ci sta antipatico è perché ci sta antipatica l’America (cioè gli Stati Uniti)? Perché, come diceva Susan Sontag, gli Stati Uniti hanno imposto al mondo “la peste” (Sontag dixit) del loro modello maggioritario e a tratti totalitario? Me lo chiedo spesso, e soffro – non sono il solo, siamo in tanti – nel vedere così fiacca una minoranza statunitense (chiamiamola anche, se vogliamo, “una sinistra”) che ha detto ben altro e che c’è ancora e dice ben altro, e che è comunque, anche perché sa tenersi lontana dal baraccone dello show business, molto più intelligente di quella italiana, più americana degli americani. Allegati: La recensione di Claudio Pipitone (file .pdf): Whiplash. Di Claudio Pipitone.2015 La pagina odierna di Latina Oggi (file .pdf) dedicata al passaggio del film su Netflix: Whiplash. LT Oggi 09.11.2020 1 commento per Whiplash, un film estremoDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Caro Sandro, mi ha fatto un regalo. Qui di seguito il mio commento. È un gran film. Spero di poterlo vedere completo
Whiplash: Il viaggio di un genio
Amo questo film, anche se ho potuto vederlo solo in parte; ma ho potuto comprenderne l’essenza e il messaggio. Mi è piaciuto e l’ho trovato sia attraente, sia espressione della condizione umana e della battaglia che ogni persona affronta, ogni giorno, in ogni momento.
Non ci ho visto invece l’ideologia e i retro-pensieri politici che altri hanno osservato. È un limite da parte mia vedere il mondo come un idealista senza illusioni e osservare il pragmatismo della vita come un meraviglioso mosaico di colori in cui vizi e virtù si sovrappongono.
La bellezza, la musica e le idee sono personali e “nell’occhio di chi guarda”. Ciascuno di noi vede cose che altri non vedono. Questa e la meraviglia e la magia dell’umanità e il fascino della sua diversità.
Wisplash per me è un viaggio. Nell’eterna lotta del genio contro il conformismo; nella libertà di essere se stessi contro la tirannia del qui e ora.
Ciascuno di noi può esserne il protagonista. Il giovane batterista non è ossessionato dal successo, come alcuni l’hanno visto. È appassionato della sua arte in modo estremo. Così preso dalla sua passione da non poter vedere il resto del mondo che gli gira intorno. Egli è incompreso e apprezzato solo nel finale, quando il conflitto, la qualità e il genio si compongono per risplendere come i raggi del sole.
Immagino un Leonardo, come il protagonista di Whiplash, che crea confusione e incomprensione intorno a sé nel momento in cui rompe e piega le regole dello status quo per dimostrare che nulla è impossibile. Un giovane uomo che ama a tal punto la sua musica, che la suona per se stesso e per un mondo che può anche non esistere, eccetto che nella sua mente. Egli supera la conformità del possibile sconfinando nello sconosciuto e nell’immenso.
Per me Whiplash è la voce che echeggia in ciascuno di noi per renderci in grado di vedere il mondo attraverso con occhi liberi dal conformismo, il prodigio di persone eccezionali capaci di cambiarci e di portarci in una nuova dimensione.
Caro Sandro, mi ha fatto un regalo. Attached is my comment. It is a great movie. I wish I could see its entirity.
Whiplash: The Journey of Genius
I love this movie, even if I was only able to see parts of it.
I understood its essence and the message. I enjoyed it and found it
to be entertaining as well as an expression of the human condition
and the battle each person faces, every day and every moment.
I failed to see the ideology and political thoughts that others
observed. It is a fatal weakness on my part to view the world as
an idealist without illusions and to observe the pragmatism of life
as a wonderful mosaic of colors overshadowed with vices and
virtues.
Beauty, music and ideas are personal and “in the eye of the
beholder.” Each of us sees what others cannot. This is the wonder
and magic of humanity and the charm in its diversity.
Whiplash, for me, is a journey. It is about the eternal struggle of
genius vs conformity and the freedom of self-expression vs the
tyranny of the here and now.
Any one of us could be the protagonist. The young drum player is
not obsessed with success, as some see it. He is incredibly
passionate about his art. So passionate, that he cannot see the rest
of the world as it turns around him. He is misunderstood and
appreciated only at the end, when conflict, quality and genius
come together to shine like rays from the sun.
I imagine a Leonardo, like the star of Whiplash, creating
confusion and misunderstanding as he broke and bent the rules of
the status quo to show that nothing was impossible. A young
man, who is loves his music so much, plays for himself and a
world that may not exist, except in his mind. He overcomes the
conformity of the possible by leaping into the unknown of
greatness.
For me, Whiplash is a voice that echoes in each of us to liberate
ourselves to see the world through the eyes of the nonconformist,
the prodigy and the exceptional people who change us and bring
us into a new dimension.