di Enzo Di Giovanni
Mentre scrivo arriva la notizia, già nell’aria, della vittoria di Joe Biden alle presidenziali americane: è questa la notizia d’apertura di questa epicrisi settimanale.
Lo confesso: avevo già deciso di cominciare in questo modo, o perlomeno ho sperato di poterlo fare in tempo utile per la pubblicazione, cioè entro sabato sera.
Perché un “taglio” va dato quando si scrive un pezzo, un taglio possibilmente costruttivo, e la settimana appena trascorsa di spunti creativi non è che ne abbia dati tanti.
Che sia un periodo di… lo sappiamo, non c’era da nasconderlo. Ma trovarsi nel giro di pochi giorni ad essere orfani di Gigi Proietti, ad annotare i primi casi ufficiali di Covid a Ponza – e da stasera anche a Ventotene -, finendo con l’amarissima notizia di oggi della scomparsa di una nostra cara amica… francamente è un carico di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Partiamo dagli Stati Uniti, allora, che per noi è una buona notizia.
Abbiamo sperato, con una pressoché totale convergenza di opinioni negli articoli pubblicati o ripresi dalla stampa, che ci fosse l’auspicato cambio alla Casa Bianca.
Trump rappresentava il simbolo massimo di quella miscela di sovranismo, suprematismo, complottismo e negazionismo che sta avvelenando la dialettica politica internazionale come mai prima d’ora dalla fine della seconda guerra. E sappiamo che questi “ismi” si nutrono proprio del conflitto permanente, di eroi negativi che costruiscono le proprie fortune politiche non sulla proposta, ma sull’essere perennemente in lotta contro il “nemico”, che di volta in volta può avere le sembianze del migrante, delle pari opportunità, di un diverso credo religioso, della sensibilità ambientale, di diritti acquisiti e non trattabili.
Trump ha tutti i tratti, anche mimici, di questa triste figura di “conquistatore” contemporaneo, corte dei miracoli inclusa. Tra i suoi fiancheggiatori abbiamo avuto modo di vedere in questi giorni di campagna elettorale, come schegge impazzite, personaggi come Paula White, la consigliera spirituale di Trump, predicatrice della cosiddetta “teologia della prosperità”, setta evangelica (?!) che afferma che la prosperità materiale è un segno della grazia di Dio” rovesciando in pratica il biblico adagio del cammello e della cruna dell’ago. Oppure un movimento complottista come QAnon, che teorizza un Deep State con annesso corollario di reti di pedofilia e pratiche cabalistiche ebraiche, che ovviamente ha lo scopo di imporre un dominio mondiale contro il “povero” Trump.
Per rappresentare al meglio il physique du rôle, Trump ha rotto uno schema sacro in America: non concederà gli onori al vincitore accentuando una profonda, pericolosa frattura tra due Americhe separate come mai prima d’ora.
Contributi al tema ne offrono Tano Pirrone con Lettera aperta a Emilio Iodice sulle elezioni americane in cui si analizzano le crescenti disparità nella società americana – persino nei più elementari diritti, come quello dei voto -, Franco De Luca in Come è stato possibile che dopo Obama sia potuto venire Trump? ovvero su come si sia passati dal sogno americano al sonno americano, mentre Sandro Vitiello propone un interessante articolo in cui si analizzano a fondo le dinamiche di cui stiamo parlando: Donald Trump non accetterà mai la sconfitta.
E’ un compito difficile quello di Biden e della vice Kamala Harris, prima donna ad avere questo incarico, ed è anche questo un bel segno: a loro va la nostra speranza per un futuro diverso.
Tra le politiche di casa nostra da segnalare lo spunto di Rosanna Conte Il valore aggiunto degli anziani.
Tra le pieghe dei mutamenti sociali ed economici vi è anche la perdita di collante tra gli strati sociali in genere, e tra le generazioni in particolare. La percezione che se ne ricava è che si sia spezzato il legame storico fatto di conoscenze da tramandare, e di conseguenza il riconoscere le generazioni precedenti come soggetti degni di rispetto.
E’ un mondo diviso, parcellizzato, quello che ci sta consegnando il Coronavirus. Non solo attraverso il pessimo messaggio del governatore ligure Toti che ne fa una questione di “produttività”. Una guerra tra corporazioni, in cui conta solo difendere la propria categoria di appartenenza, senza curarsi del resto. L’immagine che mi ha colpito oggi (in negativo), è quello della ragazzina seduta sui gradini di scuola, a protestare contro la Didattica a Distanza. Il diritto allo studio negato. Ma… non da anni di distruzione sistematica della scuola pubblica, bensì dalla richiesta di un periodo di studio a casa per salvaguardare un diritto ancora più basilare, quello alla salute di tutti, soprattutto di quelli “non produttivi”. A quanto pare, la Didattica a Distanza appare più diseducativa del rispetto della vita, per chi avalla questi gesti… Io lo trovo molto triste.
Come triste è l’aver perso il primato, quel famoso Covid free, marchio di cui ci siamo fregiati per mesi. Noi da qualche giorno, Ventotene ufficialmente da oggi, perché il caso precedente, quello del sindaco Santomauro, era avvenuto fuori dall’isola. Sull’argomento due pezzi: Covid-19, positivo il sindaco di Ventotene e Covid 19, il primo caso positivo a Ponza. Ai nostri amici colpiti dal virus vanno i migliori auguri per una pronta guarigione.
Nell’attualità, per fortuna di altra natura, tiene banco la questione dei beni demaniali di recente incamerati dal Comune. Dopo l’analisi di Biagio Vitiello in Storia delle alienazioni a Ponza, che auspica politiche di recupero di ampio respiro, una approfondita e precisa cronistoria la traccia Piero Vigorelli, che da ex sindaco è a conoscenza dei vari passaggi. Il quadro che ne esce in Doverosa precisazione e Fatta la legge, trovato l’inganno è agrodolce: da un lato la buona novella dell’acquisizione di beni importanti se messi a frutto per l’intera collettività, dall’altro il rimpallarsi di competenze e normative.
Una cosa però ci appare chiara. Serve un piano di valorizzazione dei beni, non solo perché lo richiede la legge, ma anche e soprattutto perché senza uno sviluppo armonico e ragionato delle nostre risorse e del territorio tutto non potremo cogliere il vero obiettivo a monte di questi atti: favorire recupero e utilizzo di spazi pubblici al fine di non disperdere la nostra storia, e contestualmente porre le basi per un futuro, anche, ma non solo, in termini di fruizione turistica.
Siamo indietro anni luce. Il museo è fermo agli intenti del sindaco Lamonica – 1986 -, le 2 cisterne recuperate dal sindaco Vigorelli sono attualmente ferme.
Stessa angolazione, stesso punto di vista esprime ancora Silverio Lamonica – Cala dell’Acqua… quale futuro? – a proposito del futuro ricco di incognite del “comparto 13”, la zona ex-Samip. E’ lo storico, irrisolto problema di Le Forna, un territorio che non ha mai goduto di una pianificazione territoriale ma è sempre stato violentato, e rischia di esserlo ulteriormente.
Gigi Proietti è stato, oltre che un’icona artistica, un ponzese d’adozione. Tra i pezzi dedicati, un bel ricordo di Silverio Lamonica, un suo autoritratto romano La Roma di Gigi Proietti, ed i pezzi commemorativi Addio a Gigi Proietti e Lutto cittadino a Ponza per i funerali di Gigi Proietti. Il quadro che ne esce, oltre agli indiscussi meriti artistici, è di una persona sì esuberante, ma discreta, mai ingombrante. Questo ce lo fa sentire più ponzese, e con qualche rimpianto in più.
Franco De Luca ci regala un quadro intimo, che ruota intorno al cimitero. Di come da ragazzi ci si debba travestire, per cercare una propria identità, salvo trovarlo poi da adulti, liberi da condizionamenti. O almeno così funziona sulle isole: 2 novembre 2020, 1964, 1952.
Di isola in isola il primo episodio del reportage di Sandro Russo sull’altra isola. Capri. Second look (1) Per chi come me non è ancora andato a Capri, l’occasione di un assaggio di belle foto, emozioni, e qualche notizia utile… ovviamente ben sapendo, anche senza dirlo per discrezione, che la nostra è più bella…
Curioso e godibile poi l’aneddoto su Uto Ughi a Ponza riportato dallo stesso Franco.
Non un aneddoto, ma una vera e propria epopea familiare e sociale Il pescatore e i milionari, la nuova fatica di Emilio Iodice, che potete gustarvi come condensato, o nella versione integrale.
Storie di emigrazione (1) e (2), quella che ci suggerisce Nazzareno Tomassini in quel di Francia, invece, non riguarda ponzesi, ma il tratto è simile.
Quando, ormai più di dieci anni fa, venne a Ponza una delegazione di “ponzo-galitesi” residenti in Francia, ricordo lo sconcerto provocato – eravamo a luglio – dal passaggio, mentre eravamo seduti al bar, di sciami di ragazze in costume da bagno e pareo. Con lo sguardo perso nel vuoto, qualcuno bofonchiò: ”Ma mia madre mica me lo aveva detto che Ponza era così… sarei venuto molto a prima a visitarla!”
Battuta che fa il paio, più o meno, col ricordo di canzoni non più attuali come quelle citate: “Marina”, “Azzurro”, “Tu vuò fa l’americano”… perché è il migrante ha sempre un ricordo cristallizzato del proprio paese d’origine, e come tale lo trasmette.
E a proposito di migrazioni, abbiamo dato questa settimana il bentornato, e un sentito ringraziamento per l’opera svolta, alla Motovedetta CP 308, di ritorno dalla missione nelle acque del Canale di Sicilia, dove in una cinquantina di missioni ha soccorso 1200 migranti.
… C’è chi parte, e chi arriva: Fiocco azzurro e fiocco rosa! Salutiamo, con gli auguri della Redazione tutta, la nascita di Valerio Mazzella e Isabel Spigno.
E aggiungiamo le felicitazioni per la Laurea di Silverio D’Atri.
Altri mari, i nostri, hanno solcato le motonavi di servizio a Ponza e Ventotene. Arriva ‘u vapore! (ovvero “il Postale”) è stato per intere generazioni l’avviso che il momento clou delle lente giornate invernali era arrivato: ovvero il momento magico in cui due mondi si sfioravano. L’isola e la terraferma. Mi ha colpito, nella bella ricostruzione storica di Tonino Impagliazzo, la chiosa finale, in cui l’autore, a proposito di quel momento, oggi depotenziato perché nel villaggio globale le distanze si annullano e si sovrappongono, arriva a dire: “Mancano il desiderio di vivere all’interno della propria realtà insulare e l’impegno per il miglioramento dei servizi di cui c’è bisogno, quasi si temesse di salire la scala della rinascita sociale, culturale ed economica puntando sul senso di appartenenza alla propria terra”.
Sandro Vitiello ci dice che Oggi è il 4 novembre e io non ho niente da festeggiare. E condividiamo. Le guerre lasciano dietro di sé lutti e miserie. Figuriamoci la grande guerra, combattuta dai poveri, e solo dai poveri, senza un perché. L’unico perché era arrivare vivi a sera, sapendo che si poteva essere uccisi dal “nemico” o dal fuoco “amico” per scarso impegno, indifferentemente.
Infine la scrittura lucida e delicata di Rosanna Conte per una di quelle notizie che non si vorrebbero mai sentire, e a cui non aggiungo altro perché non potrei dire di meglio.
Ciao Amelia, ovunque tu sia.