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Terramarina, di Tea Ranno

Segnalato da Sandro Russo
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Amicizia è quando il successo di un amico/amica diventa immediatamente anche il tuo. Oggi la giornata è cominciata bene, con Tano che ha fatto girare nel whatsapp di Gruppo una schermata da Robinson (l’allegato culturale del sabato, di Repubblica) con la notizia che il più recente libro di Tea, appena uscito, è già un classifica.
Detto fatto. Recuperata una scheda del libro (che ancora non abbiamo letto) dal sito della Mondadori, e chiesto a Tea di scriverci qualcosa: una specie di dedica per i lettori di Ponzaracconta
S. R.

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Sinossi del libro, dal sito librimondadori.it

“È la sera della vigilia di Natale e Agata, che in paese tutti chiamano la Tabbacchera, guarda il suo borgo dall’alto: è un pugno di case arroccate sul mare che lei da qualche tempo s’è presa il compito di guidare, sovvertendo piano piano il sistema di connivenze che l’ha governato per decenni e inventandosi una piccola rivoluzione a colpi di poesia e legalità.

Ma stasera sul cuore della sindaca è scesa una coltre nera di tristezza e “Lassitimi sula!” ha risposto agli inviti calorosi di quella cricca di amici che è ormai diventata la sua famiglia: è il suo quarto Natale senza il marito Costanzo, che oggi le manca più che mai. E, anche se fatica ad ammetterlo, non è il solo a mancarle: c’è infatti un certo maresciallo di Torino che, da quando ha lasciato la Sicilia, si è fatto largo tra i suoi pensieri.

A irrompere nella vigilia solitaria di Agata è Don Bruno, il parroco del paese, con un fagotto inzaccherato tra le braccia: è una creatura che avrà sì e no qualche ora, che ha trovato abbandonata al freddo, a un angolo di strada. Sola, livida e affamata, ma urlante e viva.

Dall’istante in cui Luce – come verrà battezzata dal gruppo di amici che subito si stringe attorno alla bimba, chi per visitarla, chi per allattarla, vestirla, ninnarla – entra in casa Tabbacchera, il dolore di Agata si cambia in gioia e il Natale di Toni e Violante, del dottor Grimaldi, di Sarino, di Lisabetta e di tutta quella stramba e generosa famiglia si trasforma in una giostra. Di risate, lacrime, amurusanze, tavole imbandite, ritorni, partenze e sorprese, ma anche di paure e dubbi: chi è la donna che è stata capace di abbandonare ai cani il sangue del suo sangue? Starà bene o le sarà successo qualcosa? Cosa fare di quella picciridda che ha già conquistato i cuori di almeno sette madri e cinque padri?

Tea Ranno torna a percorrere i territori fiabeschi e solari dell’Amurusanza con il suo stile che fonde dialetto siculo e poesia e si lascia contaminare dal realismo magico sudamericano. Il risultato è una narrazione corale ipnotica, un moderno presepe fatto di personaggi vitali e incandescenti, una generosa parabola di accoglienza e solidarietà”.

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Ci ha appena scritto Tea (dedicato):

Terramarina è il posto indefinito che sta tra il mare e la terra, quel confine labile che avanza o si ritira a seconda del vento, delle maree, della volontà della costa di allungarsi nell’acqua che la lambisce. È, dunque, luogo d’indeterminatezza e incanto, terra di fiaba, ma anche il porto a cui si giunge – come nella Itaca di Kavafis – carichi d’anni e di esperienze, di vita nel frattempo vissuta, di desideri (realizzati o no), di dolori patiti, di scommesse perse o vinte, di ricordi riparati, di amori.

È una meta di speranza, la Sirena che chiama al viaggio, o che permette di portarlo a compimento, come nel caso di Lori, una delle protagoniste del romanzo, che camminerà per nove mesi – il tempo necessario per portare a maturazione, dentro di sé, sua figlia – nelle condizioni più disperate, e quando finalmente giungerà in terra Tabbacchera, quando verrà accolta da quella cricca d’amici che ha la pretesa di cambiare il mondo a colpi d’amurusanza, oltre che di poesia, capirà di essere arrivata a casa: una casa d’anima, di sentimento, in cui chi la abita è come lo strumento d’un’orchestra che suona quella difficile e rara sinfonia che si chiama felicità.

Terramarina è una fiaba di Natale, è festa d’amore e di bellezza, incanto di neve in una Sicilia sempre solare ma, soprattutto è un invito all’accoglienza, alla vita, come la signora col taccuino non si stanca di ripetere.

“(…) Violante veste la bambina: tutta di celeste ’sta figghia che spande luce, così come luce spande la casa della Tabbacchera, che fino a un’ora fa era pozzo d’ombra e ora sfavilla come un faro che si vede fin da laggiù, fino dal mare, a far capire che porto siamo, signori miei, porto che si fa madre, che accoglie e non rigetta, che apre e non si chiude, che abbraccia e sfama a dispetto dei canazzi che ringhiano di chiusure e di cesure e di leggi a sfratto, intanto che la vita se la gioca con la morte – e perde – in mezzo a un mare assassino”.

Ognuno di noi ha la sua Terramarina: lì è, laggiù, che invita, che chiama, che esorta ad andare avanti con forza anche quando i tempi sono neri, scuri scurissimi.
È faro che splende pure in mezzo alle tempeste. Bisogna soltanto non perderla di vista.

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Appendice del 14 novembre 2020 (Cfr. Commento di Tano Pirrone)

Robinson 14.11.2020. Sicilia e poesia la favola bella [4]