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Case grotta. Un po’ di storia non guasta

di Alessandro Balzano
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riceviamo in Redazione e pubblichiamo
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Penso che vada fatta una precisazione riguardo le grotte, case grotta e depositi in cantine grotta a Ponza.
C’è chi le vede come un oltraggio alla natura, c’é chi le vede come una speculazione e c’è addirittura chi le vede come un abuso edilizio; in realtà non sono nessuna delle tre ipotesi e vado a spiegare il perché.
I rifugi in grotta, quelle che adesso vediamo come buchi nella roccia, quelle che vediamo abbandonate in campagna, quelle che vediamo attualmente annesse alle attività commerciali e quelle che sono attualmente abitate, hanno una storia e come tale vanno rispettate.
Sia le grotte che i proprietari.
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Quante volte abbiamo sentito dire a qualcuno “chella era ‘na ‘rotta fràcede e mo’ cia’ fatt chell’…”.
Le grotte hanno un titolare e, come dicevo sopra, hanno una storia da rispettare.
Quelle che noi chiamiamo “‘i rotte”  furono la prima forma di insediamento, tant’è che il catasto le ha individuate nella voce A11, come abitazione e alloggio tipico del luogo.
Tant’è che avevano una doppia destinazione d’uso.
E non ci sarà alcuno status o regolamento che possa cancellare tale storia.
[2]
Questa voce del catasto riconosce allo stesso modo i sassi di Matera, i rifugi di montagna delle Alpi, i dammusi in Sicilia e i trulli di Alberobello di cui, a loro volta, le regioni a cui appartengono riconoscono sia i meriti che i pregi a quanti le curano e ne fanno la manutenzione.
C’è da dire che, a loro volta, in queste strutture si realizzano, mediante ristrutturazioni, anche attività extra alberghiere; iniziative queste che nella regione Lazio non vengono né riconosciute né  premiate.
A questo punto mi chiedo: perché?
Preciso che non ne faccio una questione politica, ma di principio.