- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

Dal passato…

di Francesco De Luca

[1]

.

Il luogo della macellazione degli animali era ubicato in un locale sotto il primo tunnel (attualmente c’è una friggitoria).
I bovini venivano macellati dal negoziante di carne: ‘u ianchiere.
Al Porto, padrone di una macelleria era Antonio Guarino. A lui si rivolgeva Morrone Vincenzo per l’acquisto di un barattolo di sangue. Mandava la figlia, la piccola Rita, al macello a prendere il sangue. Sua moglie lo cucinava con le cipolle. Il sangue con la fiamma si rapprende. Tagliato a bocconcini saziava per quel giorno la tavola.

L’acquisto era possibile il martedì e il giovedì, e la bimba vi andava il martedì. Ma in quella settimana fu mandata a prendere il sangue anche giovedì, quando non era il suo turno. Il macellaio ricordava la lista degli acquirenti. Quando vide la piccola si innervosì. E quando si innervosiva gli si presentava la balbuzie.

La piccola non è che fosse contenta dell’incarico che svolgeva perché l’ambiente era sporco e puzzava, ma l’obbedienza ai genitori non era in discussione. Insomma ‘u ianchiere, incollerito, si mosse sgraziatamente e fece cadere tutti i barattoli già col sangue dentro.
La tensione sbollì e la piccola poté ritornare a casa con la sua razione di sangue.
Morrone non pagò il prezzo normale, 120 lire, lo pagò il doppio.

Cosa ha di ragguardevole questo episodio? Così come l’ho scritto, nulla… ma si insaporisce se inserito nel contesto. Anzitutto immaginate che la banchina Nuova non esisteva. Il mare lambiva gli scogli su cui erano state innalzate le case. Quelle all’interno della Kambusa, della Pergola, della Scogliera. E le scalette, quelle irte e strette che ci sono, portavano direttamente al mare. Dove si facevano defluire le acque sporche del macello.
Guarino aveva la macelleria dove ora opera il negozio degli Aprea. Ianchiere lui e ianchiere pure il figlio.
Morrone abitava sulla Dragonara e faceva il muratore con la passione per la tinteggiatura. Portamento elegante, con un garofano all’ occhiello della giacca.
Ponza viveva di pesca, di imbarco e di emigrazione. Viveva è l’espressione adatta perché c’era tanta voglia di lavorare e poca disponibilità economica. La vita si guadagnava ogni santo giorno con fatica e impegno.
Una vita parca.
Il racconto mi è stato narrato da quella bambina, oggi in età. E se me lo ha ricordato è perché le persone implicate stanno piantate nel suo cuore e il suo cuore è pieno di partecipazione per la vita del paese. Non solo, ma me lo ha raccontato nel luogo dove i ricordi si evocano con maggiore dovizia e piacere: il Cimitero.
Lì dove la memoria viene posta in uno spazio proprio e, talvolta, riesumata. In un tempo preciso dell’anno: quando i defunti sono oggetto di pietà umana e di culto.