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Giancos non è Filippi

di Francesco De Luca
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Giancos non è Filippi, la questione che interessa il futuro della spiaggia di Giancos non è l’occasione per vedere alla ribalta finalmente la natura di questa Amministrazione.
Chi pone la questione in questi termini a me appare come il cane frustrato, quello lasciato fuori al portone del banchetto, quello che latra per dispetto.

Questa Amministrazione è nata con un preciso intento. La gestione del potere ha evidenziato non la condivisione bensì l’ambizione. È naturale, è umano. Non ne ho condiviso lo spirito né lo giustifico ma è nella natura delle relazioni umane che si distinguano i caratteri e le mire.
L’altra amministrazione aveva un disegno nascosto e impellente, estraneo agli intenti dei Ponzesi. Oggi, sulla questione di Giancos ha mostrato una posizione apprezzabile, che andava condivisa subito. Ma farne la bandiera della vittoria delle sue battaglie è improprio perché chi ci guadagna con la restituzione della spiaggia alla balneazione libera è la popolazione di Ponza. Tutta, senza distinzioni di partigianeria.

Ora, quello che non sopporta la parte avversa è l’unione. Più gli isolani sono uniti, più le forze contrarie vedono evidenziata la loro estraneità all’isola. Più i Ponzesi sono avvinti da condivisione, più le forze contrarie avvertono la lontananza dalla comunità isolana.
La comunità isolana… è una espressione che sottintende e comprende divisioni, contrasti, lotte e interessi. Quale movente potrebbe appianare le asperità interne? L’esempio più evidente che la storia isolana presenta è la vittoria. Più si è uniti e più si vince. Più ci si incontra e più si è forti. Nei confronti di chi? Nei confronti di quel principio che sottende ogni incarico pubblico: il bene comune.
È la stella polare di ogni navigazione politica, è il guadagno cui deve tendere ogni impresa politica.
Nel bene comune non vince nessuno perché alla lotta si è preferito la comprensione, al tornaconto si è preferito il benessere di chi ci è intorno.

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NdRFilippi, città della Macedonia non distante dal mar Egeo fu teatro, nell’ottobre del 42 a.C., della famosa battaglia di Filippi, decisiva tra le truppe di Ottaviano e Antonio contro quelle degli uccisori di Giulio Cesare, Bruto e Cassio, che furono sconfitti
L’espressione popolare
“Ci rivedremo a Filippi” è usata per indicare un presagio di avverso destino e che prima o poi si arriverà alla resa dei conti. Deriva dalle Vite parallele di Plutarco (Vita di Bruto, 36), successivamente ripresa letterariamente nel IV atto del Giulio Cesare di William Shakespeare laddove il fantasma di Giulio Cesare apparso a Bruto si rivolge con quelle parole, presagio della futura sconfitta, alle quali Bruto risponde: “Ci rivedremo” (fonte: Wikipedia).