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È morto Quino, l’inventore di Mafalda

segnalato da Sandro Russo

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Non abbiamo perso Mafalda, ma ‘solo’ Joaquín Salvador Lavado Tejón (1932 – 30 settembre 2020), il suo creatore, il fumettista argentino più noto come Quino.

In realtà Mafalda ci aveva lasciato nel 1973, quando Quino smise di disegnarla (era nata dalla sua penna nel 1963, quindi è vissuta dieci anni esatti), ma in un certo senso non ci ha lasciato mai, tanto è dentro di noi la sua infaticabile determinazione ad opporsi… alle ingiustizie, alla deriva del mondo… anche alla minestra che non le piace.


Per la scomparsa di Quino ho scelto una bella pagina da la Repubblica in link – che include un bell’articolo di Lara Crinò e un paio di video, oltre ad un breve ricordo di Concita De Gregorio, riportato in chiaro qui sotto

Mafalda, la bambina che fece la rivoluzione
di Concita De Gregorio
Quando si parla di modelli etici, di femminismo, di rispetto di libertà e di autodeterminazione: ecco, sono più di cinquant’anni che Mafalda ci indica la rotta

“Maledetti burocrati”, urla ai professori. E alla madre che le dice “se non mangi la minestra non avrai il dolce” strilla: “Sarei ipocrita se venissi meno ai miei principi per un bieco ricatto”.
Vado a memoria, magari le parole non sono esattamente queste ma Mafalda è così: una bambina che parla e dunque pensa come una ventenne veemente e incazzatissima, succedeva quando i ventenni avevano un lessico di almeno cinquemila parole e c’erano le dittature e cui ribellarsi – plastiche, indiscutibili – per cui non si poteva essere altro che questo: all’opposizione dei signori del regime, fossero anche solo la maestra, o il custode. Una bambina degli anni Sessanta, eppure non è invecchiata mai. Nemmeno di una stilla, ha perso vigore. Parlava solo in spagnolo, al principio, prima di essere tradotta nel mondo. Lui, Quino, veniva da Malaga ed era cresciuto in Argentina.
Perciò in quegli anni fummo davvero privilegiati, noi bambini cresciuti a quelle latitudini. Noi bambine, soprattutto. Perché fra avere Pinocchio, come esempio – la sempiterna colpa, le bugie e le conseguenze tragiche della “cattiva condotta” – o l’americana Pollyanna – l’ottimismo idiota, per capire i paesi non c’è niente come rileggere da adulti le favole – e avere Mafalda: c’è differenza. Gli svedesi – le svedesi – avevano Pippi Calzelunghe, orfana di madre, il padre pirata, libera di scegliere di sé.
Noi da piccole abbiamo avuto Mafalda, e ce la siamo portate nella vita. Il mondo intero, poi, l’ha avuta. Oggi che si parla tanto di modelli estetici: aveva una sua bellezza – diciamo così – irregolare. E quando si parla di modelli etici, di femminismo di rispetto di libertà e di autodeterminazione: ecco, sono più di cinquant’anni che Mafalda e Felipe (un applauso per Felipe) ci indicano la rotta. Con grandissima ironia, con la rabbia della ragione che non perde mai la leggerezza.
Fatevi un favore, stamani. Regalate un libro di Mafalda ai vostri figli, e leggetelo anche voi.

[Da la Repubblica del 30 Settembre 2020]


Quindi poche righe di Gabriel Garcia Marquez:

“Quino, in ogni suo libro, da anni ci sta dimostrando che i bambini sono depositari della saggezza. Quello che è triste per il mondo è che man mano che crescono perdono l’uso della ragione, a scuola dimenticano quello che sapevano alla nascita, si puliscono i denti, si tagliano le unghie e alla fine, diventati adulti miserevoli, non affogano in un bicchiere d’acqua ma in un piatto di minestra.
Verificare questo in ogni suo libro è la cosa che assomiglia di più alla felicità: la Quinoterapia”
(Gabriel Garcia Marquez, 1992)

E infine la preziosa prefazione di Umberto Eco al primo libro di Mafalda pubblicato in Europa.
“Nel 1969 Umberto Eco, che allora dirigeva per la Bompiani la collana Amletica leggera, fa acquistare all’editore i diritti di Mafalda e ne pubblica il primo libro “Mafalda la contestataria” per il quale scrive una presentazione dal titolo “Mafalda o del rifiuto”.

«Mafalda non è soltanto un nuovo personaggio del fumetto: è forse il personaggio degli anni settanta. Se si è usato per definirlo, l’aggettivo di “Contestataria”, non è per uniformarsi alla moda dell’anticonformismo a tutti i costi: Mafalda è veramente una eroina “arrabbiata” che rifiuta il mondo così com’è.
Per capire Mafalda è necessario stabilire un parallelo con l’altro grande personaggio alla cui influenza essa evidentemente non si sottrae: Charlie Brown. Charlie Brown è nordamericano, Mafalda è sudamericana (il suo autore, Quino è argentino, e il personaggio appare da tempo sulla stampa argentina).
Charlie Brown appartiene a un paese prospero, a una società opulenta in cui cerca disperatamente di integrarsi mendicando solidarietà e felicità; Mafalda appartiene a un paese denso di contrasti sociali, che tuttavia non chiederebbe di meglio che integrarla e renderla felice, salvo che Mafalda si rifiuta, respingendo ogni avance. Charlie Brown vive in un suo universo infantile dal quale, rigorosamente, gli adulti sono esclusi (salvo che i bambini aspirano a comportarsi come adulti); Mafalda vive in una continua dialettica col mondo adulto, che non stima, non rispetta, avversa, umilia e respinge, rivendicando il suo diritto a rimanere una bambina che non vuole gestire un universo adulterato dai genitori. Charlie Brown ha letto evidentemente i revisionisti freudiani e va alla ricerca di un’armonia perduta; Mafalda ha letto probabilmente il “Che”.
In verità Mafalda ha le idee confuse in fatto di politica, non riesce a capire che cosa succeda nel Vietnam, non sa perché esistano i poveri, diffida dello stato, ma è preoccupata per la presenza dei cinesi. Una sola cosa sa con chiarezza: non è contenta.

Intorno a lei, una piccola corte di personaggi molto più “unidimensionali”: Manolito, chierichetto integrato di un capitalismo di quartiere, che sa con certezza che il valore primario, al mondo, è il denaro; Felipe, sognatore tranquillo; Susanita, beatamente ammalata di mammismo, torpida dei suoi sogni piccolo-borghesi. E poi i genitori di Mafalda, che già farebbero fatica ad accettare la routine quotidiana (ricorrendo al palliativo farmaceutico del Nervocalm), sopraffatti per soprammercato dal tremendo destino che li ha voluti custodi della Contestataria…..

L’universo di Mafalda non è solo quello di un’America Latina nelle sue zone metropolitane ed evolute; ma è in generale un universo latino, per molti aspetti, e questo fa sì che Mafalda ci appaia più comprensibile di tanti personaggi del fumetto statunitense; infine, Mafalda è in ogni caso un “eroe del nostro tempo”, e non sembri questa una qualifica esagerata per il piccolo personaggio di carta e fumo che Quino ci propone.
Nessuno ormai nega che il fumetto sia (quando raggiunge alti livelli di qualità) una spia del costume: e in Mafalda si riflettono le tendenze di una gioventù irrequieta, che qui assumono l’aspetto paradossale di un dissenso infantile, di un eczema psicologico da reazione ai mass media, di un’orticaria morale da logica dei blocchi, di un’asma intellettuale da fungo atomico.
Siccome i nostri figli si avviano a diventare – per nostra scelta – tante Mafalde, non sarà allora imprudente trattare Mafalda col rispetto che merita un personaggio reale.»


Nota dell’Autore

I lettori di Ponzaracconta sono adusi alle vignette di Mafalda; le abbiamo molto impiegate sul sito, specialmente per illustrare le epicrisi della più Mafalda di tutti noi… leggi qui e qui… ma anche di altri epigoni (qui e qui).

***

11 ottobre 2020
Vignetta allegata al commento di Patrizia Maccotta (cfr.)

1 Comment

1 Comment

  1. Patrizia Maccotta

    11 Ottobre 2020 at 23:25

    Letto ora Mafalda.
    Mi viene in mente…
    – “Mafalda, non aprire la porta a nessuno. Proprio a nessuno”.
    – “E se fosse… la felicità?”

    Già. Se fosse la felicità?
    Buona serata

    N.B. La vignetta annessa all’articolo di base a cura della Redazione

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