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29 settembredi Francesco De Luca . 29 settembre, fine estate. Quest’anno poi i temporali con acquazzoni hanno dato il segnale inequivocabile: è autunno. Le parole mi lasciano perplesso… non sono io dunque in ballo ma i Ponzesi e… allora la cosa cambia aspetto. Sto per portare la cartella a me e l’uomo, quel tale insomma, mi saluta e va via, lasciandomi come un citrullo fuori al bar Tripoli. Mi sento un citrullo, e guardato dai presenti. Vorrei chiamarlo, andargli dietro ma mi sento osservato da tutti per cui abbasso la testa, giro e mi incammino verso il Monumento. Non lasciarmi “Non lasciarmi, ché mi manca il respiro…” mi diceva abbracciandomi. Io la strinsi con dolcezza e trasporto, ed ebbi la sensazione di divenire una cosa sola con lei. Un solo corpo, una sola emozione. Complici, in quell’atto che concludeva un’ansia interna, una tensione totale, intima e tattile, spirituale e carnale. La giovinezza dava alla figura rotondità e agilità, armonia ai gesti. Mi avvicinai e mi scorse. Andai verso gli scogli della riva. Mi seguì. C’era un grosso masso di basalto nero che s’era appoggiato su altri due a mare. Caduti dalla falesia alta, a strapiombo, da chi sa quanti anni. Avevano formato un piccolo cunicolo. Lì, al riparo del grande sasso, mi tolsi la maschera e guardavo il tutto con occhi di meraviglia. Anch’ella si tolse la maschera e guardò me. Gli sguardi si incrociarono e mi si avvicinò. “Non lasciarmi mai, ché mi manca il respiro” – mi disse. Lei, vent’anni di esuberanza, corpo asciutto, occhi selvatici, capelli neri. Generosa. Penso che questa sua innata qualità sia stato il movente primo che l’attrasse verso di me. Ero bisognoso di affetto. Lo davano ad intendere, seppure in modo velato, la mia timidezza, l’attenzione che ponevo nei gesti. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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