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Rosa Visentin, cent’anni… ma non li dimostra

di Riccardo Visentin

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Il testo che vi proponiamo è stato scritto da Riccardo Visentin, nipote affezionatissimo della signora Rosa Visentin, la quale vive a Borgo Podgora (Latina), e proprio oggi compie cento anni.
Zia Rosa non ha nulla a che vedere con Ponza: magari non la conosce e neanche l’ha mai sentita nominare, ma le vicissitudini sue e della sua famiglia ci offrono l’occasione di conoscere da vicino uno spaccato di Storia recente del nostro territorio, seppure in terraferma. Si tratta delle vicende vissute da tante persone emigrate durante il ventennio dal Nord Italia in Agro Pontino, e nel caso particolare dal Veneto, e ci fa piacere l’idea di condividerle con i nostri lettori.

Cogliamo l’occasione per formulare a zia Rosa da parte della Redazione di Ponzaracconta gli auguri più belli e affettuosi per lo straordinario traguardo dei cento anni così felicemente raggiunto (Luisa Guarino).

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Rosa Visentin

Appena entri dalla porta, è lì, che ti guarda, seduta sulla sua sedia, come se ti aspettasse da sempre, con un viso sereno e sorridente, acceso da due occhi celesti, vigili e sinceri. Uno scialle di lana lavorato ai ferri le ammanta le spalle, un berretto di lana le copre il capo e l’immancabile corona del rosario tra le mani le fa bisbigliare qualcosa, sicuramente una preghiera. Ti scruta e cerca di riconoscerti: aspetta che tu possa avvicinarti e, appena aggancia il tuo volto e la tua voce, emette un’esclamazione di compiacimento. Il suo viso, bianco e roseo, esprime gioia e contentezza, la sua pelle è liscia da far invidia, il suo sguardo attento e trasparente racconta di serenità e di presenza, di grandi sacrifici e incrollabile fede. Il televisore acceso, a volume sostenuto è sintonizzato costantemente su canali da dove trasmettono la santa messa, da Roma o da Lourdes.

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Le sorelle Albina, Rosa e Zita Visentin

E’ nata il 28 settembre 1920 Rosa Visentin, che proprio oggi compie cento anni, da papà Riccardo e Maria Rossi. La sua casa natale è a Paese, un modesto comune in provincia di Treviso. Rosa è la primogenita di otto figli, quattro maschi e quattro femmine. Arriveranno poi Pietro (1922), Angela (1923), Zita (1925), Giovanni (1926), Albina (1928), Antonio (1930), Silvino-Albino (1931). Insieme ai suoi fratelli aiuta i genitori nel lavoro dei campi, alcuni ettari adibiti alla coltivazione di granoturco, patate americane e erba medica per le mucche. Riesce comunque a frequentare la quarta elementare, e a papà Riccardo, in qualità di ex combattente della grande guerra, viene proposta l’assegnazione di un podere in Agro Pontino, territorio appena bonificato.
E’ il 22 ottobre del ’33 quando finalmente arriva l’ordine di partire dal Veneto e, caricati sul treno alcuni mobili e attrezzi da cucina, dopo un lungo viaggio ininterrotto, senza fermate, scendono alla stazione di Latina Scalo, da dove col camion vengono portati al podere di destinazione, identificato con Onc n° 587 in via Santa Croce, a Borgo Podgora (Latina).

E’ una casa colonica nuova fiammante, appena costruita, e a colpo d’occhio l’impressione è positiva, anche se il paesaggio è desolante: pochi edifici disseminati nella campagna appena arata, priva di alberi. In casa, ad accoglierli, due sacchi di grano, uno per fare il pane e l’altro per la polenta. E’ una giornata calda e tutti si riversano sui campi a raccogliere un po’ di legna per poter alimentare il fuoco in cucina. Dopo otto giorni di piogge abbondanti è il momento di sistemare il terreno per poter seminare grano, granoturco e fave.
La sfida inizia, la vita nel podere è molto dura e controllata, tutti i coloni e le loro rispettive famiglie sono sui campi intenti a lavorare, e il loro operato è controllato dal fattore che giunge a cavallo o in bicicletta, pronto a segnalare ed eventualmente a sanzionare situazioni poco proficue per l’Onc, l’Opera nazionale combattenti.
La famiglia viene poi destinata ad un altro podere un po’ più grande e con la terra più fertile, il n°562, su strada Podgora.

La messa domenicale è l’unico momento d’incontro delle nuove famiglie, che iniziano a conoscersi e a stringere amicizie, cercando di alleviare il disagio, l’isolamento. E’ lì che Rosa incontra un bel giovanotto alto, dagli occhi verdi, originario di Fontanelle di Oderzo, Giuseppe Toldo, da tutti conosciuto come Bepi, sacrista della chiesetta.
Dopo 4 anni di fidanzamento, decidono di sposarsi il 23 dicembre 1940, perché Bepi deve partire per la guerra. Si, quando la vita in Agro Pontino cominciava ad essere meno pesante e più strutturata, arriva la catastrofe, la tragedia. Il fronte tedesco-americano si attesta proprio a ridosso del borgo e tutte le famiglie sono costrette a sfollare. Al loro ritorno, trovano tutte le case coloniche distrutte e bisognose di ricostruzione.

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Rosetta e Bepi Toldo

Bisogna ricominciare, bisogna sacrificarsi ancora, alacremente, per riportare i campi alla produzione e far proseguire la vita. Bepi dal fronte torna una sola volta, per una licenza, e rimarrà via da casa per 5 lunghi anni. Al suo ritorno definitivo, dopo essere stato in Albania, Grecia, Montenegro, Yugoslavia, Ungheria, Cecoslovacchia, prigioniero in Germania, incontra per la prima volta Giuliana che è la primogenita, (1942) che ha 3 anni, seguiranno poi Antonio (1946), Angelo (1948), Giancarlo (1950), Luigi (1952), Gabriele (1954), Giovanna(1956), Raffaella (1958), Aldo (1960), Maria Pia (1965).
Rosetta e la zia Angela Biasi, per ringraziare Dio di aver riportato a casa dalla guerra rispettivamente il marito e il figlio Guido, decidono di recarsi al santuario del Divino Amore a Roma, percorrendo a piedi i 50 km di ferrovia, impiegando complessivamente tre giorni, nutrendosi solamente di pane e acqua.

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Rosa con tutti i dieci figli

Dieci figli, duro lavoro e patimenti logoranti non hanno mai tolto il sorriso e la serenità a questa donna incredibile, di fede incrollabile, così attenta e presente, consapevole che ogni cosa non avviene per caso, speranzosa e contenta di affidarsi alla volontà del Signore, alla sua provvidenza. A lei che incarna la storia di questa comunità pontina, la nostra riconoscenza, il nostro grazie per una testimonianza così forte e viva. Buon compleanno, zia Rosa, e cento volte cento… di questi giorni.

 

A integrazione dell’articolo pubblicato il 28 settembre

Dal signor Riccardo Visentin una poesia in dialetto trevisano dedicata alla zia, e tre foto di alcuni dei momenti più belli della festa

A zia Rosetta
(in dialetto trevisano)

Do oci bisi,
che i ride
su un musèto cèo,
chel sbusa fora
da un fasoeto nero,
co ‘na pee lissa,
da far invidia a na zovane.
Na femeneta picoa, bassa,
curva e chieta,
sgionfa de fede e de amor,
de speransa e de passion.
In man i grani del rosario:
i so amighi pì stretti
passai e ripassai
zento volte al dì,
da matina a sera
e da sera a matina,
fin a frugar i dèi.
Television che
canta messa tuto el dì,
radio che parla de Maria,
orazion resitae
in gran quantità.
A gà un pensier par tuti:
la te domanda de chi sta mal
de chi non vede
e de chi xe lontan.
Cunici e gaine
anare e oche
a so passiòn,
come fioi da rincurar.
Un siae de lana
sua schiena
el conta pì de tante paroe.
Diese fioi
come i grani de un mister
i xe vegnui al mondo
come na benedision,
sani come pessi,
tuti sistemai.
Un voto al Divino Amor
te portò, a piè, da Sesano,
drio i binari de fero,
par ringrassiar el Signor
del Bepi tornà salvo dala guera.
Non posso far demanco
che ringrassiar, sta femeneta cèa
granda de cuor,
co na vose deicata
che te smonta el cativo pensier.
Diese fioi
come i grani de un mister
i xe vegnui al mondo
come na benedision,
sani come pessi,
tuti sistemai.
Un voto al Divino Amor
te portò, a piè, da Sesano,
drio i binari de fero,
par ringrassiar el Signor
del Bepi tornà salvo dala guera.
Non posso far demanco
che ringrassiar, sta femeneta cèa
granda de cuor,
co na vose deicata
che te smonta el cativo pensier.

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La signora Rosa con la torta dei 100 anni 

[6]
La signora Rosa con il sindaco di Latina Damiano Coletta

[7]

Rosa alla festa dei 100 anni con i figli e il sindaco Coletta