Alongi Riccardo

’A munnezz’, chella grossa

di Riccardo Alongi

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Mentre passeggiavo con mio figlio Seldon (cane), mi son soffermato davanti ai bidoni della spazzatura ad ammirare tre magnifici esemplari di Frigorifero, due in piedi e uno comodamente sdraiato.

Mi è tornata in mente La grande Poubelle. Che meraviglia la lingua francese, dà sempre quel tocco di poesia a ogni cosa, anche alla più banale. “La grande Poubelle”. Sentite come suona bene? Potrebbe essere il titolo di un’opera lirica o di un film di Sorrentino che racconta la solitudine di un giardiniere di una famiglia Gauche caviar decaduta. No. Niente di tutto questo. La Grande Poubelle altro non è che ‘A munnezz’.
‘A munnezz’ chella grossa. Insomma quelli che innocentemente chiamiamo “gli ingombranti”.

Un giorno di qualche anno fa, quando abitavo a Parigi, mia moglie mi disse: “Vieni amore, facciamo un giro per il quartiere che oggi è il giorno della Grande Poubelle”. Io, che vengo dal profondo sud, mi aspettavo una delle mille rassegne culturali su un qualche movimento culturale post-sessantottino di Brest. No. Niente di tutto questo. Era semplicemente il giorno del ritiro degli ingombranti.

Lìi funziona che ogni quartiere ha il suo giorno per il ritiro degli ingombranti. Ognuno tira fuori ‘a munnezz chella grossa e la mette proprio fuori la sua porta. Il risultato è tipo un mercatino dell’usato diffuso su tutte le strade del quartiere.

“Amore ma dobbiamo fare i ‘mmunnezzari? Ci vedono i vicini? Cosa dirà la gente di noi?”
“Non ti preoccupare, mica siamo a Palermo… qui si usa”.
Iniziamo a girare. Con fare circospetto piano piano ci avviciniamo a una poltrona che non sembra messa malissimo.
“Che fa, la prendiamo?”
“Certo! È quasi nuova”.

Dovete sapere che appena arrivati a Parigi, la nostra casa contava di un divano letto, un tavolo sgangherato un pianoforte e una catasta di libri, dispense e fogli volanti. Niente di più. Siamo diventati dei ‘mmunnezzari sia perché non avevamo una lira sia perché ci è sempre piaciuto riutilizzare e rimettere a nuovo le cose vecchie. Nel giro di tre anni, in questo modo, abbiamo arredato una casa di tutto punto. Con una vecchia Singer e la porta a vetri di un frigo da bar abbiamo fatto un tavolo, l’anta specchiata di un vecchio armadio è diventato il nostro specchio, la poltrona aveva solo un piede rotto e poi librerie, libri, vinili e tante altre cose.

Sì, lo so. Un po’ naïf.

La cosa interessante è guardare l’intero processo di questa Grande Poubelle: Gli abitanti del quartiere mettono per strada le cose vecchie, chi come noi è un po’ ’mmunnezzaro, prende quello che gli serve. Nelle prime ore della notte passavano i rigattieri interessati soprattutto alle componenti ferrose o simili. Alla fine, quando passava il camion del ritiro ingombranti, restava ben poco.

Un guadagno per tutti: Un sistema di mutuo soccorso comunitario, un introito per i rigattieri e i lavoratori della filiera del riciclo, una diminuzione dei costi per l’azienda dello smaltimento dei rifiuti.
Un sistema semplice ed efficace. Una pratica vincente.

Immaginate il giorno della Grande Poubelle a Ponza…
…’U iuòrn’ d’a ’munnezz, chella grossa.

1 Comment

1 Comments

  1. Sandro Russo

    24 Settembre 2020 at 22:30

    Ho notato, nello scritto di Riccardo, la presentazione ai lettori la sua casa di Parigi, prima e dopo l’inserimento di mobili e accessori recuperati, con grande buon gusto, per strada.
    Non è ancora il racconto di come ci si è innamorati della propria casa, come avevo chiesto nella presentazione di “Un vecchio casale in Sabina“, ma siamo sulla buona strada… Spero!

    P.S. – Poubelle. Diventato (in francese) nome comune per indicare un contenitore di rifiuti (varie tipologie), prende origine da Eugène Poubelle (1831-1907), prefetto della regione della Senna (antico dipartimento della zona di Parigi) che nel 1884 impose l’obbligo ai proprietari di immobili di disporre dei recipienti per contenere rifiuti nelle dipendenze dell’immobile stesso; successivamente anche per strada, secondo precise regole.

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