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‘U furn’ ‘i Bunaria a Santa Mariadi Silveria Aroma – “Buna’ he fatt’ ’u ppane?” – chiedeva il primo. Il secondo rispondeva che il pane si era bruciato per ragioni sconosciute, e si finiva – domanda dopo domanda – incatenati l’uno all’altro a ridere. Giocavamo così da bambini all’ombra della grande quercia, dietro la scuola elementare dei Conti. Ma chi era Bonaria? Bonaria Bonaria Mazzella nasce a Ponza il 17 aprile 1917, giovanissima sposa Silverio Mazzella – detto Veruccio – nato sull’isola nel 1910. Nel 1937 nasce la loro prima figlia, Giovanna. In quello stesso anno si apre uno spiraglio tutto nuovo nella vita della giovane madre; il vecchio forno di Santa Maria ha chiuso i battenti e lei può sognare di aprirne uno tutto suo. Tra il 1937 e il 1938 Bonaria e Veruccio cominciano a fare il pane. Come impastatrice hanno braccia volenterose, e un piccolo forno a legna per la cottura. Infornano una sola palatella per volta. Veruccio Nel 1940 nasce il fratello di Giovannina, Peppe (Giuseppe Mazzella) che – insieme al figlio Silverio – porta avanti tutt’ora il panificio. Pomeriggio dopo pomeriggio – quando vado a ritirare il pane – Peppe e sua moglie Eva mi regalano un frammento della loro storia che sembra distante appena un giorno da oggi, questo anche grazie alla vivacità e all’emozione che trasmettono nel racconto, sensazioni che arrivano intatte nonostante il plexiglass che ci separa. Peppe ricorda i sacchi portati a spalla da bambino quando per raggiungere il forno, situato più in alto di dove si trova attualmente, bisognava fare le scale. Si cominciava ad infornare la sera e si finiva a mezzogiorno, si cuoceva un solo pane alla volta, e bisognava riportare alla giusta temperatura la fornace prima di ogni nuova infornata. Portare a temperatura, cuocere, sfornare, ricominciare. Nell’impasto si mescolavano farina 0 e farina 1. La farina doppio 0 entrerà nel forno solo negli anni sessanta. Muniti di un regolare permesso gli uomini di casa andavano a prendere la legna a Zannone. Partivano a remi, provvisti di pane e saccapanna (tre parti di acqua e una parte di vinacce già spremute, mi spiegano). Passavano tre o quattro giorni nel bosco di lecci. Il ritorno a Ponza, con il carico ben sistemato a bordo, toccava a tale “Chiaravalle” padrone di una barca a motore. Sulla spiaggia di Santa Maria i bambini raccoglievano la legna scaricata per portarla a spalle fino al deposito. All’avvio del fuoco: ‘i pennecill’ – quel che risultava dalla potatura delle viti, raccolto in fascine -, a seguire ‘i sarceniell’ – i tutori di materiale vario (paletti di legno, canne, vastacciétt’) – e, infine, le fascine: il glossario del fuoco. Eva e Peppe Una narrazione verace è carica di digressioni e aneddoti, così tra pane, vino e dazio salta fuori un personaggio nuovo: Micheluccio. Micheluccio doveva uccidere il maiale ma non voleva pagare il dazio previsto: “ ‘U puorche e’ u mie! ” Peppe e Eva raccontano, io provo a immaginare volti, situazioni, e a scrivere per non perdere le parole che mi danzano intorno. A tratti mi sembra di tornare bambina, mi rivedo in una nuvola di nomi che non so collocare con esattezza. Mi capitava con nonna Silvia quando tentava invano di spiegarmi intere costellazioni familiari. Anche Aniello De Luca mi regala una briciola su Bonaria. Mi racconta che da ragazzino faceva le corse per andare a prendere il pane a Santa Maria, ci teneva proprio, più che per il pane per la frittata. Le galline della fornaia, infatti, deponevano spesso le uova nella casa della legna e i bambini di allora si azzuffavano per un uovo che – il più delle volte – si rompeva nelle mani dei contendenti. Dall’uovo di Aniello nasce la memoria della gallina di Elisabetta, mamma di Eva. Il sorriso di Peppe Nel 1972 – all’età di cinquantacinque anni – Bonaria muore. Silverio inforna il pane Nel corso degli anni la fatica è andata a diminuire grazie alla tecnologia e Peppe, ripensando agli anni del lavoro duro, sorride: – Poi abbiamo cominciato a fare il pane con la cravatta. 3 commenti per ‘U furn’ ‘i Bunaria a Santa MariaDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Bellissimo racconto …tenerissimo il ricordo della gallina..
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…..belle storie che vivono ancora, c’è qualcosa di delizioso nello scrivere le prime parole di una storia, non sai mai dove ti porteranno………mio nonno diceva: la vita é come il pane, col trascorrere del tempo diventa più dura, ma quanto meno ne resta tanto più la si apprezza.
Scoperto “per caso” questo forno Mazzella, sono 4-5 anni che mi reco lì con mia moglie a gustare delle buonissime pastarelle (micro-prussiane) che durano a lungo (ce le portiamo anche a Latina) e che rappresentano un dolce appuntamento dell’amato scoglio.