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La donna che inventò Mussolini

a cura di Fabio Lambertucci
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In un commento al mio articolo Libri e film sulle vicende erotico-sentimentali di Mussolini e Hitler [2] mi è stata giustamente fatta notare l’assenza, nella rassegna, della fondamentale figura della celebre scrittrice e critica d’arte veneziana Margherita Grassini Sarfatti (1880-1961) che, com’è noto, fu a lungo amante di Benito Mussolini. Cercherò perciò di fare ammenda ricordando, tra i tanti, due lavori ben documentati del giornalista storico e grande esperto del Ventennio fascista, Roberto Festorazzi (Como 1966): la biografia del 2010 Margherita Sarfatti. La donna che inventò Mussolini (Angelo Colla editore, Vicenza) e un articolo molto interessante pubblicato su “L’Espresso” del 6 marzo 2014 intitolato “007 Missione Duce.
Festorazzi ha basato la sua biografia della Sarfatti su due clamorosi documenti da lui ritrovati. Il primo è My Fault, un memoriale autobiografico inedito, retrospettivo e autocritico della Sarfatti, scritto in inglese nel 1943-44, che restituisce l’esatta figura umana e psicologica di Mussolini, tolta dal piedistallo della mitologia e delle demonizzazioni assolute.
Nel memoriale la Sarfatti rivelava clamorosamente che in gioventù Mussolini aveva contratto la sifilide ed era stato un consumatore, precoce e temporaneo, di cocaina.

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Il secondo documento è invece dello scrittore tedesco barone Werner von der Schulenburg (1881-1958), antinazista e corrispondente della Sarfatti dal 1926, e rivela, secondo l’autore, il ruolo svolto dalla Sarfatti, nella seconda metà del 1933, per cercare di favorire la successione a Hitler alla Cancelleria di Berlino.

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Riporto quindi l’articolo di Festorazzi intitolato “007 Missione Duce” pubblicato su “L’Espresso” del 6 marzo 2014:
“La cognata dell’inglese Chamberlain. E la Sarfatti ex amante di Mussolini. Alleate per convincerlo a placare Hitler, nel ’38. Lo svelano due lettere inedite”.

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Tra il dicembre del 1937 e il febbraio successivo, un’inviata speciale del premier inglese Neville Chamberlain (1869-1940), compì una missione in Italia allo scopo di spianare il terreno a un’intesa globale tra il governo fascista e quello di Londra. Questa rappresentante del primo ministro della Corona britannica, era nientemeno che sua cognata, ossia Lady Ivy Chamberlain (1878-1941), vedova del fratellastro Austen (1863-1937), che fu ministro degli Esteri dal 1925 al ’29, Premio Nobel per la Pace 1925 e grande amico di Benito Mussolini.

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Lady Ivy Chamberlain e suo marito Austen nel 1925

Lady Chamberlain a Roma incontrò il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano (1903-1944), il Duce e i più influenti esponenti dell’establishment fascista. Fu grazie alla sua missione che Italia e Gran Bretagna siglarono gli Accordi di Pasqua (stipulati il 16 aprile 1938 appianavano i contrasti nelle politiche medio-orientali dei due Paesi e garantivano il libero accesso al Lago Tana e al Canale di Suez – N.d.A.).
Pochi mesi più tardi, quando la pace fu sotto la minaccia della crisi cecoslovacca, Neville Chamberlain pensò di ripetere la felice esperienza, ricorrendo nuovamente alle arti diplomatiche della cognata. Questa volta la posta in gioco era molto più alta: raggiungere un accordo di concordanza europea con Hitler.

Il retroscena della seconda missione italiana di Lady Chamberlain emerge per la prima volta da un carteggio conservato nel Fondo Sarfatti del Mart di Rovereto (cfr. breve video da YouTube in fondo all’articolo). Si tratta di due lettere inedite che la vedova di sir Austen inviò alla scrittrice ebrea Margherita Sarfatti, e che arricchiscono il repertorio di documentazione storica finora prodotto sull’intenso lavorìo diplomatico sotterraneo compiuto dall’Inghilterra durante la crisi dei Sudeti (*) esplosa sul finire dell’estate del 1938.
La Sarfatti, che era stata a lungo l’amante del Duce, era una donna colta e di mentalità europea. Aveva promosso il movimento artistico del Novecento italiano, e frequentava il jet set internazionale. Nel 1934, fu ricevuta per un tè alla Casa Bianca dal presidente Roosevelt.
Chamberlain – e queste nuove acquisizioni lo confermano – fu molto più astuto e spregiudicato di quanto si è finora creduto. Mentre sui giornali montava d’intensità il dramma cecoslovacco, lo statista britannico aveva bisogno di lanciare Mussolini, nel ruolo di mediatore, in una grande maratona diplomatica destinata a passare alla storia. Ne sortì la Conferenza di Monaco del 29-30 settembre 1938 (*), che vide il Duce interporsi con successo tra Hitler, da una parte, e la Francia e il Regno Unito dall’altra. La pace fu salva, ma solo per pochi mesi, e al prezzo dello smembramento della Cecoslovacchia. Monaco aveva segnato la disfatta delle grandi potenze occidentali, che avevano accettato di piegarsi ai ricatti del Führer. Tanto che la conferenza del 1938 è divenuta, nel lessico contemporaneo, sinonimo della capitolazione delle democrazie nei confronti delle tirannidi.

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I firmatari dell’accordo: da sinistra, Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini; a destra, Ciano. In secondo piano, tra Hitler e Mussolini si nota Joachim von Ribbentrop, il ministro degli affari esteri tedesco

A Monaco, Chamberlain, e il suo collega francese Edouard Daladier (1884-1970), non furono però deboli o codardi, come la più recente storiografia ha dimostrato, ma coscienti collaboratori del dittatore nazista. Da parte del primo ministro inglese, soprattutto, vi era la chiara volontà di pervenire a un accordo con il Reich, in chiave anticomunista.
Pur di adottare il potenziale aggressivo di Hitler contro la Russia, i britannici erano disposti ad accettare una dominazione germanica che dilagasse nell’Europa centro-orientale: non solo in Austria e Cecoslovacchia, ma anche in Polonia e in Ucraina.
Solo il patto nazi-sovietico dell’agosto 1939 ribaltò i giochi e le prospettive: la Gran Bretagna comprese che il Führer intendeva procurarsi una garanzia contro un attacco russo, mentre si preparava ad attaccare a occidente, e la guerra divenne a quel punto inevitabile.

Nella tarda estate del ’38, per far ingoiare all’opinione pubblica democratica la spartizione che Chamberlain aveva sottoscritto segretamente con Hitler, bisognava salvare le forme. Ed ecco allora germinare nella mente dello statista conservatore il piano di una vasta collusione segreta con la Germania, di cui Monaco non rappresentò che un tassello. Lo scandaloso accordo anglo-tedesco fu consacrato da una dichiarazione solenne che impegnava le due nazioni a non aggredirsi.

Per poter pervenire a un tale risultato, il premier architettò la nuova missione di Lady Ivy in Italia. Se la cognata di Neville Chamberlain, giungendo a Roma, interpellò Donna Margherita, ciò significa che gli inglesi la ritenevano ancora capace di influire sul Duce. In realtà, in quel 1938, la Sarfatti era emarginata dal gioco politico. Mussolini non la riceveva più, e stava addirittura per intraprendere la via dell’esilio, a causa delle leggi razziali: espatrierà a Parigi nel novembre di quello stesso anno.
Anche se non risultano documentati ulteriori passi condotti da Lady Chamberlain, durante il suo soggiorno romano, non si può affatto escludere che la rappresentante del primo ministro britannico possa aver incontrato alte personalità del regime, fino allo stesso Mussolini. E’ ragionevole pensare che sia andata così, perché l’incarico era della massima delicatezza: bisognava sondare la disponibilità del Duce a raccogliere un invito di Chamberlain a mediare nella controversia internazionale.

La prima missiva di Lady Chamberlain, datata 17 settembre 1938, è precedente alla Conferenza di Monaco e contiene un riferimento ai voti augurali che la Sarfatti aveva formulato, in vista di una soluzione negoziata della crisi dei Sudeti. Segue un accenno agli incontri avvenuti, in Italia, tra le due donne, e un finale ottimista sull’esito: “Non vedo davvero l’ora che l’accordo tra le nostre due nazioni venga ratificato!”.
Successiva a Monaco è invece la seconda lettera. Il documento, del 3 ottobre ’38, trabocca di compiacimento per il trionfo del Duce e del cognato, uniti nel compito di “salvare la pace in Europa”.

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I testi delle due lettere e Margherita Sarfatti (cliccare per ingrandire)

Da questa corrispondenza traspaiono risvolti dell’amicizia tra le due figure femminili accomunate da un medesimo tratto distintivo: quello di essere patrone, nei rispettivi Paesi, del panorama artistico. Le due donne, probabilmente, si erano conosciute già in occasione delle visite di Austen Chamberlain a Mussolini a metà degli anni Venti. Lady Ivy aveva poi lanciato l’idea di una grande rassegna storica dell’arte italiana, che la Sarfatti inaugurò a Londra, nel gennaio del 1930. Otto anni dopo, quell’amicizia cementata dall’interesse comune per l’arte sembrò tornare utile alla Gran Bretagna, mentre già si stava accentuando la subalternità di Mussolini a Hitler: per ironia della storia, la seconda lettera della Lady all’amica ebrea è scritta proprio il giorno precedente (3 ottobre 1938) al discorso in cui il Duce a Trieste proclamò le leggi razziali.

L’esposizione “Margherita Sarfatti. Il Novecento Italiano nel mondo” è frutto di un progetto unitario tra Mart e Museo del Novecento di Milano, con un unico catalogo edito da Electa. Le due mostre, autonome e complementari, permettono di analizzare la complessa personalità di Sarfatti, con un affondo sull’arte degli anni Venti a Milano e una prospettiva sul ruolo di Margherita ambasciatrice dell’arte Italiana nel mondo.
Guarda qui su YouTube:

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Note

(*) Conferenza e accordo di Monaco (settembre 1938)
L’oggetto della conferenza, avvenuta circa un anno prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, fu la discussione delle rivendicazioni tedesche sulla regione dei Monti Sudeti, posta in territorio cecoslovacco, ma abitata prevalentemente da popolazione di etnia tedesca (i Tedeschi dei Sudeti), e si concluse con un accordo che portò all’annessione di vasti territori della Cecoslovacchia da parte dello stato tedesco.

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Appendice del 14 settembre (cfr. Commento di Sandro Russo)

Antonio Scurati racconta. Mussolini e le donne: Margherita Sarfatti
Storie tratte dagli studi per la scrittura di “M. Il figlio del secolo”: il romanzo di Antonio Scurati, la storia della Storia che ci ha resi quello che siamo.
«È possibile pensare Mussolini senza fallire, e se qualcosa lo può, lo può la Letteratura».

Video da YouTube:

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