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La posta dei lettori. Lavorare in smartworking a Ponza

 Riceviamo in Redazione da Filippo Bucarelli, un non ponzese che conosce e ama Ponza, e volentieri pubblichiamo

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Alcuni fatti di questa estate mi hanno portato a fare alcune riflessioni che forse possono interessare gli amici ponzesi.

In agosto doveva venirci a trovare a Ponza la giovane (e assai cara) cugina di mia moglie. Non veniva in ferie, ma “portandosi dietro il lavoro”. E’ infatti impiegata presso la sede portoghese di una grande multinazionale social. Ma lavora in smartworking. E può lavorare da qualsiasi posto, a condizione che sia ben connesso. Alla fine non è venuta perché temeva che le connessioni isolane non le consentissero di restare collegata e di potere continuare a lavorare.

E’ invece venuto Marcello, amico di mio figlio. Lavora con una azienda di Milano (anch’essa multinazionale) specializzata in verifiche ambientali. Da febbraio non va a Milano, continuando a lavorare anche lui in smartworking. Avrebbe potuto rimanere con noi, ma ha preferito tornare in terra ferma poiché non si sentiva sicuro delle connessioni.

E abbiamo condiviso più volte la barca con Laura. Lavora in una città del Lazio, utilizzando ampiamente e continuamente le modalità di lavoro in remoto. Ama Ponza, la conosce bene e ci viene assai frequentemente. Non potrebbe passarci anche un po’ del tempo lavorativo?

Sono solo tre storie fra tante simili. L’uso dello smartworking sta cambiando il mondo del lavoro, soprattutto per alcuni mestieri e alcune situazioni. Qualche giorno fa l’amministratore delegato di una grandissima azienda italiana dichiarava: “lo smartworking libererà il 30% degli uffici”. E’ una tendenza giudicata positivamente da alcuni, negativamente da altri. Però è inarrestabile. Molti lavori si svolgono già e si svolgeranno in buona parte in condizioni remote.

Mi si chiederà: e questo cosa c’entra con Ponza? E perché scriverne su Ponza racconta?
Provo a rispondere.

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La diffusione dello smartworking riguarda eccome la comunità ponzese. Il problema più grande dell’isola non è infatti la risicata stagionalità della sua economia e l’abbandono dei tanti che non riescono a trovare un’occupazione soddisfacente fuori dai mesi estivi? Non è forse la dipendenza eccessiva da un turismo che si concentra in pochi mesi? Non è forse l’incertezza delle prospettive che spinge tanti giovani ad andare via?

Le modalità di lavoro in remoto potrebbero costituire una importante opportunità per far fronte a questi problemi e per invertire la tendenza allo spopolamento. Molti professionisti potrebbero apprezzare la possibilità di organizzarsi lavorativamente facendo base a Ponza, approfittando delle sue bellezze e della sua ospitalità e continuando a collegarsi con i loro studi e le loro organizzazioni in terraferma, facendo riunioni, fornendo dati, progetti, elaborazioni, ecc.
E per molti Ponzesi, in particolare giovani, si aprirebbe la possibilità di lavorare restando nell’isola, magari per avere un guadagno aggiuntivo (o alternativo!) a quello che si riesce ad avere nella stagione estiva.

Certamente lavorare in remoto non vuol dire perdere qualsiasi contatto con il datore di lavoro. E’ spesso necessario trovare anche il modo per incontrarsi in presenza, ma questo può accadere in modo molto più diradato e flessibile di prima.

Non si tratta di qualcosa che riguarda il futuro, ma di qualcosa che già accade e che interessa sia l’organizzazione delle grandi città che lo sviluppo dei tanti paesi che si trovano confrontati (spesso in misura assai più drammatica) agli stessi problemi di Ponza.

E’ una opportunità nuova; e potrebbe essere assai importante.
Per poterla cogliere vi è però una condizione imprescindibile e fondamentale: che le connessioni siano affidabili e funzionino a dovere, che siano almeno all’altezza di quanto accade in terraferma.
Da questo punto di vista la situazione attuale è veramente problematica, per non dire peggio. Non si fa fatica solo con i dati e le connessioni video. Spesso è difficile anche parlare con i cellulari. E la situazione sembra andare sempre peggio, invece di migliorare.

E’ quindi ancora una volta il caso di scoraggiarsi e di restare fuori di un fenomeno che interessa e interesserà tutto il nostro paese e l’intera nostra regione?
Non sarebbe invece il caso di porre il problema della qualità delle connessioni al centro delle priorità invece di continuare a trattarlo come un problema “marginale” (una specie di accidente inevitabile)? Chi lavora nell’accoglienza non dovrebbe farsi portatore di questo problema in modo assai più deciso? Non dovrebbe l’Amministrazione comunale impegnarsi in questa direzione? Non sarebbe bene stimolare e collegarsi con la Regione che sta trattando questo problema/opportunità sull’insieme del suo territorio?

Ecco. Sono queste le riflessioni che mi venivano in mente a partire dalle “novità” lavorative trasmesse dai miei ospiti.

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Appendice dell’8 settembre 2020
Sandro Russo propone un commento di… Sang’ ’i Retunne

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Era veramente strano che tra i tanti colti commenti a questo articolo mancasse quello dell’autore più nazional-popolare… certo il più amato dai ponzesi (Cfr. Commento di Sandro Russo).
Ovviamo a questa grave lacuna con un suo pezzo già uscito su Fb.

Smart Puorking
by Sangu’i Retunne

Giggino — Ie vulesse sule assape’ tutte ’sta cazz’ ’i ggente che ce fa ancora ccà, ’u mese ’i settembre?
Sangu’i Retunne — E non sei contento?

Gg — Io? No! Me danne affastidie.
SR — Ti danno fastidio? Questi ti portano i soldi.

Gg — L’hanne purtate i sorde?
SR — Certamente che li hanno portati. Qua niente è gratis.

Gg — E viste che l’hanno purtate, mo se ne ponne pure i’!
SR — A ecco! Tipo Bancomat. Metti la scheda, pigli i soldi e te ne vai.

Gg — Qua’ banco-mat e banche-sceme!! I’ tengh’ ’u portafoglie ’mpermeabile.

SR — Cioè?

Gg — Sule liquidi! A mme me piace ’a puzza d’a carta. È chiaro?

SR — Ho capito. Però non mi hai detto perché adesso non li vuoi più, i forestieri.

Gg — Nunn’i voglie cchiù pecché loro hanno dato ed io ho preso. Mo se ne ponne i’.
SR — Sì hanno dato, ma ti possono dare ancora.

Gg — E io nun voglie chiù nniente. M’abbast’accussì. Chi ha’vute ha’vute e chi ha date ha date.

SR — Questa cosa mi impensierisce. Non la dici tutta. Chissà dove sta il vero inghippo.

Gg — Ma è maie possibbile che vuie bastarde punzise-frastiere nun ve facite maie i cazze vuoste?

SR — Ecco le offese!! Quando la cosa si mette male e si scoprono gli altarini, la butti in rissa.

Gg — Ma dich’io: ccà ’a vernate è longa, fredda e trista… chiste che ce stanne a fa’?
SR — Caro Giggino devi capire che il virus ha fatto cambiare molte abitudini e pure i modi di lavorare; ora la gente può lavorare anche stando qua.

Gg — A sì? Se portane ’a fatica ’ncopp’i Cuonte?

SR Non proprio come dici tu, ma possono usare un sistema che si chiama Smart Working.

Gg — E chesta è ’na traggedia! Mo s’arregnene ccà e simme fettute.

SR — Anche voi dovrete cambiare passatempo: invece di andare a caccia e pesca in un’isola deserta, vi attrezzate con pc e internet e passate ’a vernate ’nd’a casa.

Gg — A sì? ’Nd’a casa cu’ Assuntina ’na vernata sana sana ci’a passe tu! E’ chiaro?

SR — Non hai scelta.

Gg — Ma… cu’ chistu sistema se po’ fa tuttecose?
SR — Tutto o quasi… ma in modo virtuale. 

Gg — È d’i Forne?
SR — Chi? 

Gg — Vitale?

SR — Giggi’, virtuale, rappresentato, non materiale. Ti metti davanti al video e fai quello che vuoi.
Gg — Tutto!? Tutto… chello che voglio?

SR — Sì.
Gg — Allora aggie capite. Mo m’attrezzo pur’ie.

SR — A sì? E come?
Gg — M’aggia fa’ i meglie femmene mondiale.

SR — E ti pareva! Ma come? Che hai in mente?
Gg — ’Uaglio’ ccà nisciune è fesse! Ie faccio ’u Smart Puorking. Chest’è!

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