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La mano grassa e altre stranezze

di Sandro Russo
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Non so in quale occasione, a tavola, a proposito della quantità di olio in una pietanza, ho ricordato una cosa che zia Rosaria diceva spesso, a proposito della cucina della sorella…
– Eeeh, Olga cucine bbuone, ma tène ’a man’ grassa – che significa abbondare col condimento; mettere quella goccia di olio in più del giusto.

Ma è stato solo l’innesco per farmi venire il mente alcune stranezze del dialetto, come l’espressione Iesce dinte.
Perché a rigore “uscire” dovrebbe associarsi ad un movimento ‘dentro verso fuori’, e come rafforzativo ha un senso: Iesce fore! Ma perché Iesce dinte?
Nella mia memoria era un’espressione associata ad un rimprovero. Si diceva ad un ragazzino che aveva fatto una marachella… intanto rientrasse in casa, poi si sarebbero fatti i conti!

E che dire di quell’altra espressione Doce ’i sale?
A lungo ho cercato di capire se significava che c’era troppo o poco sale. Poi sono arrivato alla conclusione che la quantità del sale non c’entra e significa, in un contesto tipo: Chella llà nun è pe’ niente doce ’i sale! – che ha “un caratterino” ovvero che è da prendere con le molle!

Ne parlavo l’altro giorno con Tano, di schiatta e cultura orgogliosamente sicula, che mi ha citato un’espressione più o meno della stesso genere: Moviti fermu! – Sta’ fermo!

Anche se al momento mi sfuggono, credo che ce ne siano tanti altri, di modi di dire assurdi, intricati, ossimorici…  che peraltro conferiscono ricchezza e vita al nostro dialetto.
E chiederei aiuto e idee in primis da Franco De Luca e Pasquale Scarpati, che più hanno coltivato la materia su queste pagine; poi a chiunque altro voglia partecipare a questo che un po’ è un gioco, un po’ una palestra di ricordi, di persone care e di una lingua cui siamo così legati.

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Nota
Sul sito leggi anche sull’argomento: Il problema della lingua. Gli animali fantastici [3]

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Immagine di copertina
Scultura “La mano” di Fernando Botero, a Madrid, Paseo de la Castellana