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La mano grassa e altre stranezze. Non so in quale occasione, a tavola, a proposito della quantità di olio in una pietanza, ho ricordato una cosa che zia Rosaria diceva spesso, a proposito della cucina della sorella… Ma è stato solo l’innesco per farmi venire il mente alcune stranezze del dialetto, come l’espressione Iesce dinte. E che dire di quell’altra espressione Doce ’i sale? Ne parlavo l’altro giorno con Tano, di schiatta e cultura orgogliosamente sicula, che mi ha citato un’espressione più o meno della stesso genere: Moviti fermu! – Sta’ fermo! Anche se al momento mi sfuggono, credo che ce ne siano tanti altri, di modi di dire assurdi, intricati, ossimorici… che peraltro conferiscono ricchezza e vita al nostro dialetto. Nota Immagine di copertina 4 commenti per La mano grassa e altre stranezzeDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Adesso che il dialetto è lingua morta è possibile fare queste ricerche. Una volta, quando lo strumento della comunicazione quotidiana era il dialetto, questi ossimori erano frequentissimi. L’uso continuo, senza regole, permetteva che le relazioni logiche nel parlato fossero quasi inesistenti, dovendo raggiungere un solo obiettivo: farsi capire da chi ti era vicino.
Così era facile sentire lo sbraitare concitato di una voce lontana verso chi era vicino alla valvola dell’acqua: – Stute… stute ’st’acqua ca ’u puzzo è chino!
E la madre che finalmente ha messo a riposo il piccolo che ora ha chiuso gli occhi, dopo un tormento di pianto: – Strilla chiano – rivolto al marito, alterato perché di quel bambino non se ne può più, sempre a piangere – strilla chiano ch’u faie sceta’.
Silverio chiama… chiama…. ma l’amico è curvo sulla vigna, non sente. Silverio insiste… l’amico alza la testa e fa segno di aver sentito i richiami. Silverio scocciato: – Finalmente… veco ca ce siente!
Sandro ha gettato il sassolino nello stagno. Qualcosa è venuto fuori.
Tra i tanti modi di dire che si usavano un tempo per disinnescare affettuosamente i capricci del bambini, ricordo questo di mio nonno, Ciccillo Zecca.
A un bambino che frignava perché era caduto, diceva:: Vien’ accà, che t’aiut’ ie a aizzarte!
Le espressioni dialettali sono sempre molto interessanti. Prendiamo in esame proprio quella di “asci'” (uscire in italiano) che però io faccio risalire al concetto di “varcare l’uscio” e, quindi, può essere varcato in un senso o nell’altro; da cui le espressioni “Jesce a’ via ‘e dint’!” o “Jesce a’ via ‘e fora!”. Tutt’e due molto ricorrenti nella lingua napoletana. Per quanto attiene all’espressione siciliana “moviti fermu” posso solo ricordare quella latina: “festìna lente”! Le espressioni idiomatiche contengono sempre delle contraddizioni (apparenti) perché le origini, spessissimo, restano oscure!
Quando d’estate stavamo a Zannone (parlo degli anni in cui mio padre era guardiano di quel faro), avendo il mare a due passi dal fabbricato stavamo sempre in acqua, anche nelle giornate nuvolose.
Capitava quindi che potesse venire a piovere. Ricordo che, in quelle occasioni, mia madre affacciandosi al cortile del faro e portando le mani attorno alla bocca a mo’ di megafono gridava: “Uagliu’, ascite ‘a int’all’acqua ca ve bagnate”