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Boccone amaro

di Francesco De Luca
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“Si ’u mellone è ’sciuto bianco – mo cu’ chi t’a vuo’ piglia’”,
…con questi versi mi viene incontro zi’ Ntunino. Sorride a mezza bocca come chi allude sapendo che io sappia a cosa e, soprattutto, a chi allude.
Non fate quella faccia pure voi… se no smetto di scrivere. Pure voi avete capito a cosa si allude e col volto date ad intendere che io faccia la parte del tonto, volutamente tonto, giacché voi avete arguito che io so l’allusione verso chi è diretta.
In questo modo però l’allusione si muta in equivoco ed io, non solo divento lo zimbello di tutti, in più rimango il solo a non aver capito a chi si attribuisca la scelta del mellone e in cosa consista la cattiva riuscita (è ’sciuto bianco). Finendo così con l’incartarmi con le parole e le proposizioni e palesandomi veramente  lo zimbello della combriccola.

[2]

Allora, comincio dall’inizio: ’u mellone è ’sciuto bianco ossia il melone, meglio il cocomero, nell’andarlo a spaccare per mangiarlo ha mostrato il suo interno. Che non è rosso vivo e perciò zuccherino bensì biancastro e perciò dal sapore di zucca.
Nun sapite sceglie…”.
“Era meglio si pigliavemo n’ata cosa …”
Tutti commenti postumi, di chi s’è limitato ad osservare senza metterci una mano di suo. Gli eterni insoddisfatti, i criticoni di professione, gli opportunisti del momento, e tutta la gamma di chi non fa, non sa fare, attende la sua fetta senza averla meritata.
Perché tutti profferiscono la loro critica verso chi ha deciso, chi si è impegnato, ha messo mano alla scelta e, infine, ha scelto.
“Sbagliando”
– è il coro di tutti, anche di voi che leggete – sì, sbagliando, ma provandoci, ci ha messo mano e, di più, ci ha messo la faccia.

La scelta doveva essere più oculata, più ragionata, più partecipata… più… più… Più tutto e più niente. Si sceglie, poi si giudica l’operato, poi si riflette, per imparare a non sbagliare di nuovo nella prossima scelta.

È un compito che spetta a tutti e perciò cu’ chi t’a vuo’ piglia’à ? Con tutti noi. Si ’u mellone è ’sciuto bianco la colpa è nostra.
E zi’ Ntunino dovrebbe smetterla con quel sorrisino amaro. Gli dico: “Vuoi fare l’ironico?  Provaci, nessuno te lo impedisce, ma ci perdi di dignità. Alla fin fine stai ridendo di te” .