Confino Politico

Ponzesi nella Storia

di Francesco De Luca

 

Premessa: credo che il periodo in cui gli antifascisti furono relegati a Ponza abbia avuto un’importanza certa nella Storia d’Italia. E’ mio parere che quel periodo non sia conosciuto abbastanza dai Ponzesi. Presento perciò come ‘racconti’  le vicende di taluni antifascisti che a Ponza trovarono oltre che il carcere anche malversazioni inflitte loro dalle autorità fasciste per il solo fatto di essersi innamorati di ragazze ponzesi e di voler vivere con loro. Esalto le figure di quelle ragazze che trovarono l’amore e la passione politica, e la passione politica nell’amore.

  ***

Il primo di questi racconti riguarda Lui, Mario Magri e Lei, Rita Parisi.

Mario Magri fu trasferito a Ponza da Lipari nel 1929. Aveva soltanto 32 anni. A Lipari, a 29 anni era già avvolto da un alone di leggenda. Si era arruolato volontario nell’esercito nel 1915. Si distinse per atti eroici. Nel 1919 seguì Gabriele D’ Annunzio nell’impresa di Fiume. Lì dimostrò le sue doti di intelligenza, coraggio e spirito di patria. Fu decorato con Medaglia d’Oro di Fiume dallo stesso D’ Annunzio.

A Ponza sembrava esserci venuto per decisione propria. A vederlo fra le stradine dell’isola pareva dicesse: “sono qui perché per ora non voglio andarmene” ( pag. 190 – Corvisieri – La villeggiatura di Mussolini – Baldini, Castoldi, Delai Editore ). Scrive Umberto Terracini: “ E intorno a lui era intessuta come una leggenda di paesi lontani, di guerre fra strani popoli, di fortezze, di evasioni ”. Guerre lontane… era andato volontario a combattere a fianco di Abd el-Krim in Marocco contro gli spagnoli; evasioni… era infatti evaso da Lipari nel ’26 in condizioni rocambolesche.

Un  gigante in quanto a coraggio, determinazione, coerenza. Anche coerenza sì… perché mentre il suo mentore D’ Annunzio si era votato al Duce, lui, Magri, dopo l’uccisione di Matteotti scelse l’opposizione al fascismo.

Gabriele D’Annunzio e Mario Magri

Le sue doti di uomo non incline al compromesso e indomito lo resero sospetto al regime che lo arrestò nel 1926. Senza processo. Come sarà per le sue numerose e continue incarcerazioni. Per ben 17 anni.

Un personaggio che incuteva rispetto anche presso i compagni di carcere: comunisti, socialisti, anarchici, gente di cultura e d’azione. Egli godeva di un alone di superiorità.

Colpì anche gli isolani e, fra essi, Rita Parisi.
Una ventenne vissuta presso lo zio prete, a causa della scomparsa dei genitori in tenera età. E la sua crescita indubbiamente ne risentì. Influenzata dalle pratiche religiose, dalla frequentazione della chiesa, dalla necessità di comportamenti adeguati alla sua condizione.

Ponza in quegli anni aveva una popolazione che non trovava nell’isola la sua sussistenza. Gli isolani maschi erano dediti alla pesca e alla marineria, dando al lavoro della terra il periodo invernale. Le donne curavano gli orti e l’allevamento degli animali domestici. L’emigrazione era una valvola di sfogo per i più intraprendenti.
C’era poi una popolazione non ponzese, formata dalle Forze dell’ordine, dalla Milizia, dalle Guardie Carcerarie a supporto dei confinati politici.

Una ragazza doveva tenere condotta morigerata, schiva, di sottomissione, per nulla appariscente.
Nel caso di Rita era Mario Magri che la seguiva, la cercava, la corteggiava. Bastò questo per divenire oggetto di pettegolezzo, di chiacchiera popolana. E di sospetto per le autorità fasciste.

Mario Magri

Lei, dapprima, non diede peso agli appostamenti del Magri, alle sue gentilezze, ma poi ne fu lusingata. Un giorno una zia di Rita la invitò a casa per due chiacchiere. Poco dopo entrò anche Mario. Aveva combinato con la zia l’incontro. Questa fu consenziente perché lo spartiacque nella vita di una ragazza a quei tempi era combinare un buon matrimonio. La zia accondiscese perché Mario si presentava come un buon partito: giovane, sano, rispettato, galante, nato ad Arezzo da famiglia borghese… In quell’incontro nacque l’amore “un amore travolgente ma anche fatale”, come ebbe lei stessa a dire.

Le autorità fasciste non appena seppero la cosa andarono a chiedere ragioni allo zio prete, don Luigi Parisi. Sembra quasi assurdo che un’ intera struttura poliziesca fosse messa in moto per impedire che i due si vedessero, ma la cecità di un potere fuori controllo rende plausibile tale stupidità.

C’era in gioco la pericolosità di Mario Magri, per un verso, ma per un altro verso c’era in gioco qualcosa di fondamentale per l’uomo, perché la libertà non ha prezzo, ed  è qui che si evidenzia la nefandezza del regime fascista: privare la libertà a persone innocue, per il semplice gusto di  sopraffazione.

“Fascio, Chiesa e Stato – così come si manifestavano a Ponza, a quel punto ritennero di poter celebrare il loro trionfo ” ( pag. 77 – Corvisieri – Zì Baldone – Caramanica 2003 )

Parte  seconda

Nel 1932 Mario Magri fu trasferito d’urgenza a  Lipari. E, di conseguenza, Rita fu costretta dallo zio a lasciare Ponza e trovare ricetto a Napoli presso una parente.

Chiuso a Lipari il confino politico Mario fu rispedito a Ponza. E qui ritornò pure Rita. Promise che non lo avrebbe più rivisto e questo bastò a farle trovare domicilio presso un’ altra parente. Ma l’isola è piccola, i rapporti ravvicinati e soprattutto la fiamma dell’amore fra i due giovani s’era irrobustita per gli ostacoli frapposti. I due ripresero a contattarsi attraverso messaggi vocali trasmessi da persone amiche, attraverso biglietti scritti passati fra mani, tasche e gonnelle.

Quel sentimento adolescenziale era cresciuto ed era diventato impegno di matrimonio. Ma gli ostacoli erano tanti e gravi. Lei rischiava d’essere condannata per intessere una relazione clandestina ad essere ammonita (con una serie di limitazioni personali). Lui stava per terminare la seconda ‘cinquina’ ovvero il secondo periodo di carcere e sperava di poter tornare libero nel 1933, e sposarsi non da condannato.

L’odiosità del regime era implacabile. Rita fu oggetto di persecuzione e si caldeggiò dalle autorità fasciste il suo allontanamento. Per lui peggiorarono le condizioni di reclusione: fu inviato nel carcere di Poggioreale (Napoli) e prorogata la sua carcerazione.

Magri prese la decisione che non appena se ne fossero offerte le occasioni loro due si sarebbero sposati. Era ossessivo il pensiero che Rita stesse subendo violenze psicologiche vuoi dalla famiglia, perché era stata ritenuta colpevole di ‘innamoramento’, vuoi dal regime che la riteneva persona ‘pericolosa’. “La predetta donna è da ritenersi elemento pericoloso sia per i suoi sentimenti sovversivi che la spingono irresistibilmente a frequentare i confinati e in particolare modo il Magri che tra costoro è uno dei più temibili, e sia per la sua capacità, inequivocabilmente dimostrata, nel rendere possibile agli stessi lo scambio di corrispondenza clandestina“ (pag. 195 – Corvisieri – La villeggiatura…)

Rita reagì da eroina. Ai parenti che minacciavano di cacciarla da casa e il taglio dei viveri, a loro rispose andando ospite presso un’altra parente. Alle Autorità fasciste rispose vantando pubblicamente la sua opposizione al regime. Da giovane isolana si era trasformata in una attiva antifascista.

Rita Parisi

Mario nell’ottobre 1933 ritornò a Ponza. L’impegno di sposare Rita era al centro dei suoi pensieri. Il Direttore del carcere promise la sua vigliacca avversione: sarebbe stato tenuto a vista, notte e giorno. Mario raccolse la sfida e decise il matrimonio per il prossimo 7 novembre, testimoni Giovanni Pausini e Antonio De Simone. Compiuto il rito ebbero difficoltà a ritirarsi nella loro casa. Il Direttore confidava nella snervante presenza di una guardia dietro a tutti gli spostamenti di Mario. Ma Magri giocò la carta della tenacia e della pazienza. Casa sua la lasciò sempre aperta… tanto le guardie sarebbero venute anche di notte ad importunare, lui dormiva sul divano e la moglie nella camera da letto. Godevano di un po’ di tranquillità e di intimità soltanto nella mattinata.

Umberto Terracini dà testimonianza di un amore goduto appieno nonostante le avversità: “essi passavano mano nella mano, con un sorriso ineffabile trascorrente dall’una all’altra bocca. E noi, chiusi in una solitudine sentimentale che ci inaridiva il cuore, coglievamo quel rapido bagliore di felicità con i nostri sguardi invidi e tuttavia quasi confortanti. Come se fossero promessa per ognuno che la gioia, l’amore non erano morti nel mondo. E ancora li avremmo conosciuti“ ( pag. 198 – Corvisieri – La villeggiatura… )

In un regime di sorveglianza continua e cattiva la loro vita in comune scorreva. Aspettando la fine del 1935, allorché doveva finire il suo periodo di confino. Ma non c’è fondo alla nefandezza di un sistema di potere repressivo della libertà. Magri ricevette una proroga di altri anni di confino e insieme a Rita affrontarono la sorte a testa alta. Nel luglio 1939 si abbatté un ciclone sulla loro esistenza. Venne chiuso il confino a Ponza e Magri trasferito alle Tremiti. Rita a Ponza non poteva vivere da sola perché senza sostentamento, impossibilitata a lavorare per divieto fascista, e senza la certezza di poter seguire il marito alle Tremiti.
“Nessuno quella notte chiuse occhio in paese” – scrive Magri. Perché l’ordine non ammetteva proroghe. Sarebbero partiti l’ indomani mattina presto.

Rita decise di andare a Bologna dalla suocera. Per pochi mesi, perché le fu concesso di seguire il marito alle Tremiti. Lì dove Mario non voleva che andasse perché lo squallore più avvilente dominava sull’isola. La casa dove avrebbero potuto abitare era chiamata dai confinati  ‘la casa del muro tremante’ in quanto baracca di legno, rovinata dall’incuria e che col vento forte vacillava.
“Di notte (gli sposi – nota mia) venivano chiusi con un lucchetto fissato alla porta mentre alle piccolissime finestre c’erano robuste inferriate. Il tetto non riparava del tutto dalla pioggia ” (pag. 200 – Corvisieri – La villeggiatura …). Alle Tremiti il carcere fu reso ancor più insopportabile dalle condizioni generali di vita, a dir poco deplorevoli.

Scheda segnaletica di Mario Magri

Parte  terza

Nel febbraio del 1941 Magri e la moglie ottennero di essere trasferiti in continente.
Ma il destino non attenuava la sua morsa. Il fascismo seguiva l’altalena del decorso bellico e la cosa si ripercuoteva nelle esistenze di chi era appeso alla sorte della dittatura.

Con la caduta del fascismo Magri riprese i contatti con i compagni e a Roma fu tra i fondatori dell’Unione Italiana per la Democrazia. Mai allineato alle correnti politiche più in vista e sempre contro chi ancora faceva scempio del territorio italiano e degli ideali italiani.

I nazisti lo catturarono nel gennaio del 1944 e lo internarono in via Tasso dove torturavano i più restii. Di lì lo prelevarono il 24 marzo 1944 per portarlo alle fosse Ardeatine. Fu ucciso insieme ad altri 335 persone. Con lui caddero altri due ‘fratelli’  della loggia massone ‘Pisacane’, creata durante la relegazione a Ponza.

Monumento ai Martiri delle Fosse Ardeatine

Conclusione. Una storia di dolore, di passione politica, di amore. Rita Parisi e Mario Magri hanno intessuto le loro esistenze nel disegno più nobile e alto della Storia italiana. L’aspirazione e la ricerca e il godimento della libertà personale furono ideali da guadagnare ogni giorno, come l’acquisto del pane quotidiano.
Quante vicissitudini e quanta sofferenza. Quanto eroismo e quanta violenza.

Eroe assoluto lui: netta si staglia la sua statura di uomo in lotta contro la dittatura. Eroina lei che attraverso l’amore per il compagno prende consapevolezza della sua forza e di come la vita vale se spesa per combattere la sopraffazione. Una ragazza di paese divenuta donna che resiste al sopruso, che si vota alla causa della libertà. Quando la libertà personale si identifica con la libertà del popolo e si lotta per essa, la figura individuale sfoca nella dimensione nazionale.

Talvolta, riflettendo sulle scelte politiche dei Ponzesi mi viene da riscontrare un divario abissale che separa la coscienza politica degli attuali ponzesi da quella dei ponzesi del secolo precedente.

I nostri antenati hanno visto e sofferto la presenza cupa del fascismo sull’isola anche se  attraverso le pene che sopportarono gli antifascisti e di conseguenza, gli uomini e le donne che ne condivisero le idealità.

Sono esperienze ormai cementificate nella Storia… eppure non se ne fa tesoro per la coscienza dell’oggi. Quasi che il tutto sia successo… invano.

 

Bibliografia:
– Silverio Corvisieri  – La villeggiatura di Mussolini  – Baldini, Castoldi, Dalai Editore;
– Silverio Corvisieri  – Zì Baldone  –  Caramanica Editore;

– Testimonianza rilasciata da Rita Parisi al Corvisieri l’11 aprile 1994

 

 

 

 

 

 

 

 

1 Comment

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  1. Rita Bosso

    21 Agosto 2020 at 11:11

    Qualche anno fa ho accompagnato una scolaresca lungo “la via del confino” a Ponza. Sulla terrazza dell’Eea leggemmo le pagine famose dei diari di Nenni; Franco Ferraiuolo illustrò la figura di Mario Magri e mostrò la copia della biografia che aveva ricevuto da Rita Parisi. Ponza, come al solito, fu generosa e rigorosa nella narrazione della sua storia: ci accolsero nelle case, ci accompagnarono, ricordarono, spiegarono. I miei colleghi e gli alunni erano emozionati ed increduli; all’Archivio Centrale di Stato avevano studiato i fascicoli di una ventina di confinati ma nessun particolare entusiasmo era nato; la scintilla scoccò quando, appoggiati al muro della Torre, dinanzi a una della case abitate da Magri, leggemmo le pagine che Egli aveva scritto.
    C’è una storia importante da continuare a studiare e divulgare, con la passione e il rigore dei vecchi che ce l’hanno raccontata; Franco De Luca ci regalerà altre belle pagine.

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