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Le tre volte degli inglesi (1)

di Francesco De Luca

 

Ascendendo dalla spiaggia di Frontone, superato il tratto detto Tre Venti, perché aperto ai soffi del ponente, del levante e della tramontana, c’è un pianoro oltre il quale si apre la veduta della parte dell’isola detta Le Forna. La costa nord.

Sino al quel punto dell’isola sono visibili le falesie che degradano: quella che al fondo termina con la spiaggia del Core, e poi il dirupo di Calainferno, il declivo del monte Schiavone e infine cala Gaetana. Ovvero la costa sud.

Quel pianoro fa da cerniera fra i due agglomerati urbani. Il Porto e Le Forna. E  permette di scorgere le coste da cui eventualmente accedere sull’isola.

Senz’altro un punto strategico, oggi è utilizzato dall’ Aereonautica Militare che vi ha istallato un centro operativo per le rotte aeree, e un eliporto per le emergenze.

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Ma l’importanza assunta oggi deriva dalla scelta di cui fu oggetto nel decorso della Storia isolana.

Quel posto porta il nome Campo Inglese, perché fu prescelto dagli inglesi come sede per l’acquartieramento delle truppe sull’isola.

La presenza degli Inglesi in Ponza ha tre date precise con tre sbarchi e tre occupazioni.

La prima avvenne nel 1799. Un anno di grande travaglio per il regno borbonico. Re Ferdinando e la regina Maria Carolina dovettero affrontare la  ‘febbre’  rivoluzionaria che dalla Francia si espandeva per tutta l’Europa con le baionette di Napoleone.

Nel regno di Napoli le idee della rivoluzione francese trovarono agganci nelle menti degli intellettuali napoletani. Pur se con evidente scollamento col popolo queste menti illuminate riuscirono a incanalare il serpeggiante malcontento popolare legandolo alle mire espansionistiche dei Francesi, già saldamente installati nello stato pontificio.

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Ferdinando I

Re Ferdinando fuggì in Sicilia, sotto la protezione della flotta inglese. Fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 1799 la notizia che a Napoli si era insediata la Repubblica partenopea arrivò a Ponza. Qui trovò un ufficiale, Luigi Verneau e un piccolo gruppo di funzionari disposti ad aderire alla nuova repubblica.

Fu un fatto eclatante e inaspettato. Dimostrò che anche nei territori periferici (quali erano considerate le isole) le progressiste idee rivoluzionarie si erano insediate.

Questa lettura è superficiale. A Ponza la comunità esisteva da una quarantina di anni. Era immersa nei più duri problemi di sussistenza: vita dura, inesistente legame sociale, scarse garanzie statali. Non vi era spazio per elaborazioni ideologiche. Eppoi la comunità isolana si sentiva molto vicina alle sorti della famiglia reale dalla quale aveva avuto origine la ‘colonizzazione’ delle isole. L’adesione alla Repubblica partenopea fu un atto partorito e redatto in seno alle maestranze militari. Che subirono  l’influsso del giovane Luigi Verneau, rampollo del comandante militare di Ponza, Francesco Verneau.

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Nell’isola inoltre aveva dato segni della sua inclinazione ideologica il tecnico Francesco Carpi, a capo dei lavori di sistemazione dell’isola: dal porto agli alloggi, alle strade, E che aveva fatto comunella col giovane militare Luigi Verneau. Entrambi sensibili agli ideali di giustizia e di uguaglianza della rivoluzione francese, appresi nei circoli borghesi di Napoli, e messi alla prova nei rapporti che sull’isola si erano instaurati fra i funzionari statali, quasi tutti corrotti, e la popolazione isolana, assoggetta alle necessità quotidiane e vessata da chiunque avesse potere.

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Piazza d’Armi, l’attuale piazza Carlo Pisacane

Febbraio 1799, repubblica partenopea. Ad essa il Borbone rispose immediatamente col cardinale Ruffo e le sue truppe sanfediste ( da Santa Fede ) per terra, mentre per mare le navi inglesi cercavano di riappropriarsi delle isole. Prima Procida, poi Ischia, Capri e le isole ponziane. L’ammiraglio Orazio Nelson riceve l’ordine di occupare Ponza e scrive (pag. 33,  All’isola di Ponza di Corvisieri): “tutte le isole al presente sono in nostro potere“.

Occuparono le sedi della guarnigione e diedero inizio alla restaurazione dell’ordine borbonico. Il padre Francesco Verneau e il figlio Luigi furono arrestati. Francesco, in virtù dei servizi prestati al sovrano salvò la testa ed ebbe una severa condanna, poi condonata. Luigi fu condannato a morte e impiccato al cospetto dei suoi compaesani nel Foro Borbonico oggi chiamato Corso Pisacane.

 

[Le tre volte degli inglesi (1) – continua]