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La Natura e l’Uomo

Proposto da Sandro Russo

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Se c’è un termine da cui il ponzese medio è particolarmente infastidito è “verde” (aggettivo qualificativo dispregiativo) come ben aveva focalizzato il nostro (anonimo) antropologo Sang’ ’i Retunne. Bastava nominarlo e la mano di Giggino automaticamente correva al fucile (non si sa per propria rassicurazione o intrinseca aggressività… Ma chest’è).
Eppure ci sono altre voci, nel microcosmo ponzese, che identificano in quell’aggettivo e nell’ecologismo associato una “svolta” per Ponza, come è stato per i cugini “diversi” di Ventotene.
Disparità di interessi e di vedute…

Ci sarebbe da fare un discorso generale sulla Natura, su cui ho idee ben precise e radicate che ancora una volta collimano con quelle di Michele Serra (vedi sotto).
In particolare dai miei studi tossicologici ho un ricordo vivido della vicenda di uno zoologo-erpetologo famoso, tal Kark Patterson Schmidt (USA 1890 – 1957) – chi più di lui conosceva e amava gli animali? – che, dopo essere stato morso da un serpente boomslang, effettuò un accurato resoconto filmato degli effetti del veleno, fino alla sua morte, avvenuta 24 ore dopo il morso.

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Su la Repubblica di ieri sono comparsi due articoli a commento della recente aggressione da parte di un orso/a di due escursionisti in Trentino (padre e figlio) che si sono salvati per miracolo. E della successiva delibera del governatore (leghista) della Provincia di abbattere l’orso.

Qui di seguito Michele Serra e quindi sulla stessa pagina de la Repubblica di ieri (domenica 5 luglio)l’articolo di Angelo Bonelli, coordinatore della Federazione dei Verdi 

La natura non è comoda
di Michele Serra

È l’uomo, non l’orso, che ha deciso di ripopolare di orsi le Alpi centrali. Spetta dunque all’uomo garantire la convivenza tra uomini e orsi, che come tutte le convivenze è passibile di momenti di attrito (pochi, e fino adesso mai gravi). Per questo la decisione delle autorità trentine di abbattere un’orsa che ha avuto modi bruschi contro due uomini che attraversavano il suo territorio appare, più che crudele o esagerata, pavida e incolta. Non è un atto di governo, è il suo contrario. È l’atto di paura di chi rinuncia a governare.

La potestà umana sulla natura è, da molti secoli, un’evidenza più che una scelta. Lo strapotere tecnologico della nostra specie la rende oggettivamente responsabile dello stato di salute del Pianeta. Antropocene vuol dire anche questo: siamo così smisuratamente potenti, e ingombranti, che ci tocca reggere le sorti del mondo, orso compreso. Come si dice al bar, hai voluto la bicicletta, pedala.

Pretendere che le Alpi diventino i giardini pubblici della Pianura Padana è insensato.

Quando vado nei boschi in Appennino so che devo stare attento ai cinghiali e ai lupi, chi cammina nelle montagne del Trentino sa che deve guardarsi dalle orse con i piccoli. Il rischio zero non esiste, la natura è ricca di meraviglie ma anche irta di insidie, ogni anno sulle Alpi muoiono molte decine di scalatori e sciatori ma nessuno ha mai pensato di denunciare le pareti di roccia, o le slavine, per omicidio volontario. L’uomo viziato dalle comodità sappia che la natura non è comoda. Altrimenti, se ne stia a casa.

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Appello per JJ4
Salvare l’orsa per salvare noi
di Angelo Bonelli

Caro direttore,
nel 1982 usciva il film sperimentale Koyaanisqatsi diretto da Godfrey Reggio (1983 – NdR). Un documentario senza dialoghi e con collage di filmati che portano in un viaggio dentro la forza della natura e della sua bellezza per passare alla trasformazione impressa dall’uomo all’ambiente in un accelerazione progressiva ed impressionante d’immagini accompagnate da una bellissima e coinvolgente colonna sonora di Philip Glass.
Koyaanisqatsi, che in lingua Hopi significa vita turbolenta che porta alla distruzione, è una metafora della vita moderna e della nostra società.

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Immaginiamo un giorno di svegliarci e passeggiare in un bosco o in una foresta e non sentire più alcun rumore, né di incontrare uccelli o animali. Una foresta senza animali muore: sarebbe un incubo. Quello che vorrebbe l’uomo è avere boschi e foreste sempre più simili alle realtà urbane luoghi dove gli esseri umani pensano di sentirsi sicuri come quando passeggiano nella strada sotto casa o nel giardino del proprio quartiere.

Le foreste sono un’altra cosa e bisognerebbe andarci con attenzione e con rispetto.
Le foreste mettono paura, la paura che avevamo nelle favole raccontate da piccoli, e quando l’uomo ha paura uccide.
Accade che in Trentino un’orsa, chiamata Jj4, incontra sul suo cammino due persone e reagisce probabilmente per difendere i suoi cuccioli.
Il presidente della provincia di Trento, il leghista Fugatti, firma dopo pochi giorni l’ordinanza di condanna a morte dell’orsa. Le due persone ferite mostrano saggezza ed equilibrio, a differenza di Fugatti, e si dichiarano contrari all’abbattimento dell’animale.
Non c’è più la legge della natura nella foresta ma quella dell’uomo.
La condanna a morte emessa da Fugatti è inaccettabile e dovrebbe farci riflettere sul processo di trasformazione che si è messo in atto ovvero quello di addomesticare la natura per rendere i nostri boschi a misura di uomo.

Se in città una macchina investe un pedone o un ciclista – ogni anno sono migliaia le persone che muoiono travolte dalle auto – il sindaco non emette la condanna a morte dell’automobilista e le macchine non sono messe al bando, interviene la legge dispone la sospensione della patente e si avvia un processo.
Abbiamo incendiato e cementificato boschi, sottratto sempre di più spazi al mondo animale e ora vogliamo che i boschi diventino la nostra dépendance urbana.

È quello che è accaduto anche con i lupi, si chiede di abbatterli dopo che l’uomo ha alterato l’equilibrio naturale costringendoli a scendere sempre più a valle per procurarsi il cibo.
Fugatti dovrebbe chiedere agli esperti come gestire la presenza degli orsi in una situazione di evidente squilibrio naturale che si è creato, non per colpa degli orsi, per garantire sicurezza agli animali e a chi vive nella montagna.
Secondo l’Unione Internazionale per la conservazione della natura (Iucn) sono a rischio estinzione il 25% delle specie di mammiferi, un ottavo degli uccelli, il 25% dei rettili, il 20% degli anfibi e il 30% dei pesci.

Viviamo in un’epoca in cui noi esseri umani siamo diventati anche una minaccia per noi stessi ed è ora di iniziare a riflettere sull’impatto che abbiamo sulla Terra e rispettare l’ecosistema, se vogliamo evitare l’autodistruzione.

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Ricordate il film Il pianeta della scimmie? È il racconto di una civiltà che si isola e chiude la porta verso gli altri, senza cercare soluzioni ai problemi se non attraverso l’uso della violenza. L’autodistruzione è quanto accaduto agli “umani”, un aspetto che rende il film Il pianeta delle scimmie (1968 – NdR) nelle sue varie rivisitazioni quanto mai di attualità.
Il rifiuto da parte del Presidente Trump degli accordi di Parigi sul clima, le decisioni di Bolsonaro di deforestare l’Amazzonia, sino ad arrivare alla decisione grave e irresponsabile del leghista Fugatti di uccidere un’orsa perché si è comportata da orsa. Nei boschi ci vivono gli animali e se avremo, in un futuro non tanto lontano, boschi senza animali sarà la fine della civiltà anche degli umani come nel pianeta delle scimmie.

Salviamo l’orsa e fermiamo Fugatti.