di Giuseppe Mazzella di Rurillo
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Riprendere l’economia dopo l’epidemia del Covid 19, dalla quale non siamo ancora usciti ed anzi dobbiamo riprendere con cautela abituandoci a convivere con il virus con forti restrizioni per tutti, è impresa difficile. Molto difficile. Forse siamo ritornati in pochi mesi indietro di molti anni.
Se gli scenari per la ripresa sono complessi e complicati a livello nazionale lo sono ancor di più a livello locale perché il settore più colpito è il turismo è tutto il suo indotto.
Napoli con tutta la sua area geografica avevano fatto del turismo la loro attività “prevalente” ed il turismo ha permesso a Napoli di avviare centinaia di attività che hanno dato lavoro a migliaia di persone e di micro-imprese.
Certo. Non si era risolto il problema secolare della disoccupazione e della sotto-occupazionale ma si era trovata una via di sussistenza.
La chiusura ha quindi prodotto un danno enorme e non quantificabile. Se per Napoli il turismo è attività “prevalente” per Ischia Procida Capri Sorrento è attività “esclusiva” senza la quale non può sopravvivere l’indotto commerciale e agricolo e quello dei servizi.
Il governo nazionale ha proposto un “piano” per la ripresa sulla scorta di un lungo documento predisposto da una commissione speciale presieduta dal manager Vittorio Colao. È un documento di 121 pagine già diffuso e immediatamente etichettato come “libro dei sogni” dai “liberisti” sempre contrari oggi ed ieri ad ogni politica di programmazione economica. Il premier Conte ha annunciato anche l’iniziativa degli “stati generali” dell’economia per approvare e ampliare un serio percorso di ripresa.
Il prof. Giorgio La Malfa, 81 anni, figlio di Ugo economista keynesiano con una ampia esperienza politica nel Pri ha scritto un articolo su “Il Mattino” del 9 giugno dove chiede tre risposte al piano Colao: Chi guida il piano? Sarà accentrato o decentrato? Quali saranno i criteri per i progetti finanziati con fondi europei e nazionali?
A mio parere bisogna ricostruire il Ministero del Bilancio e della Programmazione con una personalità di prestigio internazionale. Tutto deve essere “accentrato ” con soli poteri “consultivi” delle 20 regioni e dei 7904 comuni italiani. Il piano quindi dovrà essere “nazionale”.
Una buona occasione per noi saranno le elezioni regionali in autunno per conoscere cosa vuole fare il centrodestra e il centrosinistra nel dannoso “cesarismo” imperante.
Ad Ischia non abbiamo un unico comune. Eppure se ne parla da 30 anni ed in 5 anni di questa legislatura “questa” Regione Campania non ha fatto fare un passo in avanti alla proposta di legge della consigliera Maria Grazia Di Scala. Non è stato rifatto il Referendum già vinto nel 2011 ma non valido per il quorum.
La Regione Campania non ha saputo dare all’isola d’Ischia un Piano Urbanistico di Assetto Territoriale per dare ordine ad almeno 130mila vani costruiti negli ultimi 30 anni necessariamente, in gran parte, abusivi in clima di “vincolismo assoluto” con una “economia aperta”.
È una contraddizione in termini. L’epidemia ha messo in luce la necessità di una “riorganizzazione istituzionale” dell’isola d’Ischia che è “un’isola minore” solo per estensione geografica (46 Km2) ma è la terza isola dopo la Sicilia e la Sardegna per consistenza quantitativa di ricettività turistica.
Non abbiamo una “unica sanità” e non è possibile che 64mila abitanti che durante l’alta stagione diventano 200mila debbano dipendere da una ASL Napoli 2 con sede a Pozzuoli che non ha saputo organizzare la sanità sul territorio incapace di acquisire l’ex-Palazzo Reale per farne una “Villa della Salute”.
Non abbiamo una “unica scuola” cioè abbiamo circa 10 mila studenti “ spezzettati” in sei Comuni con due enti per l’edilizia scolastica (sei Comuni ed una città metropolitana ex Provincia) con “comuni ricchi” (Ischia e Forio) e “Comuni poveri “ (Casamicciola), indirizzi di studi “ricchi” ed indirizzi “poveri” senza unificare una Edilizia Scolastica complessiva di un unico “comprensorio”.
Non abbiamo un unico Ente Turistico di “rivalorizzazione” dopo l’epidemia ed è proprio il caso di riproporre un Ente di Diritto Pubblico come lo è stato l’Ente per la Valorizzazione dell’isola d’Ischia dal 1952 al 1972. Oggi c’è bisogno di dare “nuovo Valore” a quanto faticosamente realizzato in 70 anni di dopoguerra.
Non abbiamo una “ricostruzione” dopo il terremoto del 21 agosto 2017 con 2mila sfollati, 1000 edifici colpiti di cui almeno 10 pubblici.
Casamicciola non ha più il palazzo municipale e quello delle scuole ed ha ancora le macerie per le strade con due commissari di governo e due leggi inapplicate sulla “ricostruzione” con una Regione Campania che non ha nemmeno avviato il “piano di ricostruzione” come stabilisce la legge statale del 2019.
È l’ora delle scelte. A livello nazionale e locale. L’ora più buia per la luce.
Giuseppe Mazzella – Direttore de “Il Continente”
Casamicciola, 9 giugno 2019
Immagine di copertina. Ischia Ponte. La festività di sant’Anna a fine luglio, al Castello Aragonese