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La porta sull’estate (1)

di Sandro Russo
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 .

Prima che una stagione, l’estate è uno stato d’animo. La ricerca di un “meglio” che deve ancora venire, la tensione al bello–luminoso–appagante pure in tempi bui e tempestosi. La sicurezza che da qualche parte c’è. Se solo si riesce a immaginare, e poi ad aprire… la porta giusta.

Credo di dover raccontare meglio questa ricerca che è universale; ha riguardato/riguarda tutti gli uomini, tutte le donne (e perfino gli animali!), in tutti i tempi, seppur con sfumature diverse.
Una prima illuminazione la prendo da una storia della fantascienza degli anni d’oro da cui guardacaso ho preso il titolo.

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‘La porta sull’estate’. Copertina di Karel Thole del romanzo di Robert Heinlein [The door into summer (1957), Urania; Mondadori Ed. 1958 e 1968 (ristampa)]

Proprio all’inizio del racconto troviamo il protagonista e il suo gatto Pete che sono andati ad abitare in una vecchia e grande casa di campagna nel Connecticut, abbastanza spartana.
Sono freddi gli inverni nel Connecticut…

“Uno svantaggio erano le undici porte che si aprivano nella casa. Dodici anzi, se contiamo quella di Pete. (…)
(…) Fin da quando era un micio tutto pelo e ronron, Pete aveva elaborato una filosofia molto semplice: io dovevo occuparmi della casa, dei viveri e del tempo, lui pensava a tutto il resto. Mi riteneva in particolar modo responsabile delle condizioni atmosferiche. Gli inverni nel Connecticut vanno bene per le cartoline natalizie, e durante l’inverno Pete provava regolarmente a uscire dalla sua porticina, e regolarmente si rifiutava di andare fuori a causa della sgradevole cosa bianca che c’era all’esterno. Allora veniva da me, per pregarmi di aprire una porta normale, convinto che almeno una di esse si aprisse su una bella giornata estiva. Così, tutte le volte io dovevo fare il giro delle undici porte e aprirle in modo che si persuadesse che anche fuori di quelle era inverno. A ogni porta il suo disprezzo per la mia inettitudine aumentava, accresciuto dalla delusione.
Usciva, finalmente, ma stava fuori il tempo necessario a far calare la pressione idraulica. Quando tornava, il ghiaccio rappreso intorno alle zampe risuonava sul pavimento di legno, come se calzasse minuscoli zoccoli, e Pete mi lanciava occhiate di fuoco, rifiutandosi di fare le fusa finché non riusciva a leccare via tutto. Dopo di che mi perdonava, fino alla prossima volta.
Con tutto questo non rinunciava mai alla sua ricerca di una porta che si aprisse sull’estate.”

Che poi… Il fascino dell’accesso ad un altro mondo, attraverso ‘una porta’ – soglia o passaggio che si voglia intendere – è una nota ricorrente in numerose opere e una costante, si può dire, dell’immaginazione umana. Basti pensare a Lewis Carroll e al suo Alice’s Adventures in Wonderland (1865)
Ancora, ci sono delle porte per accedere ad un altro mondo in ‘Cronache di Narnia’ [The Chronicles of Narnia, una serie di sette romanzi fantasy per ragazzi scritti da C. S. Lewis (1898 – 1963)] e ne ‘La storia infinita’, di Michael Ende (1977).

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E come dimenticare Coraline – Coraline e la porta magica, film d’animazione in stop-motion del 2009, diretto da Henry Selick? Il film è basato sul racconto Coraline, scritto da Neil Gaiman (2002) ed illustrato da Dave McKean (pubblicato in Italia dalla Arnoldo Mondadori Editore).

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Porta, nel senso di attraversare una soglia; entrare in un altro universo sensoriale.
Non è un caso che l’accesso a un giardino spesso sia stato paragonato ad una soglia per entrare in un mondo separato di stati d’animo ed emozioni, un’apertura ad altre sensazioni e alla bellezza [vedi anche in Ruth Ammann (architetta e psicoterapeuta) ne ‘Il giardino come spazio interiore’ (ediz. 2008, 2019)].

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Ma tanti significati ed espressioni ha avuto, questa ricerca, nella letteratura e nel cinema… E sempre parliamo non di aspetti  astrusi ma di cose reali, di cui abbiamo diretta esperienza ed immediato coinvolgimento.

[La porta sull’estate (1) – Continua qui [6]]