Ambiente e Natura

Modesta proposta di una nuova via per il turismo ponzese

di Giuseppe Mazzella

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In riferimento alla ricerca di nuovi modi per favorire il turismo isolano, vorrei proporre una delle possibili idee, questo anche sulla base di esperienze di altre isole più blasonate di noi.

Bisogna innanzitutto partire da un dato: gli abitanti stabili di Ponza sono purtroppo troppo pochi in particolare nei mesi invernali. E questo non favorisce quello che noi chiamiamo “il mercato interno”, che ha un effetto ovviamente limitativo sul lavoro di quanti restano pressappoco inoperosi per molti mesi, salvo poi intensificare le attività nei mesi estivi. Una disarmonia che non può fare crescere adeguatamente la nostra economia e anche la qualità della vita.

Analizzando la storia di altre realtà italiane isolane analoghe per caratteristiche ambientali e climatiche – Capri, ad esempio – che hanno saputo creare una grande crescita economica e civile, credo di poter rilevare un dato: la permanenza di un certo numero di ospiti in tutti i mesi dell’anno. La loro presenza ha fatto la fortuna dell’isola partenopea. Incentivare questa politica dell’accoglienza qualificata e qualificante, può far sì che il turismo si allunghi al di là dei tradizionali tre mesi estivi. Questa che potremmo definire come massa critica – basterebbero tre-quattrocento persone -, costituirebbe la base sufficiente per mantenere il volano economico anche nei mesi invernali, avendo anche una funzione attrattiva verso altri soggetti con pari requisiti. In sostanza un buen retiro per veri ammiratori rispettosi della nostra isola.

L’ideale sarebbe utile poter contare su persone anche, ma non solo, culturalmente elevate: pittori, scrittori, artigiani, grandi professionisti. Grazie anche alle condizioni lavorative attuali, che grazie alla tecnologia avanzata, permette di lavorare ‘da remoto’ in tutti i settori anche commerciali. Forse il Covid-19 ci ha insegnato anche questo. Le premesse ci sono tutte; basterebbe creare qualche incentivo, o almeno non scoraggiare questo tipo di insediamento.

Ricordo che a metà degli anni novanta conobbi un grande industriale americano che si occupava di microchip, in continua navigazione in tutto il mondo con una grande barca dalla quale dirigeva tutte le sue attività. Non dico di diventare un’isola come Madeira, dove stabilmente vivono migliaia di turisti prevalentemente del nord Europa, ma in piccolo questa scelta potrebbe favorire il nostro turismo e una sua crescita adeguata ai nuovi criteri di eco-sostenibilità per una realtà fragile come la nostra Ponza. Che è poi il futuro del turismo.

Immagine di apertura e di copertina: “Il buon ritiro”. Immagine di chiusura: “Aspettando la risalita”. Entrambi di Piero Ippolito, artista contemporaneo

6 Comments

6 Comments

  1. Enzo Di Giovanni

    18 Maggio 2020 at 09:29

    Assolutamente d’accordo con Giuseppe! Ce lo stiamo raccontando in tutte le salse: eco-sostenibilità, biodiversità. Ognuno può usare il concetto che sintetizza meglio il proprio modello di sviluppo, ma è chiaro che il futuro si gioca in questi termini a livello planetario. Non lo diciamo solo noi, ma siamo confortati da fior di economisti. Mi piace molto, poi, la visione della massa critica: quelle tre-quattrocento persone che potrebbero sembrare poche per l’economia, ma che invece valgono da un punto di vista sociale, culturale, ma anche economico ben di più di quell’invasione selvaggia / fuoco di paglia di 3 settimane l’anno, quando va bene. E quest’anno non andrà bene, lo sappiamo benissimo.
    Il buen retiro, poi: abbiamo già vissuto questa “residenzialità”, ed è colpa grave non essere riusciti a trattenerla. Quando ci lamentiamo della scarsa considerazione che hanno le istituzioni verso la nostra isola, dovremmo avere l’onestà intellettuale di prendercela prima con noi stessi: se “da fuori” non sanno riconoscere il valore, l’eccellenza del nostro arcipelago, se scambiano Ponza con Procida nelle manifestazioni turistiche, se “perdiamo” una gara su fb contro Villa D’Este perché “abbiamo solo 4 case colorate” ed il mare che non è certo merito nostro… Diciamocelo: la colpa è nostra. Se non sappiamo nemmeno noi chi siamo, che colpa ne ha Zingaretti, o chi per esso?!
    Su questo, non ci possono essere dubbi, dovrà innescarsi il dibattito del futuro prossimo: tutto il resto è noia.

  2. vincenzo

    18 Maggio 2020 at 13:16

    Mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. Partire da noi stessi per cambiare il mondo?
    Ma perché votiamo?
    Perché c’è ogni cinque anni chi fa campagna elettorale e poi quando vince fa le sfilate?
    A che serve avere un Sindaco, oppure un delegato al turismo, un altro alla cultura e magari un presidente della pro- loco? La colpa è nostra solo nostra? Con questo sistema mentale non dobbiamo pensare proprio di fare politica, dobbiamo fare meditazione trascendentale e occuparci di spiritualismo.
    Per quanto riguarda la proposta di Mazzella posso dire che rimane una proposta per cui in linea teorica è certamente buona, ma – come quella della centralità della cultura proposto nel progetto “il mare di Circe” che è partito e non si sa dove è arrivato – dobbiamo certamente dire che tutte le proposte teoricamente buone, non possono che partire da politiche coerenti e da interpreti convinti e capaci di coinvolgere gli individui.
    Se non c’è questo, rimarranno solo “le lacrime di coccodrillo” per quelli che vogliono riciclarsi, ma in concreto gli individui indirizzati dai loro interessi sostituiranno i vuoti politici con iniziative private di cortissimo respiro.

  3. Enzo Di Giovanni

    19 Maggio 2020 at 09:01

    Non ho detto da nessuna parte che la colpa è “solo” nostra. E’ solo nostra la colpa di pensare che l’esercizio del voto ogni 5 anni sia un ombrello sotto cui ripararci, salvo poi lamentarci perchè piove. Zingaretti, o comunque il suo staff, è stato criticato – giustamente – perchè ha scambiato Procida con Ponza. Bene: sarei curioso di sapere quanti ponzesi siano consapevoli che “l’ignoranza” di Zingaretti nasca da una nostra incapacità di comunicare la nostra offerta, visto che si parla di turismo. E’ colpa di Zingaretti se 9 turisti su 10 siano convinti che a Ponza ci sia solo mare al punto da poterla facilmente confondere con qualsiasi altra località? O del fatto che negli ultimi 50 anni non siamo stati capaci di creare un modello di sviluppo che trattenesse non solo i residenti ponzesi ma anche quelli che avevano intravisto su questo scoglio potenzialità tali da desiderare di viverci? E’ questo, in ultima analisi, il senso implicito della proposta di Giuseppe Mazzella che io ho rilanciato col mio commento, e su cui dovremmo ragionare se vogliamo o crediamo possibile anche un nuovo modo di amministrare l’isola. Pensavo fosse chiaro. Se non è chiaro, allora continuiamo pure “solo” a lamentarci di tutte le amministrazioni passate, presenti e future, che di motivi ne troviamo a iosa.

  4. vincenzo

    19 Maggio 2020 at 20:37

    Caro Enzo non è chiaro.
    Quando si presenta una compagine amministrativa propone un programma di governo dove quasi sempre c’è la voce turismo, cultura per non parlare del resto.
    Il cittadino ponzese delega con piacere a chi “offre di più”.
    Ora tu mi dici che 9 turisti su 10 sanno che a Ponza c’è solo mare! Bene la colpa di chi è?
    Proprio in quest giorni si è innescato un dibattito tra i vari “padroni di casa” e io oggi chiedo: di chi è la colpa se Ponza è conosciuta solo per il suo mare e che non siamo stati capaci di creare una offerta turistica alternativa?

  5. Silverio Guarino

    19 Maggio 2020 at 22:18

    E se invece fossero gli stessi ponzesi “emigrati” in continente o altrove a far ritorno sull’amato scoglio, per rappresentare al meglio i rappresentanti di quel “buen retiro” di cui si è parlato?

    Se solo volessero, con il loro rientro, oltre a rendere viva l’isola, si potrebbero realizzare anche altre realtà: un cinema, un teatro, un circolo culturale, migliori collegamenti con la terraferma, migliore qualità della vita con migliore assistenza sanitaria e maggior rispetto per chi rimane anche d’inverno. Ed anche essere di aiuto alle pubbliche amministrazioni future.
    Senza aspettare “coloni” forestieri, che ci hanno già colonizzato d’estate.

    Dal grande passo i ponzesi “emigrati” sono bloccati proprio per la mancanza di queste normalità “cittadine” che rappresentano la vita di tutti i giorni in terraferma e che a Ponza non esistono.

    C’è poi il grande timore di non avere un valido supporto sanitario tale che si possa così evitare l’ultimo viaggio.
    Come se “in continente” si diventi tutti immortali.
    E a Ponza no.

    Ho ancora per qualche tempo impegni e obblighi con i miei pazienti.
    Ma mi sto preparando.

  6. Enzo Di Giovanni

    19 Maggio 2020 at 22:39

    E’ chiarissimo, invece, Vincenzo.
    Forse ti è sfuggito che le considerazioni esposte raffigurano una deriva che si trascina da troppo tempo, che sta portando ad una perdita inesorabile di residenzialità, di cultura, di socialità. La “modesta” proposta di Giuseppe parte da un vissuto, da un pregresso modello evidentemente ancora oggi attuabile: non nasce nel nulla, come estemporanea idea creativa del suo autore. La sua forza, come per altre idee elaborate nell’agorà virtuale di Ponza racconta, sta nel “si può fare” a Ponza come altrove. Ridurre il tutto a “di chi è la colpa” rischia di essere un modo strumentale di svilire il dibattito, anche perchè una problematica vecchia, insoluta, ha molti padri.
    Bisogna rinnovare il linguaggio, chiedersi se ne saremo capaci, piuttosto che cercare vecchie responsabilità, che è il classico modo di cambiare tutto per non cambiare nulla.

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