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Epicrisi 278. Per vedere di nascosto l’effetto che fa

di Enzo Di Giovanni

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Sono giorni strani. Storditi, cominciamo a mettere il naso fuori casa. Come dopo un acquazzone. O uno tsunami. O semplicemente una pandemia.
Inizio questa epicrisi settimane dicendo la cosa più banale possibile: …per vedere di nascosto l’effetto che fa, avrebbe detto Jannacci.
Il passaggio non è né semplice né indolore: siamo passati dal “restate a casa!”, che a Ponza si è tradotto in “state fuori, non venite!”, all’accettazione rassegnata del fatto che la vita deve continuare, e perciò i traghetti a viaggiare, le persone ad esistere.
A cavallo tra una fase 1 ed una fase 2 il problema non è uscire o stare a casa. Il problema è dare una normalità all’esistenza.
Per dirla con Francesco Carta L’epidemia non è ancora finita. Eppur bisogna vivere [1]: ci sarà stato un prima e ci sarà un dopo. E in questa fase, il vero nemico non è il virus, ma noi stessi, l’umana tentazione di ricominciare come prima.
Quando il nemico è invisibile, si vorrebbe che non fosse mai esistito. Quando il nemico sono le macerie di un terremoto, o di una alluvione, si sa da dove ricostruire. Magari dopo decenni, dopo mille speculazioni, come siamo ahinoi abituati a vedere, ma almeno la rotta è tracciata.

Noi dopo (dopo?!) questa esperienza di tracciato non abbiamo nulla. Abbiamo coltivato ognuno a modo suo questa assenza di vita: inventandoci un ritmo ed un senso, come ci racconta Patrizia Maccotta: Ogni giorno ho inviato – nella storia appunto del mio telefono cellulare, essenziale contatto con il mondo in questo periodo di allontanamento, di distanziamento dagli affetti più cari -, la foto di una delle teiere; così abbiamo deciso, meglio forse desiderato, che alla quarantesima teiera il virus avrebbe deposto la sua corona e si sarebbe allontanato dalla specie umana. Sheherazade e le quaranta teiere. Un dialogo [2].

Oppure attraverso il sogno, come Franco De Luca: Perché credo che dallo spiraglio del sogno possano venire indicazioni e suggerimenti per il nostro vivere quotidiano. La politica in sogno (1) [3].

Sì, sono giorni strani.
Ne avremo contezza probabilmente molto più in là, quando questo evento si sarà storicizzato, ed avrà assunto i contorni della sua vera dimensione, che ancora non ci è dato conoscere.
Quello che possiamo conoscere al momento, infatti, è molto poco: la sensazione di essere davanti ad una di quelle pieghe della storia umana in cui tutto può accadere, o magari nulla.
Ma il nulla adesso suonerebbe di sconfitta, di occasione sprecata.
Ce lo ricorda Roberto Pedicino in Cinema, virus, epidemie e batteri (seconda parte) [4]
: …per quanto riguarda la necessità dell’esperienza filosofica ed introspettiva degli uomini di fronte all’ignoto. Necessità che diventa oggi manifesta a tutti, nel momento in cui ci vengono precluse le abitudini quasi autistiche a cui cediamo nelle condizioni di presunta “normalità”.
Non possiamo, non dobbiamo fare finta che nulla sia successo, anche se ci piacerebbe perché comodo.

Rubo ancora dall’amico Franco, che mi perdonerà: Il degrado, come lo sporco, come la malattia, come il brutto si diffondono con velocità. La bellezza, l’ordine, il pulito hanno bisogno di impegno, di cura, di passione.
La vita sospesa, l’abbiamo già detto in più forme, concede l’occasione di rimescolare le carte, di cambiare paradigmi stantii e ridare nuovo senso alle cose: non sprechiamola.


Persino le fredde leggi della burocrazia si adattano a questa esigenza: ne L’arrivo del Quirino il primo giorno della Fase 2 si sottolinea che possiamo finalmente ricongiungerci ai parenti, ma tra i congiunti vi sono le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, che è un modo edulcorato di definire le relazioni amorose: ufficiali, approvate, clandestine, poco importa. Che l’amore trionfi, perché è bisogno primario dell’essere umano, fanculo ai virus. E’ costretta ad ammetterlo, caso unico, persino la legge.
E noi, che siamo sensibili alle leggi, ma soprattutto all’amore, lo celebriamo nella nostra canzone domenicale: Sous le ciel de Paris [5].

Torniamo alla vita facendo in modo di apprezzarla davvero, come mai prima.
E’ questo il momento, tra la paura ancestrale dell’untore che ci ha allontanato dagli altri ben oltre le giuste misure sanitarie del distanziamento, e la necessità di ripartire.
Non a caso Da L’Espresso di oggi. Un articolo sulle piccole isole [6], con foto della nostra Federica Di Giovanni la cronaca ci visualizza l’essenziale:“Ponza, Ventotene, Capraia, Pantelleria. E le altre. Tutte senza neanche un malato, con i vigili in porto a fermare chi sbarca. Che però ora si chiedono: che ne sarà di noi, se non viene più nessuno?”.


E qua la questione si fa seria.
Siamo davanti ad un’emergenza che si sta strutturando. Non è più emergenza, ma una realtà che dovremo riuscire a gestire, pur nell’unicità del caso.
E le premesse non sono eccezionali.
Non lo sono a livello europeo, a sentire l’aria che tira in Germania: il documento proposto da Tano Pirrone Il meglio dai media (15). Europa anno zero. “Der Spiegel” sull’Italia è indicativo di un malessere, che del resto non è solo tedesco, dal momento che un certo tipo di sovranismo antieuropeo è purtroppo diffuso dappertutto, come ben sappiamo in Italia.
Con l’unica differenza, non da poco, che per il momento in Germania possono permettersi di fare gli schizzinosi. Ma solo per il momento, perché se salta il banco, salta per tutti.
Non lo sono nemmeno a livello locale.
Le cronache del primo incontro tra maggioranza ed opposizione non sono quelle auspicabili.
Incontri dell’Amministrazione sul tema del Turismo; Confcommercio sezione Ponza, incontro sul turismo
; ci raccontano le visioni dei tre partecipanti al primo incontro sull’estate che ci aspetta, ed il fatto che siano visioni differenti non favorisce certo l’ottimismo.

L’abbiamo rimarcato come redazione, Estate 2020, che ne sarà di noi… e possiamo riassumerlo con: Ma questa estate si lavora o no?
Non è una domanda retorica, e nemmeno addossare agli amministratori ed ai rappresentanti di categoria colpe che non hanno e responsabilità superiori alle loro forze, ma piuttosto l’incentivo ad uno sforzo straordinario, come è straordinaria la situazione corrente. Raramente Ponza è stata chiamata ad un’azione collettiva che rompesse lo schema classico dell’individualismo sfrenato.
Questo è uno di quei momenti.
Non si può essere discordi nelle azioni da intraprendere. Non si può non ascoltare la voce e le esigenze di tutti i cittadini.
Abbiamo un’economia fragile, che non può attendere una ripresa ad ottobre, perché l’ottanta per cento di noi ponzesi vive solo di turismo stagionale.


Ho letto con attenzione il pezzo di Tano Pirrone sul lavoro informale: Crisi come opportunità. L’economia da lavoro informale [7].
In effetti il lavoro informale si adatta bene alla nostra economia isolana. Molti di noi sono lavoratori stagionali, considerati border line. Non a caso, pur avendo Ponza un’economia estremamente fragile ha goduto, in questa prima fase, di scarsi aiuti, e per una minima parte della popolazione. Le piccole strutture ricettive che coprono gran parte di quella microeconomia che ci permette di vivere, alcune piccole attività di recente nomina come gli home restaurant, ed altre realtà similari non sono contemplate tra i soggetti aventi diritto al primo pacchetto di aiuti immediati, come il bonus sul coronavirus.
Eppure siamo quelli che ne avrebbero più bisogno!
Ci vogliono risposte concrete ed unitarie, soprattutto con la piena rappresentazione di tutte le categorie e le realtà isolane: è questa la capacità di osare che chiediamo.
Come quella che esprime Franco De Luca in Si riparte [8]: partire da un nuovo piano regolatore finalizzato ad aggiornare questo importante strumento non nel senso di una generalizzata presa d’atto dell’urbanizzazione esistente, ma piuttosto proiettando il paese verso le esigenze di un futuro che va delineato. Specie per le strutture sociali di cui il paese ha penuria.
Ma parliamo d’altro, perché per fortuna c’è anche altro, nella vita che riprende.


Il Pino (merita di essere personalizzato) della Dragonara, per esempio. Che ha lasciato un gran vuoto (in tutti i sensi), ed uno strascico di dolori e garbate polemiche, Anche il pino della Dragonara “se n’è andato” [9]; Quel Pino del ’49 [10]; Nostalgie, ricordi di un passato lontano, legate al Pino [11]; sono le testimonianze (nell’ordine) di Silverio Lamonica, di Silverio Guarino e  di Franco Schiano, che all’ombra del Pino hanno vissuto.

Il più indiretto Pino [12] invece è la testimonianza di Rita Bosso che lontano da emozioni dirette può permettersi il lusso di una caustica e lapidaria analisi: è stata fatta una grande stronzata!

Aspettando di gustare del buon pesce in una estate che verrà, ci godiamo i fuochi d’artificio di Tano Pirrone. Tema: la storia del quotidiano la Repubblica e la banalizzazione del pensiero ai tempi di Facebook. Svolgimento: Scrivo de “la Repubblica” e rispondo a ‘Vincenzo’ [13]. Aspettiamo repliche.


Nell’attesa, chiudiamo con due storie al femminile, che bisogna pur vedere la luce in fondo al tunnel.
La prima è la forza prorompente di Michelle Obama che potrebbe rivitalizzare il deprimente panorama politico americano: “Becoming”. Michelle e l’America [14].


La seconda, bellissima, è che Silvia Romano è libera [15]dopo 18 mesi.
E dal momento che mi piace vincere facile, direi che che chiusa migliore non vi potesse essere: di questi tempi, poi…
Bentornata tra noi, Silvia, anche se troverai un mondo un po’ più scombussolato, dopo il tuo anno e mezzo di vita sospesa!