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Silvia Romano è libera

di Sandro Vitiello

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E’ di pochi minuti fa la notizia che Silvia Romano è libera.

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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte l’ha comunicato con poche parole che da troppo tempo aspettavamo.
“Silvia Romano è stata liberata! Ringrazio le donne e gli uomini dei servizi di intelligence esterna.
Silvia, ti aspettiamo in Italia!”

Silvia era stata rapita da un commando armato nel novembre 2018 in un villaggio ad ovest di Malindi, in Kenia.
Seguiva per conto di una onlus marchigiana “Africa Milele” un orfanotrofio nel villaggio di Chakama.

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La liberazione di Silvia è la fine di un incubo per lei e la sua famiglia e lo è anche per i suoi tanti amici che in questo anno e mezzo hanno sperato che le fosse ridata la libertà.
La sua liberazione è importante anche perché questa ragazza e i tanti giovani che come lei spendono i migliori anni della loro vita nelle periferie del mondo, portano un messaggio di solidarietà e di speranza.

Abbiamo sentito tante volte i messaggi di una politica cattiva e vigliacca che, nel criticare gli interventi umanitari a favore dei migranti, strumentalmente dice di “aiutarli a casa loro”.
Spesso abbiamo anche sentito commenti vergognosi a seguito di eventi come il rapimento di Silvia: “Se l’è andata a cercare”.
Oggi festeggiamo la liberazione di Silvia ma permetteteci di dire che lei rappresenta quell’Italia che nei fatti va ad aiutare a casa loro quanti ne hanno bisogno e, anche se consapevoli dei rischi a cui vanno incontro, lei e tanti altri giovani non si lasceranno intimorire.

Le istituzioni, con la liberazione di questa giovane ragazza milanese, ci fanno sapere che fanno di tutto per sostenerli nei progetti che portano avanti e nell’aiutarli se si troveranno in difficoltà.

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Un abbraccio grande a Silvia e un ringraziamento all’intelligence italiana che ha permesso la sua liberazione.


Nota della Redazione
Sull’Africa abbiamo pubblicato nell’ottobre 2017 un potente articolo di Alex Zanottelli – leggi qui [4] – con i commenti di Sandro Russo e Enzo Di Fazio dove si parla appunto del volontariato in Africa e dell’ipocrisia della frase “Aiutiamoli a casa loro”