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Estate 2020, che ne sarà di noi…

la Redazione

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Abbiamo letto dell’incontro che c’è stato ieri nella sala consiliare, a Ponza, tra gli amministratori dell’isola, il gruppo d’opposizione e le associazioni di categoria presenti sull’isola. Non c’era, come ha fatto notare il gruppo vigorelliano, la Pro Loco.
Non è stata invitata? Non si è presentata?
Potrebbe esprimersi qui su Ponzaracconta, se volesse.

Notiamo dai comunicati finali che se gli amministratori dell’isola vedono la botte mezza piena, l’opposizione la vede tutta vuota.
C’è un dato di fatto che salta all’occhio e che in questo momento rappresenta il vero punto di partenza sul quale nulla è stato detto.
Una crisi come questa come potrà evolvere? Che scenari potrà produrre?
Come potrà la comunità di Ponza, così piccola e fragile, sopravvivere ad una tempesta epocale che ancora non ha pienamente espresso i suoi effetti sulla vita degli isolani e sul loro futuro?

Sono trascorsi più di due mesi a tutelare la salute di quanti abitano sull’isola – ottima cosa – senza chiedersi come ne sarebbero venuti fuori, una volta finita la pandemia.

Noi sappiamo bene che Ponza vive di ospitalità eppure si è dato voce in questi due mesi passati soprattutto a chi urlava più forte contro gli untori che sarebbero arrivati “da fuori.”
Legittima la paura dei più deboli, ma chi aveva ed ha responsabilità pubbliche avrebbe dovuto spendersi anche ricordando che la possibilità di avere un futuro rimane legata alla nostra capacità di ospitare, di accogliere.

Ma nulla è facile in questo momento, non ci sono ricette sicure.
Gli esperti di ogni ramo hanno cambiato opinione spesso, perché una situazione come quella attuale nessuna l’aveva prevista e nessuno aveva preparato soluzioni realistiche.
Per capirci, ad oggi non sappiamo neanche se avremo ancora la possibilità di andarci a tagliare i capelli in sicurezza, figuriamoci il resto.

Eppure in un contesto così complicato la realtà ponzese risponde con la solita riunione tra “gli addetti ai lavori” che producono un documento debole in tutti i suoi passaggi perché non risponde alla domanda fondamentale: “Ma questa estate si lavora o no?”.

Proposte che appartengono al dibattito generale come i tavoli distanziati al ristorante o barriere in plexiglass dappertutto sono buone per raccontarsi qualcosa ma non sono la soluzione. Per non parlare degli ombrelloni sulle spiagge.
Non si affronta così una crisi che cambierà completamente il modo di vivere della nostra isola e di godere delle bellezze della natura.
Non si può partire da qualche documento ministeriale per dare certezze alla nostra gente.
Bisogna affrontare i problemi legati al futuro della nostra isola partendo da Ponza, dalla sua gente, dalle paure verso il futuro, dalle incognite sul “che fare”.

Se a Ponza non troviamo un modo nuovo, e antico come il mondo, di rendere partecipe tutta la cittadinanza sulle iniziative da andare a mettere in campo, non si va da nessuna parte.
E’ importante la collaborazione di tutte le forze politiche; è necessario il contributo delle associazioni di categoria, ma non basta.

Una parte importante del prodotto interno lordo ponzese appartiene ad un’economia che possiamo definire parallela.
Soprattutto per quanto riguarda la ricettività.
Rappresenta comunque il benessere di tante famiglie. Rappresenta quel soldo che se scompare metterà in ginocchio tanti nostri compaesani. E saremo costretti a vedere, con numeri maggiori, tanti uomini e donne ripartire con la valigia in mano nella speranza di trovare da vivere meglio altrove.

A Ponza – tranne che in rari casi – si è sempre data poca importanza all’idea che “uniti si vince”, che “siamo sulla stessa barca” e via discorrendo.

Oggi più che mai è opportuno – anzi, è obbligatorio! –  mettere al centro dei  pensieri di tutti  il principio che dobbiamo salvarci, qui, ora e a Ponza e dobbiamo farlo stando tutti uniti. E’ una guerra troppo importante da lasciarla in mano a chi guarda appena oltre l’uscio di casa. I contributi devono venire da tutti, da chi vive sull’isola e da chi non ci vive ma l’ha nel cuore, Ponza ce la deve fare, tutta unita.

Partendo da cosa?
Partendo dall’idea che la nostra isola è pronta ad ospitare quanti vorranno pensare ad una vacanza all’insegna della bellezza e dell’armonia.
C’è bisogno però di dare parola alle mille voci dell’isola. C’è bisogno di prestare attenzione a quanti cercano di sperimentare un nuovo modo di essere del turismo.
Allargare la stagione dell’accoglienza, rivalutare l’isola nel suo insieme, dare risalto alla sua storia.
Soprattutto mettere al centro un turismo residenziale, fatto di persone che scelgono di fermarsi qualche giorno a Ponza per godere della sua bellezza nel senso migliore del termine.

Ponza non può più permettersi di vedere arrivare migliaia di persone che non portano nulla sul piano economico e che maltrattano il territorio con una presenza eccessiva.
Ponza ha bisogno di veder ridistribuita la sua ricchezza e quindi deve valorizzare al meglio la sua accoglienza fuori stagione e a Le Forna.

Tutto questo sarà possibile se utilizzeremo questa pandemia come opportunità. Se saremo capaci di parlare con i cittadini della nostra isola e se saremo capaci di ascoltarli, potremo costruire un progetto di isola che va ben oltre questi giorni difficili.

Dobbiamo essere capaci di osare.

Immagine di copertina: La Grande Famille, Renè Magritte, 1963