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Il meglio dai media (14). Dalla Francia. La rivolta dei nonni “sessantottini”

Segnalato e tradotto da Nazzareno Tomassini

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Sull’ultimo numero di aprile del settimanale francese L’OBS (ex Observateur) è apparsa una interessante inchiesta sui “papy-boomers”, che sarebbero tutte le persone comprese tra i 70 e gli 80 anni e che sono in piena forma, ma che il Covid-19 ha scaricato indistintamente nel campo dei “vecchi”. E loro si sono arrabbiate e anche un po’ depresse.

La musica ha cominciato a farsi sentire già dall’inizio dell’epidemia. “Il virus è pericoloso per i vecchi” hanno ripetuto i giornali e la TV. All’inizio i “papy-boomers” non si sono sentiti toccati; per loro i vecchi sono le persone dipendenti, quelli che vivono nelle case di riposo e accumulano patologie varie. Certo non loro, i ragazzi terribili del 1968, i piccoli principi dei Gloriosi Trenta, questi settantenni sempre in forma e attivi nelle associazioni e nella politica, ma anche nelle professioni liberali, intellettuali ed artistiche. Non loro che viaggiano gagliardamente per tutto il mondo e riempiono le sale dei cinema e dei teatri. Non loro, i cui neuroni funzionano a pieno regime e le cui silhouettes restano sempre toniche grazie allo yoga, alla bicicletta o alle lunghe escursioni a piedi… I vecchi sono gli altri.
E anche il confinamento non è stato per loro una prova così dura: con l’età si è a volte troppo soli, ma spesso si hanno più comodità, spazi e calma di una giovane coppia con la loro marmaglia.

Ma poi la musica si è amplificata, a causa dei propri figli. “Attenti, siete una popolazione a rischio” – hanno cominciato a martellare.- “Voi siete fragili, restate a casa, non uscite a fare la spesa…” – e via di seguito. E allora pian piano i nostri settantenni hanno cominciato a vacillare e a sentire un rovesciamento di poteri, come fossero diventati i figli dei propri figli. Poi sono arrivate anche le brutte notizie ufficiali, come quella secondo cui l’età media delle persone ospedalizzate (in Francia) è di 69 anni e il tasso di mortalità dei settantenni è dell’8%. E qualcuno ha anche cominciato ad avere qualche amico o conoscente toccato dal virus e dunque si è un po’ impressionato. Fatto prevedibile se è poi vero che i due terzi dei deceduti erano anziani.

“Prima di ora – confessa la madre dell’autore dell’inchiesta, un’iperattiva di 74 anni – mi dicevo: certo sto invecchiando, ma non sono vecchia, non ancora… Per strada incontravo vecchi con il bastone o appoggiati al braccio di uno più giovane e mi rassicuravo pensando che non ero ancora arrivata a quel punto. Ma ecco là, con questo virus ho capito che i vecchi descritti dai media siamo mio marito, i miei fratelli, i miei amici e… io!”.

Un’altra testimone di 75 anni dichiara apertamente che ci vuole tanto ottimismo per sopportare questo cambiamento di campo. “Per tutta la mia vita m’hanno sempre detto: devi restare giovane! E così oggi non prendo nessune medicina, faccio ginnastica, mi tingo i capelli… E ho anche vietato ai miei nipoti di usare il termine vecchia. E adesso vorrebbero che cambiassi atteggiamento? Ma mi vogliono far arrabbiare! Da quando è apparso questo Covid-19, in un colpo solo la nostra utilità sociale è stata spazzata via”.

Un’altra notizia sconvolgente è stata quella secondo la quale, in mancanza di posti letto e di infermieri, quelli disponibili sarebbero stati lasciati a quelli che avessero meno di 75 anni.
Poi ci si è messo anche il presidente della repubblica Macron, quando ha dichiarato che sarebbe bene che le persone più vulnerabili, in sostanza quelle con più di 65 o 70 anni, restassero confinate anche dopo l’11 maggio, data ufficiale del deconfinamento.

A questo punto però, allo scoramento e alla depressione è subentrata la rabbia e sono cominciati ad apparire i segni di un’impensabile rivolta.
Qualcuno, ricordando la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, ha affermato che porre un tale limite d’età è un grave attentato alle libertà pubbliche e che “nessuno ha voglia di vivere in una dittatura della sanità dettata dai medici”.

Diversi personaggi noti hanno mediatizzato la loro collera. Un uomo d’affari ha annunciati una “rivolta dei capelli bianchi”; un filosofo ha gridato alla “vergognosa messa in casa di riposo generalizzata di tutti quelli che hanno superato i 65 anni”. Una psicologa ha denunciato un criterio “ingiusto, discriminatorio ed anticostituzionale”. Uno scienziato ha ironizzato su Twitter: “e allora le persone obese no? Fino a che limite di peso? E tutti gli uomini perché sono più fragili delle donne?”. Uno scrittore ha invitato i “vecchi” a darsi alla macchia. E infine un ex magistrato ha lanciato una petizione intitolata: “E’ vietato vietare ai vecchi di uscire di casa con il pretesto che sono vecchi”; che riprende in sostanza uno slogan del Maggio ’68: Vietato vietare. Per lui l’età la stabiliscono le arterie e i vasi sanguigni e non la carta d’identità… Non per niente un altro scrittore dice di avere una madre di 93 anni che è antropologa e dà ancora delle conferenze, ma ha anche un amico che ha avuto un Alzheimer a 58 anni.

Alla fine il governo ha fatto marcia indietro e la fronda è rientrata, ma tutte queste discussioni hanno comunque lasciato il segno. Per molti degli intervistati è evidente che “c’è una generazione che cerca di ostracizzare i vecchi, perché ha paura che prendano troppo potere, ma che non ha capito che i diritti di cui gode oggi sono arrivati grazie a questi vecchi”.

Alcuni psicologi hanno affermato che questi settantenni danno fastidio, perché sono la prima generazione a occupare lo stesso spazio della generazione successiva. E questo perché sono attivi, ma non soltanto per badare ai nipoti o a far visita ai genitori chiusi nelle case di riposo. Una cosa del genere non era mai esistita prima.

In conclusione, la crisi sanitaria che noi viviamo sarebbe anche una crisi morale. Al di là di questo brutale episodio della pandemia, si sarebbe infatti posta di nuovo la questione dell’immagine, del posto e della voce delle persone anziane. Perché sono ancora loro che fanno il futuro: in Francia quelli che hanno più di 60 anni sono oggi 18 milioni e quelli che hanno superato i 75 anni sono 6 milioni.
In Italia la situazione non è molto diversa.

N. Tomassini
2/05/2020