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Riletture (5). Dal dottoredi Rita Bosso . Isidoro Feola racconta con maestria una storia dal retrogusto amaro. Nei primi due “atti” il dottore ci accoglie nel suo studio; attento, competente, empatico, ascolta i pazienti e i loro parenti; misura col metro della follia fisiologica la vecchia che comincia a perdere colpi, il giovane quasi guarito; adegua diagnosi e terapia. Lui e lei sono bellissimi ma lui è anche molto str-ano; si attende il momento del vaffa (in spagnolo: Sigue sin mi. A cui lo str-ano, ipocrita aggiunge: dimenticami, prosegui senza di me se qui non eri felice. E lei: ah, dovevo anche essere felice a farti da serva allo Zanzibar? Adesso, si perméti, provo ad essere felice sdraiata sul ponte del caicco).
Lui, lo str-ano, fa finta di suonare il piano davanti al Fortino; mica per realizzare ’sta scenetta porteranno un pianoforte vero lassù? See, e come ce lo porti un piano sul Fortino: con l’aereo, con l’elisoccorso, col pensiero? E, soprattutto, in quali condizioni arriverebbe? Non stanno mica girando Lezioni di piano, qui lo strumento si vede sì e no, in lontananza, per qualche secondo, andrà bene un tavolino scassato, uno scatolone, un qualunque parallelepipedo nero recuperato in discarica (purché non l’anfora punica di qualche giorno fa, di colore e forma non idonei). Insomma andrà bene qualunque cosa che renda l’idea, mica deve suonare davvero, la musica verrà dalla sala di registrazione. Comunque, affari loro. O no?
Morali della favola:
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