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L’isola che abbiamo dimenticato: la Galite (12)

di Biagio Vitiello 

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per l’undicesima puntata (leggi qui [2])

 

dal libro L’ile de la Galite di Achille Vitiello

La fine del protettorato
Nel 1955 lo Stato francese invia un geometra. Il Governo francese sa già che la Tunisia diventerà indipendente e che noi dovremo partire, ma nessuno ce lo viene a dire. Noi Galitesi crediamo sempre che La Galita sia la nostra casa.
Torniamo al geometra: viene misurato tutto e vengono messi dei cippi a tutti gli angoli dei terreni. I galitesi acquisiscono gli atti di proprietà di tutto ciò che è in loro possesso. Solo allora i galitesi comprendono che dovranno partire. Allora nasce l’idea di un referendum affinché l’isola resti francese. Monsieur Dargent, residente generale di Biserta, ci viene a spiegare che non ci sono problemi e che saremo aggregati all’Algeria ma, prima o poi, anche quella avrà l’indipendenza, per cui non servirà a nulla.

Nel 1956 finisce il protettorato francese. Il gendarme [francese] viene rimpiazzato da due giovani gendarmi tunisini; il capitano del porto, Monsieur Pieraggi, viene sostituito da Monsieur Tijene; il cantoniere e l’infermiere sono ugualmente sostituiti dai tunisini. È là che iniziano i nostri problemi. Quando l’amministrazione tunisina sbarca, la prima cosa in cui s’impegna è di far abbattere l’immensa croce che l’abate Bourbonneau aveva fatto erigere sulla sommità della Montagna della Guardia. Immediatamente i galitesi la recuperano per sistemarla nella chiesa. Molto spesso i gendarmi sparano delle raffiche di mitragliatrice sopra il villaggio. Tutto ciò che fanno i galitesi – compresa la potatura dei vigneti e degli alberi – sono considerati atti di sabotaggio.

La pesca all’aragosta viene nazionalizzata, tutte le aragoste sono acquistate direttamente dal governo tunisino che si occupa della vendita. C’è un lato positivo per i pescatori, perché le aragoste vengono comprate giorno per giorno e si incaricano loro di tenerle in vita nelle grandi casse-vivaio galleggianti. I pescatori non hanno più il problema della loro mortalità. Sul posto c’è una fabbrica di inscatolamento per le aragoste morte, ma non funziona da lungo tempo, perché le scatole sono di scadente qualità.

Il 15 agosto 1957 il Presidente Bourguiba viene in pellegrinaggio a La Galita.

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Francobollo commemorativo della visita di Bourguiba a la Galite

È preceduto da centinaia di tunisini che vogliono assistere all’evento e al loro passaggio saccheggiano le vigne e gli alberi da frutta. Una delegazione di galitesi, in rappresentanza dei pescatori, con alla testa mio padre Jean Vitiello, chiede di parlare col Presidente. La delegazione gli espone le nostre doglianze, alle quali il Presidente risponde testualmente:
Voi siete miei amici e da amico vi rispondo. Tutto quello che è successo finora non si ripeterà più, ma dovete comprendere che l’isola è tunisina e che dev’essere abitata dai tunisini. Allora, o diventate tunisini oppure partite. La Francia ha bisogno di braccia. Nessuno vi manderà via dall’oggi al domani, ma pensateci seriamente”.

Effettivamente, da allora i gendarmi si calmarono un po’.
A fine settembre la stagione delle aragoste finisce e una decina d’uomini tra cui mio padre, partono cercando una prospettiva sulle coste marsigliesi: Sète, Montpellier, Tolone, non sapendo dove stabilirsi definitivamente. In ogni modo, è la pesca ciò che sanno fare. Un gruppetto si stabilisce a Marsiglia e un altro a Tolone, dove abitano due figlie di Jaques D’Arco ( Churchill ) sposate con due marinai. Le famiglie che si stabiliscono a Marsiglia, arrivano in Francia il 20 marzo 1958. A Marsiglia non ci si trova troppo bene. Mio padre trova un imbarco a Sanary, noi familiari lo seguiamo e stiamo ancora lì.

I galitesi che restano sull’isola, nel 1958 fanno la stagione di pesca, poi da settembre a dicembre di quell’anno espatriano. A La Galita resta una sola barca francese, il Saint Joseph che appartiene a Jaques e Joseph D’Arco; riescono a riportarla indietro, in Francia, nell’ottobre del 1958. Poco meno della metà si stabilisce a Sanary, l’altra parte segue Jaques e Joseph D’Arco prima a Tolone e poi a Lavandau all’inizio della stagione del 1959. La presenza delle isole attira di certo i pescatori. Soltanto due o tre famiglie rientreranno in Francia non prima degli anni ’80. A Sanary i galitesi devono sbrogliarsela da soli per trovare l’alloggio e il lavoro. A Lavandau il Comune si occupa un po’ di più a trovare l’alloggio ai galitesi. D’altra parte, chi non è registrato come marittimo, trova difficoltà ad armare una barca propria. Fortunatamente, il Ministro della Marina, Gilbert Grandval, ribalterà tale situazione.

[4]Sanary oggi

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Lavandau oggi

Alla loro partenza, i galitesi lasciarono l’isola in perfetto stato. Sollecitano per fare la vendemmia e lasciare i barili pieni di vino. Come una famiglia lascia l’isola, il governo tunisino la rimpiazza con una famiglia tunisina, cui viene assegnata per due anni, una mensilità di venti dinari. Finito il premio, piano piano tutti ripartono. L’isola verrà militarizzata e tuttora è priva di civili.

Ecco, grosso modo, ciò che è accaduto a La Galita in centoventi anni. Comunque, ciascuno di noi vi ha trascorso la propria vita. Coloro che nel 1958 avevano una quarantina d’anni, sono praticamente morti, mentre i bambini dell’epoca hanno ora circa sessant’anni. Tutti questi ricordi li abbiamo nella mente. Sarebbe questo il peso dell’infanzia? Per quanto mi riguarda, i ricordi dei quindici anni trascorsi a La Galita, sono più forti di quelli che sono sopraggiunti nei cinquant’anni successivi.

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I miei nonni con mia sorella e me

[L’ile de la Galite (undicesima puntata)Fine]

 

Brevi considerazioni

Questo interessante racconto, tradotto dal libro del mio parente Achille Vitiello, ha riportato notizie interessanti, sconosciute e dettagliate, che mai qualcuno ha scritto sulla nostra emigrazione all’isola di La Galite.

Bisogna ricordare sempre che tutta la nostra emigrazione Ponzese ha ripreso “il solco”, e messo radici, in quel cammino già tracciato  dai nostri “fratelli” di Torre del Greco (vedi articolo “Torresi alla conquista del Mediterraneo”).

Mi auguro che in un prossimo futuro, quando si faranno dei gemellaggi, venga fatta prima luce sulla storia dei Ponzesi di quel luogo, e non venga inteso solo come una gita turistica (come è avvenuto il più delle volte).

Ringrazio tantissimo Achille (Tolone, Francia) e suo cugino Mike (Delawer, USA), il primo che mi ha dato il consenso a tradurre e far conoscere questa storia inedita e interessante, il secondo che mi ha fatto scoprire questo libro.

Ringrazio moltissimo l’amico Prof. Silverio Lamonica (ex Sindaco di Ponza, in tempi  bellissimi), per avermi dato un grandissimo aiuto nella traduzione del libro.

Spero di aver fatto cosa gradita a tutti coloro (Ponzesi e non) che, come me, vogliono conoscere la nostra storia, le nostre radici e le nostre tradizioni, affinchè ne restino tracce nel futuro delle generazioni Ponzesi, per le quali questo sito è nato.

Grazie ad Achille, grazie a Mike, onore all’emigrazione Ponzese
Biagio Vitiello

 

Nota della Redazione – Della Galite sul sito si è ampiamente scritto (per leggerne basta inserire in “cerca nel sito” La Galite e si spalancherà l’accesso a 13 pagine con tanti articoli, foto e notizie interessanti)