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Epicrisi 276. Ponza e la riconquista del valore della libertà

di Giuseppe Mazzella

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Settimana ricca di pagine che affollano il sito di memorie storiche della nostra isola non ancora completamente esplorate.

Cominciamo con il contributo di Guido Trinchieri (leggi qui [1]), giovane chimico impegnato nella società mineraria di Le Forna a metà degli anni settanta del secolo scorso. L’amico Guido sintetizza il clima di quegli anni, rievocando con nostalgia persone e momenti durevoli nella memoria nonostante sia passato quasi mezzo secolo. Anni difficili ma certamente più sereni, nei quali i rapporti umani erano un patrimonio e una ricchezza per tutti.

Continua, proposta da Biagio Vitiello la splendida epopea dell’isola de La Galite (tratto dal volume L’ile de la Galite, di Achille Vitiello – digita – La Galite – in “Cerca nel Sito” per le dieci puntate finora pubblicate), dove poche famiglie di ponzesi, ormai esperti nel colonizzare dopo l’esperimento settecentesco voluto dai Borbone, seppero realizzare come “a specchio” un’altra Ponza, riproponendo, grazie anche ad una incredibile somiglianza orografica, i toponimi dell’isola madre. Storie di coraggio, sacrificio, intuizioni, capacità realizzative e aggregative che hanno del miracoloso.

Sempre di Biagio Vitiello, oggi medico in pensione, è un prezioso invito a ben ponderare le scelte in riferimento al ritorno al Comune di Ponza dell’isola di Zannone [2]. A “figlio di fanalista” si aggiunge (come commento allo stesso articolo) un altro “figlio di fanalista”, Enzo Di Fazio, che illustra ed esemplifica la delibera comunale e suggerisce opportunità.


Finalmente arrivano i chiarimenti dell’assessore Mimma Califano [3] che illustra traguardi raggiunti, lavori in corso, nuove opportunità turistiche per i ponzesi. Il progetto mi sembra utile, soprattutto perché, oltre ad assicurare nuove attività – speriamo per i ponzesi, come si augura la stessa Mimma -, assicura il controllo di un territorio fragile e ricco di eccellenze botaniche e faunistiche, così da superare l’antico detto isolano “Zannone t’azzanna ’u core”, a causa degli impervi declivi da superare, trasformandola in nuove opportunità di lavoro e di fruizione turistica.

Ad altri momenti di racconti di grande impatto ci porta il Memoriale di Giuseppe Cesarano – proposto da Franco De Luca e giunto alla quinta puntata (in “Cerca nel Sito”) -, che apre uno spaccato sulle condizioni sociali degli isolani agli inizi del Novecento del “secolo breve”. Una testimonianza preziosa sul patrimonio di umanità da valorizzare e di cui reimpossessarci soprattutto oggi in periodo di Coronavirus, nel quale forse ci à data un’altra possibilità di riscoprire i valori veri della vita; il dottor Cesarano, nostro orgoglio, grande anima e medico scrupoloso e umano, del quale ricordarci e indicare alle future generazioni.

Rita Bosso nelle sue Riletture (quattro puntate finora, in “Cerca nel Sito”), traendo spunto dal “cascione-archivio” del sito, invita a riflettere sulla possibilità di trasformare il deposito delle anfore, attualmente ospitate in una stanza dei locali del Comune, a realizzare il tanto sospirato Museo, magari con un primo step virtuale, arricchito da una selezione di immagini fotografiche. Tanto per ricordare, quelle anfore appartenenti ad una nave del I secolo a. C. naufragata nelle acque della Secca dei Mattoni furono tratte e salvate dai “tombaroli del mare” nell’ormai lontano settembre 1985, grazie alla denuncia di due sub, Silverio mio fratello e l’amico romano Roberto Calò, che collaborarono con gli stessi Carabinieri sommozzatori e gli archeologi al recupero. Non per polemizzare, ma sono stati necessari 35 anni per catalogare quelle anfore, mentre gli scopritori ancora attendono il premio, come previsto dalla legge, perso forse nei meandri del Ministero dei Beni Culturali. E ancora Rita ci riporta a riletture sempre foriere di scoperte su personaggi [4]e situazioni illuminanti del carattere degli isolani.

Ma torniamo al problema del momento, l’isolamento da Covid-19.
Patrizia Montani (leggi qui [5]) ci illustra le difficoltà (ma anche gli arricchimenti) nel tenere a bada un bambino in tempo di clausura, proponendo interessanti mappe pedagogiche.


In condizioni analoghe, ma prendendo in considerazione i disagi delle donne, Silveria Aroma (leggi qui [6]) ci racconta aspetti della violenza su di esse e della possibilità di fronteggiarla.


Abbiamo letto anche la lettera veramente accorata e significativa (leggi qui [7]) dell’anziano morto da Covid-19 in una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale), lontano dagli insostituibili affetti familiari. Storia terribile e umanissima, che sta a dirci quanto sia cambiato il mondo negli ultimi decenni. Con l’alibi del lavoro e degli impegni, abbiamo considerato normale abbandonare i nostri anziani in strutture certamente efficienti, ma lontane dai bisogni più profondi della persona. La cura dei propri vecchi, infatti, una volta era non solo considerato un dovere, ma un onore. Solo trenta o quaranta anni fa quanti avrebbero avuto il coraggio di abbandonare un parente anziano in un “ospizio”, come si chiamava allora quello che oggi è indicato con la sigla mimetizzante Rsa? Ma il mondo cambia, e non sempre verso il meglio.

Sempre con riflessioni sulla pandemia si sofferma Enzo Di Giovanni (leggi qui [8]), che allarga l’orizzonte non solo alla rievocazione dei valori civili vissuti e sostenuti dallo scrittore Sepulveda recentemente scomparso, proprio a causa del virus, ma a quelle doti morali e intellettuali ritrovati o da ritrovare, superando il mostro del neoliberismo più sfrenato per ritornare ad una più umana economia circolare o come alcuni dicono umanistica, dove il profitto, specie se rappresentato da enormi forze multinazionali e da gruppi bancari onnipotenti, favoriscono bisogni indotti ai quale veniamo portati come un gregge di ebeti e dove il dio denaro è l’unico riferimento propagandato.

In questi mesi, sotto l’effetto shock della pandemia, si sta combattendo una guerra epocale tra il capitalismo anonimo e senza volto delle multinazionali e delle banche e i cosiddetti antiglobalisti. Il tentativo che si sta portando avanti è quello di poter arrivare al controllo totale delle persone con i moderni sistemi tecnologici, che non lasceranno più spazio alle libertà fondamentali, nascondendolo dietro ragioni di “salute pubblica”.

Su argomenti molto attuali su cui riflettere si sofferma ancora Franco De Luca, ricordandoci, il 22 aprile, laGiornata della terra [9], e quale miglior esempio e a portata di mano se non quella della fragilità della nostra isola? E anche la scuola – ci ricorda ancora Franco (leggi qui [10]) – se non si riappropria delle virtù di rispettare la natura, finirà per soccombere se non rendiamo i discenti consapevoli dei valori [ai quali non sono stati più educati, come sottolinea e chiarisce Vincenzo Ambrosino in commento allo stesso articolo], ma pronti solo al consumo, al lavoro precario e alla competizione, le nuove regole della bibbia moderna.

In questa epica lotta siamo chiamati ad un impegno al limite della resistenza. È necessario riconquistare la riflessione e una serena meditazione sulle cose importanti, affinando l’istinto e la sensibilità, ma anche la cultura. E in questo i libri e il libero dialogo avranno un ruolo importante, e decisivo. Anche nel ritorno ad impossessarci della nostra identità isolana, stravolta come molte altre, da futili se non perniciose e sterili mode. Una identità che ci permetta di vivere la nostra libertà, cioè di essere quelli che siamo.

Nell’epoca dei social, cioè spesso purtroppo delle approssimazioni e del pressapochismo, i libri e la cultura potranno costituire ancora una volta un’ancora alla quale aggrapparsi. Di questa gioia rinnovata e ritrovata ci parla la nostra direttora Luisa Guarino (leggi qui [11]), nel raccontarci della sua visita, dopo due mesi di lontananza, alla sua libreria di Latina. Un piacere e una felicità che non possiamo non condividere.

Rosanna Conte (leggi qui [12]) e Adriana Terzo (leggi qui [13]) ricordano e rinnovano l’importanza del 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazi-fascismo, che certifica in Italia il ritorno alla libertà; una libertà, aggiungo, continuamente minacciata e che anche in questo periodo di coronavirus è a rischio e va ogni giorno meritata e salvaguardata. A ricordo di quelle giornate memorabili Tano Pirrone (leggi qui [14]) ripropone una lettera di un condannato a morte della resistenza, dalla quale traspare l’alto ideale e il convincimento di lottare per un bene inalienabile, la libertà. E ancora viene proposto un bel pezzo di teatro di Gigi Proietti [15], sul tema del padre partigiano che torna nel sogno del figlio a chiedergli conto di cosa ne ha fatto, di quella libertà per cui lui ha dato la vita.

Sempre a proposito di libertà e delle sue limitazioni, le mie preoccupazioni sono aumentate, proprio  in relazione al condizionamento delle informazioni e del diritto alla mobilità, tracciamenti app Immuni a parte, come già ebbi modo di esprimere nei miei recenti interventi sul nostro sito (leggi qui [16]e qui [17]).

Tutto ciò avrà ricadute gravi sull’occupazione, sull’intera economia. E questo è ormai chiarissimo a tutti. Quello che non appare ancora ben definito è la pressione sui cittadini di acquisire nuovi atteggiamenti comportamentali, del genere dei robot, obbedienti e con riflessi condizionati pavloviani. Un vero cambiamento del profondo che non potrà non portare a gravi e negative conseguenze sulla nostra libertà e sulla stessa possibilità di parlare liberamente, esprimendo il proprio pensiero. Detto in chiaro, siamo sotto il maglio della censura. Con il relativo imbarbarimento dei rapporti sociali. E questo soprattutto grazie al nuovo principio accettato in maniera sbalorditiva così supinamente come un principio assoluto e non criticabile.
E pensare che tantissimi nel passato, come nella resistenza, hanno lottato e dato la vita senza battere ciglio, per un “bene non negoziabile”, come ci ricorda ancora una volta Sandro Vitiello (leggi qui [18]in Commenti).

Va pure ricordato però che, alla luce di migliaia di atti di solidarietà degli italiani verso i malati e non solo, esiste ancora e per grazia di Dio un’Italia migliore, alla quale non vanno tarpate le ali con le pastoie della burocrazia, della corruzione e dell’opportunismo politico, grandi mali storici del nostro Paese.

E quindi vigilare, vigilare, vigilare!

 

Immagine di copertina. Eugène Delacroix – Le 28 Juillet. La Liberté guidant le peuple