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Ragionamenti virali

di Francesco De Luca

 

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Come tutte le sciagure provenienti all’uomo dalla sua natura corporale la pandemia palesa gli uomini tutti uguali. Ne evidenzia la cagionevolezza della sua struttura biologica. Tutti, inesorabilmente, soggetti alla malattia.
Non li rende uguali nella guarigione. Ci si può ammalare tutti ugualmente ma si esce dalla malattia in maniera diversa. In relazione allo stato naturale dell’organismo e allo stato sociale. La cronaca mostra come l’uguaglianza del contagio non è seguita dall’uguaglianza della guarigione. La natura afferma l’uguaglianza di base, lo stato sociale afferma la diseguaglianza del privilegio.

La storia degli uomini, nelle sciagure documentate nei secoli, non ha eliminato questa evidenza. O meglio, la cultura non è stata in grado di trarre dalle esperienze negative delle sciagure epidemiche principi regolatori da inserire nelle carte costituzionali degli Stati tali da affermare l’eguaglianza dei cittadini fra le vicende, specie fra quelle mortifere.

Nel percorso della Storia civile – occidentale e no – le epoche si sono succedute, puntellate da eccidi per colera, peste, infezioni, ma nessuna fra esse si è potuta vantare d’essere migliore di quella precedente, in quanto meno soggetta alle differenze sociali, economiche, culturali. Dalle pestilenze, dai mali da contagio non sono venute risposte di civiltà tali da rendere l’epoca seguente migliore di quella precedente. La ricerca medica ha trovato i vaccini, questo sì, ha trovato cure adeguate alla malattia ma la consapevolezza culturale non ha tratto conseguenze definitive, e la diseguaglianza sociale fra gli uomini non è stata scalfita.
E’ stata assunta teoricamente come ideale politico, è stata osannata in letteratura e nella poesia, è stata preconizzata in teorie e proclami ma non è diventata una norma. Un accenno c’è nel principio di solidarietà (come è esplicitato anche nel 2° articolo della Costituzione italiana).  Che deriva dalla dichiarazione di eguaglianza nei confronti della legge e non nei confronti degli altri soggetti in quanto persone.
Il principio di solidarietà è un principio etico e dunque appartiene alla sfera individuale della persona e non allo Stato. La solidarietà può essere perseguita dalla persona ma può anche essere negata. Il cittadino manifesta il suo grado di solidarietà in relazione alla sua condivisione dei valori fondativi della Costituzione.

La gestione democratica dei consensi tende a ridurre l’obbligatorietà delle leggi a vantaggio di una condivisione culturale più emancipata. A meno che non si limitino i diritti degli altri: allora intervengono le norme sanzionatorie a imporre al cittadino i comportamenti corretti.
La democrazia ha un suo puntello insostituibile nell’educazione. E’ questa la linea divisoria fra la democrazia ateniese e quella moderna. La mancata conoscenza rende paritetici i voti di tutti ma a danno della bontà del sistema di governo. Uno vale uno ha mostrato in passato e sta dimostrando tutt’oggi la sua pochezza politica. Anche se, ad onor del vero, il principio di rappresentatività, commisto alla conoscenza, comunque non ha trovato ancora soluzioni definitive. Talché la democrazia rappresentativa è, fra i sistemi politici sperimentati nella storia, il meno peggio.

L’educazione gioca in questo campo un ruolo fondamentale (spesso non riconosciuto o lasciato boccheggiante dai sistemi politici che mirano a dare risposte preconfezionate alle domande che i principi fondativi della Costituzione pongono alla società e in primis ai singoli cittadini).
L’educazione, nella sua libertà espressiva, tende a modellare gli animi e i comportamenti al fine di estendere il consenso volontario verso i principi fondativi, assottigliando la coercizione.
Per quanto attiene alla tesi che qui tratto, l’educazione mira a che il convincimento renda effettivo il principio di solidarietà e a conferirgli efficacia.
I patimenti e le ristrettezze da pandemia non porteranno maggiore solidarietà a meno che essa non sarà resa evidente dall’educazione. Alla quale è demandato il compito di mostrare come una solidarietà più sentita ed estesa renda migliore la vita sociale, facendo tesoro dell’esperienza della sciagura.

Nulla sarà come prima se si assumerà come principio etico inderogabile la solidarietà. La quale renderà evidente e politicamente utile l’eguaglianza fra gli uomini. Una eguaglianza culturale: individuata, coltivata e promossa dalla cultura. Non naturale.
Tutto sarà come prima se i valori etici fondanti la nostra società nazionale saranno lasciati all’adesione istintiva dei singoli cittadini. Prevarranno come sempre i valori del potere, del guadagno, della sopraffazione. Quelli dominanti nelle scelte nazionaliste, globaliste, consumistiche.