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L’isola che abbiamo dimenticato: la Galite (8)

di Biagio Vitiello 

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per la settima parte (leggi qui [2])

dal libro L’ile de la Galite di Achille Vitiello

Don Miguel
Dopo la prima guerra, vediamo sbarcare un personaggio pittoresco che si fa chiamare Don Miguel. È il marito di un’infermiera austriaca, che lo ha sposato per non farsi cacciare dalla Tunisia. Quando arriva, deve avere un po’ di soldi, perché si fa costruire una bella casa, proprio sopra il Caffè di Madame Clèment (1). Paga i giovani isolani per dissodare la terra. È probabile che abbia in mente di far lavorare questi ragazzi per poca cosa. Quando arriva la sera, si recano da lui ad ascoltare i dischi del suo fonografo. Ma i galitesi hanno troppo bisogno dei propri figli per le loro terre e le varie faccende. Dopo una decina d’anni, Don Miguel riparte, rovinato dalla malattia, lasciando il ricordo d’un uomo che, per giornate intere, raccontava storie inverosimili. Se si facesse il conto di tutti i mestieri che diceva d’aver fatto e il numero degli anni, trascorsi a svolgere quei mestieri, quell’uomo dovrebbe avere l’età di Noè, oltre novecento anni!

Dopo la chiusura della miniera, dei tagliatori di pietra vennero a stabilirsi sull’isola, essendo ricca di granito. C’è un grande bisogno di pietre per la costruzione dei bacini dell’arsenale della Marina a Ferryville (ribattezzata Mezel Bourghiba alla fine del protettorato) e per le bordure dei marciapiedi delle città tunisine. Questi tagliatori di pietra si stabilirono a nord est ( a Levante ) dove costruiscono le loro abitazioni. Come accadde per le miniere, molti galitesi diventano tagliatori di pietre o vengono assunti per caricare le pietre a bordo di speciali natanti ( Moones ) che le trasportano fino a Biserta. Anche il pietrame viene recuperato, per le massicciate delle ferrovie. Tale attività finisce verso il 1935 allorché si attenuò la richiesta delle pietre da taglio. I tagliatori di pietre partono e i galitesi tornano alla pesca. Poco prima della seconda guerra mondiale, verso il 1938, si contano una ventina di barche di pescatori galitesi, tutte motorizzate, con motori di veicoli fuori uso, rimaneggiati.

Le feste
A Pasqua le famiglie preparano ‘u casatiello e ‘a pastiere due torte tipiche delle isole napoletane. Il lunedì di Pasqua andiamo a mangiare la bouillabaisse ( zuppa di pesce n. d. t. ) sulle scogliere a nord dell’isola, il pesce viene pescato al momento!

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Il 20 giugno, giorno di San Silverio, il santo patrono dell’isola di Ponza, ha luogo una grande festa. Va detto che è anche il giorno della prima ripartizione del denaro tra gli equipaggi. Il 16 luglio, festa della Vergine del Carmelo, i pescatori non escono in mare. Per la festa del 15 agosto, tutti si recano da Ernest sulla spiaggia. Ma nessuna di queste giornate festive, è paragonabile alla grande festa del Natale. Nell’attesa [ del Natale ] le famiglie si riuniscono di sera per giocare a tombola, a sette e mezzo ed altri giochi a carte, mettono in gioco pochi centesimi e soprattutto noccioline!

La Marina Nazionale
Quando i francesi s’insediarono a La Galita, si avverte molto rapidamente che quella è una posizione strategica, per cui la Marina Nazionale deve essere presente. Sulla sinistra della rada, al di sopra del porto attuale, vengono costruiti degli edifici destinati ad accogliere una postazione ricetrasmittente, un gruppo elettrogeno ed una guarnigione di una cinquantina d’uomini. Davanti a questa struttura, due grandi piloni in cemento armato sostengono l’antenna radio. Sulla parte più alta dell’isola, la Marina installa una vedetta (postazione ottica), da lì i marinai scrutano in permanenza l’orizzonte. Ad Est, a Scirocco, si trova una postazione di ascolto sottomarina. Il primo capoposto si chiama Pélissier rimane sull’isola molto a lungo. Molte ragazze galitesi desiderano sposarsi coi marinai, e con loro se ne vanno.
La Marina vi resta insediata fino al 1947. Anche dopo la partenza della piccola guarnigione, lei veglia sull’isola e sui suoi abitanti. In effetti, in estate non è raro che un idrovolante con un medico a bordo, venga a posarsi in rada e almeno una volta a settimana, una motovedetta o un rimorchiatore vengono ad ormeggiarsi in rada.

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Spesso, la Marina Nazionale compra le aragoste e, nella maggior parte dei casi, avvengono dei baratti: aragoste in cambio di carne o materiale marino (cordami, carrucole, teloni, vernici). Come ho già detto, non ci sono linee di collegamento regolari tra l’isola e il continente ma, la Marina Nazionale come la Dogana, i guardiapesca o il naviglio dei Fari e Segnalamenti Marittimi prendono a bordo i galitesi per raggiungere Biserta o per tornare nell’isola. La vedetta e la postazione d’ascolto sono state dismesse, ma la radio è stata presa in carico dal capitano di porto, il quale fa due vacanze al giorno a Tabarka. In caso di malattia grave o per un incidente, viene inviato un messaggio e, nel giro di mezza giornata, arriva un’unità della Marina con un medico. Se fa buio, c’è un idrovolante della Marina che ammara. Il malato viene curato sul posto, oppure inviato all’ospedale militare di Ferryville. Una volta guarito, resta sull’isola a cura della Marina Nazionale.

Naufragi, racconti, allucinazioni …
Nel 1931, cito proprio quell’anno, perché mio padre, che mi ha raccontato questa storia, mi disse che aveva tredici anni – essendo nato nel 1918 – quando, in maggio, dei velieri italiani erano alla fonda. Erano una decina, tra cui un paio di barche ponzesi di Carloforte e due aragostari brettoni di Camaret. Durante la notte, una tempesta arriva da Sud-Ovest. In genere le tempeste non durano più di qualche ora, poi il vento torna a soffiare da Ovest e da Nord Ovest. Questa volta però, la tempesta prende in pieno la rada che affaccia a Sud-Ovest. I bretoni issano immediatamente le vele e partono per Biserta. Gli italiani restano alla fonda sperando che il vento giri. La tempesta dura tutta la notte e la giornata successiva. I velieri fanno naufragio ed un marinaio anziano muore, non ha la forza di nuotare fino alla spiaggia. Solo due velieri, appartenenti a due pescatori di Ponza, soprannominati Mezza Pacca e U Tre Chiazze ( metà parte e tre chiusure… così suona in francese n. d. t.) riescono a superare la Punta della Guardia [sfiorandola] a circa un metro di distanza. I grandi bastimenti di Carloforte affondano sul posto dov’erano ancorati. Sulla spiaggia c’è un vero disastro… Un’altra volta un veliero nuovo di zecca, appartenente ad un giovane capitano di circa vent’anni, in seguito ad una manovra sbagliata, si schianta contro gli scogli, sotto la Montagna della Guardia. In preda alla disperazione, il giovane capitano riesce a saltare sugli scogli, sperando di trattenere la sua barca. Sarebbe stato inseguito dallo scafo. I galitesi raccontano che tutte le notti, una luce parte da quegli scogli, arriva sulla sommità della Guardia e ridiscende sugli stessi scogli. [Il fenomeno] dura a lungo, fino a quando i genitori recupereranno il corpo del giovane capitano.

1) In seguito, quella casa verrà acquistata da Alessandro Vitiello, il carpentiere di La Galita, figlio di Andrea Vitiello e nipote di mio nonno.

[L’ile de la Galite (ottava parte) – continua]