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Il faro che non si scorda mai

di Enzo Di Fazio

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Queste giornate di prolungata sosta tra le mura domestiche si riempiono oltre che di letture, videochiamate con i figli ed i nipoti e lavoretti vari, di lunghe chiacchierate con la persona o le persone con cui si condivide lo spazio di clausura.
Una delle pratiche ricorrenti è quella di andare alla ricerca di foto o di documenti che aiutano a ricostruire con dei particolari i discorsi che si fanno o le cose che si pensano.
A volte si è portati a farlo anche per una serie di coincidenze o per non so quale magico gioco della mente.

Così ieri mi è capitato di ritrovarmi tra le mani una copia del vecchio registro del faro della Guardia in cui i visitatori lasciavano, trascritti in messaggi, pensieri ed emozioni. E nell’ultima pagina di questo registro si trova custodito un foglio dattiloscritto che ricorda la benedizione del faro della Guardia avvenuta il 18 aprile 1960, cioè proprio sessant’anni fa.

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Cliccare su queste e sulle immagini successive per ingrandire

Ne scrissi su questo sito il 17 aprile del 2012 [4], nell’anno in cui, io ed altri, ci stavamo preparando per proporre il “nostro” faro come luogo del cuore da salvare nella campagna FAI che di lì a qualche mese sarebbe partita.

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In effetti fu proprio la ricerca di documenti per raccogliere notizie sul faro che mi portò alla scoperta di quel foglio dattiloscritto che oggi, a distanza di sessant’anni, mi rimanda alle domande che mi feci allora e che rimaste senza risposte, rea la cattiva abitudine di rimandare sempre al domani, mi ripeto adesso.
In un momento in cui il tempo si è dilatato ed i pensieri prendono ordine.

Quali erano le domande? Poche, semplici e tutte legate a quell’evento. Come, ad esempio, chi fossero i tre fanalisti in servizio.
Nei miei ricordi d’infanzia non c’è quell’episodio. A quell’epoca ero a Napoli ove frequentavo la terza media, e a Napoli era anche mio padre, in servizio presso il molo Beverello, a guardia del faro del porto.
Vi era arrivato, trasferito da Zannone, nel novembre del 1959, e vi rimarrà fino ad ottobre del 1961 quando ritornerà al faro di Zannone.
Altri figli di fanalisti di quel tempo potrebbero ricordare e dire qualcosa,
Ci vengono in aiuto le testimonianze o i documenti che, raccolti e messi da parte, possono, ora, come elementi di un puzzle, trovare la loro giusta collocazione.

Come ad esempio il messaggio di ringraziamento lasciato sul registro dei visitatori, il 21 luglio del 1959, da una turista inglese per un bicchiere d’acqua ricevuto da Vincenzo Ferraiuolo (il padre del nostro sindaco). Me lo immagino Vincenzo, ospitale ed affabulatore come lo ricordo, dare ristoro alla bella Jacqueline, affaticata dopo la scalata al faro.
Questo il messaggio
To Ferraiuolo Vincenzo. Thank you for the glass of water with greetings from England. Jacqueline.

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E’ probabile che nell’aprile del 1960 Ferraiuolo stesse ancora al faro della Guardia. Potrebbe essere lui uno dei tre fanalisti. Forse Franco ne sa qualcosa.
Un altro potrebbe essere Filippo Vitiello (padre di Biagio), in qualità di reggente. Filippo è stato per tanti anni al faro della Guardia e anche in maniera continuativa. Ci sono diversi documenti con la sua firma datati 1959 e alcuni altri risalenti alla seconda metà del 1961
Come lo scambio di corrispondenza con il Comando Zona Fari di Napoli per la corretta collocazione del fanaletto di segnalazione del pericolo delle secche delle Formiche, presenza che ha procurato sempre tanta apprensione nei naviganti e nella mente dei fanalisti.

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Forse qui è Biagio a saper dirci qualcosa.

E il terzo fanalista? Potrebbe essere Vittorio Coppa, il padre di Cristina o mio zio Silverio Scotti, il padre di Gino e Pompeo. O Francesco Vitiello o Ciro Farese o altri che in quegli anni si sono avvicendati ricoprendo il ruolo tra i fari di Zannone, Ponza e la Guardia.

Cerco di immaginarmi il piazzale del faro il giorno della benedizione. Una giornata di sole con un leggero vento di ponente, quello che di norma spira in primavera su quella punta, e don Michele Colaguori accompagnato da due chierichetti e scortato dai rappresentanti dei corpi militari a dare la benedizione. In un angolo un tavolo con un piatto di nocchette fatte dalle mogli dei fanalisti e una bottiglia di spumante di vino del Fieno.
Tanta pulizia, ordine e tutto tirato a lucido a cominciare dalla targa con il nome del faro di fianco al portone d’ingresso.
Ordine, pulizia e cura, come testimoniano i rapporti delle visite ispettive che frequentemente ricevevano i fanalisti e che si chiudevano sempre con gli elogi per il reggente e i suoi collaboratori.

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Oggi di quel mondo c’è solo l’immobile in progressivo degrado (le vicende sono note) ed un futuro pieno di incertezze.
Nulla ci vieta, però, di immaginare che in quel 18 aprile 1960 quel faro fosse come lo ha restaurato per noi l’abilità grafica dell’amico Giancarlo Giupponi.

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