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Memoriale di Giuseppe Cesarano (3)

di Francesco De Luca

 

per la parte seconda (leggi qui)

Ascoltate alcuni fatterelli e saltateli di pié pari se non vi piacciono!

– Una sposina con bacino difettoso, profondamente offesa da vizio mitralico in fase di scompenso, geme in travaglio di parto. Vero e proprio travaglio, perché il cuore non regge più. Applicazione urgente di forcipe ed estrazione di feto morto da forse tre giorni. Il polso della partoriente si ferma, ad onta di tutti i rimedi ond’ era colma la prossima farmacia. Costernato, il Medico fa per allontanarsi ma per le scale scoppia all’improvviso alle sue spalle un gran tumulto con urli e colluttazioni. Voci maligne insinuarono il sospetto di mano armata di coltellaccio da cucina. Ma sarà stato vero? A sfatare la diceria sta il fatto che fra i migliori amici che il Dottore contava a Ponza erano proprio i parenti del giovane rimasto orbato della moglie, l’onestissimo e rigidissimo padre, il giovane stesso, i suoi fratelli e le sorelle, che al Dottore restarono legati anche lungo tempo dopo la partenza dalla nostra Isola.

– Una donna di teneri costumi mette al mondo un feto morto. Dopo oltre tre settimane è, con lettere anonime, accusata di infanticidio. Viene ordinata l’esumazione e l’autopsia. Gran folla di Autorità inquirenti e di curiosi gremisce la saletta dell’autopsia al Cimitero, mentre lontano, in una squallida grotta che due agenti sorvegliano, geme la disgraziata madre. Un denso fumo acre emanante da un secchio di acido fenico grezzo, a blocchi, appena cosparso d’acqua, ammorba e mozza il fiato più del sentore cadaverico, offendendo la vista. Il giudice Portanova, il Maresciallo dei RR Carabinieri e gli altri lacrimano e tossiscono nel fazzoletto, ma debbono star lì. Imperterrito e senza maschera il Dottore settore, dal giudizio salomonico del quale pendono le labbra della Legge e la sorte di una infelice, apre il tenero, meschinissimo torace e mette a nudo ed asporta un polmoncino verde muffa che immerge nella catinella colma d’acqua. “ Va a fondo ! ”- decreta con tono cavernoso, e rimette le cose a posto, d’autorità. Il Giudice ripete: “Va a fondo !” – e la gente fugge soddisfatta all’aperto, a tirare una boccata d’aria migliore, commentando: “ Non era vero, dunque ”.
“ Un polmone senz’aria, che non abbia respirato mai – spiega più tardi il Dottore al figlio curioso – non può galleggiare e va in primo tempo a fondo, come l’annegato che avesse ingoiato e respirato molt’acqua. Ma dopo… i gas della putrefazione… capisci?… gonfiano le cellule e gli spazi intercellulari. E fu lo stesso…”
Ma il figlio non capì proprio nulla.

Un vecchio ottantenne è boccheggiante per ritenzione orinosa. Oggi ne daremo la colpa a una certa fatta ghiandola che s’ispessisce e non lascia passare più nulla. Alle dieci di sera il Dottore rinuncia ai tentativi e affida il morente alle cure del Ministro del Culto, primo ad essere sfiduciato nell’opera dell’uomo. “ Solo un miracolo…” e impartì l’olio santo. Ma i miracoli sono nelle mani del Signore!.
L’indomani, meravigliato il Dottore di non veder giungere i familiari del vecchio per la firma del certificato di morte, si arma di una certa busta di ferracci, col trequarti (4) di buona memoria, e ritorna presso il morente, che tira ostinatamente le cuoia. “ Vogliamo fare un tentativo ? – chiede al di lui figlio che lo assisteva – tanto è agonizzante… la pancia gli scoppia! ” Avutane l’autorizzazione, affonda di colpo al punto voluto il punteruolo del trequarti, la cui cannula non era complicata di deviatore e rubinetto, come lo è oggi. Ne sprizza fuori un getto imponente di liquido che irrora la faccia, il soffitto, il lettuccio, le mani e i vestiti, prima di farsi debitamente incanalare.
Con una buona tazza di caffè ( bisogna pur sostenere il cuore, anche se morente ! ) un’ora dopo l’infermo apre gli occhi a metà. Il polso, più o meno regolare, batteva sempre. “ Bene – gli chiede il Dottore – come va ? ”
“ Non c’è male – risponde con voce incerta il duro a morire – ma un’altra volta, quello lì ( e accennava al Prete ) non me lo mandate. Diceva sempre che non mi spicciavo…”
Campò altri cinque anni, infatti.

Ancora?
Una sposina – per carità non mi chiedete nomi – fa ritorno a casa dopo aver accompagnato al piroscafo lo sposo che parte per l’ America. E’ quasi mezzogiorno. Addolorata, rifiuta il cibo e si stende sul letto dove si trasforma all’istante in un automa pallido, inerte, flaccido e sordo ad ogni sollecitazione. Un piccolo tremore dei pollici, delle palpebre, del mento e delle labbra e un lieve respiro con un poso ( 5 ) impercettibile sono gli estremi segni di una vita non ancora spenta. Il Dottore arriva e sentenzia ( e poi scrive ): “ teatrale atteggiamento passionale isterico, nistagmo ( 6 ), torpore delle funzioni sensoriali… sindrome ipercinetico-distonica dell’apparato extrapiramidale, con sede probabilmente nel putamen… ( 7 )”
“Chee…?”
“ Lasciatela tranquilla. Dopo lungo sonno si rimetterà ”.
Infatti, l’indomani mattina, alla stessa ora, a mezzogiorno, la giovanissima sposa si sveglia, chiede di mangiare e di poter attendere a qualche sua necessità, ma in poco più di dieci minuti è già ricaduta nello stato apatico e inerte di prima. Disperazione! Così per una settimana, un mese, due, tre, quattro, nove mesi lunghissimi. Svegliandosi ogni mattina alla stessa ora, l’isterica divorava il cibo e faceva toletta a un tempo solo, sotto gli occhi delle curiose comari, ma non sembrava tranquillo il Dottore che scuoteva il capo e aggrottava il ciglio sullo sviluppo lentissimo e progressivo di una certa rotondità che si affacciava prepotente nell’addome, oltre il quale si percepivano indistinti ma non dubbi segni. A casa, nelle sue note, segnava una data prossima lontana, seguita da un nome che doveva incutergli certamente terrore a giudicare dal fatto che non ebbe il coraggio di scriverlo per intero: “eclamps” (8 ).
“Ai primi accenni – aveva ripetutamente raccomandato ai familiari dell’inferma – correte a chiamarmi e preparate un bagno caldo…”


E l’accenno venne esattamente allo scadere del nono mese, ma non alla solita ora di mezzogiorno. Cinque o sei ore dopo. Come se nulla fosse mai avvenuto, un bel maschietto schiuse gli occhi al mondo birbone, e il Dottore, che era accorso trepidante col fagotto dei ferrivecchi, il cuore in sussulto, masticando il toscano e brontolando “ci siamo” , scrisse poi sul suo registro: “ Il Signore è decisamente con noi. Parto normale, maschio di Kg. 3,250, tutto bene, mi ha giuocato, nessun ricordo delle passate vicende. Al diavolo le isteriche ! ”
E, dato fuoco alla pipa di coccio dalla lunga cannuccia, aggredì il testo latino che formava la disperazione del figlio studente di turno: ‘si vales, bene est!’.
Non sempre il giardino della vita è seminato d’ortica…!

Note: 4 – ferro chirurgico; 5 – pausa; 6 – movimenti oscillatori e involontari dei bulbi oculari; 7 – struttura del sistema nervoso centrale. Svolge un ruolo nei disturbi degenerativi neurologici; 8 – eclampsia: sindrome caratterizzata da convulsioni simili a quelle epilettiche ma che non sono provocate da una malattia cerebrale.

 

[Memoriale di Giuseppe Cesarano (terza parte) – continua]

1 Comment

1 Comment

  1. Francesco De Luca

    17 Aprile 2020 at 21:24

    Faccio notare che le prime notizie su Giuseppe Cesarano le diede con un articolo Giuseppe Mazzella in data 7 aprile 2011 su Ponza-racconta (leggi qui, ndr). L’articolo fa riferimento proprio al Memoriale. Il che fa capire che Giuseppe Mazzella anche lui conosce questo documento, non solo, ma dallo scritto si desume che qualche notizia ulteriore lui possa darla. Da questo invito spero sortisca un seguito.

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