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L’isola che abbiamo dimenticato: la Galite (6)

di Biagio Vitiello

 

per la parte quinta (leggi qui [1])

 

dal libro L’ile de la Galite di Achille Vitiello (sesta parte)

Colture, piantagioni, allevamenti e pesca.

Quando, nel giro di dieci anni, le tre famiglie principali arrivarono nell’isola, i capifamiglia avevano una cinquantina d’anni ciascuno. Visto oggi, appare incredibile il lavoro che affrontarono e il coraggio che ebbero! D’accordo, si tratta di famiglie numerose, ma a la Galita si partì da zero. È ovvio che c’è terra e acqua a volontà ma, in un tempo molto breve: disboscano, fanno terrazzamenti su terreni molto ripidi,  piantumano, costruiscono le abitazioni… Quando arrivano, non trovano un solo albero. L’isola è ricoperta da una macchia piuttosto bassa, composta da lentischio, rosmarino, ginestra, mirto, un po’ come la macchia corsa, soprattutto  grandi cespugli d’erba con foglie molto lunghe, sottili e taglienti. I bei ciuffi hanno foglie lunghe circa due metri. Queste foglie, tagliate, essiccate e battute, fino al termine della seconda guerra mondiale servivano per fabbricare cordami per la pesca delle aragoste.  Come alberi, i primi abitanti piantarono soprattutto fichi, un po’ di carrubi, gelsi, albicocchi, meli, peschi… La famiglia Vitiello, nel bosco grande aveva dei susini e cotogni. E principalmente, a La Galita ci sono vigne dappertutto.

I terreni sono protetti dal vento e dalla salsedine delle grandi tempeste da sud ovest, da file di palette di Barberia e vicino ad ogni fonte crescono delle canne, usate per confezionare le nasse per la pesca. Quasi metà isola viene dissodata, ad eccezione della parte ovest che non sarà abitata, né coltivata. Meno di dieci anni dopo la venuta delle tre famiglie pionieri: i D’Arco, Mazzella e Vitiello, non ci sono più animali selvatici, tranne alcuni conigli.

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La famiglia D’Arco possiede molti terreni e un branco di capre, che mantiene a lungo. Successivamente si proibirà di far pascolare liberamente i branchi di capre sulle colline, perché causano troppi danni alle piantagioni. I Mazzella coltivano appena il necessario per sopravvivere durante l’inverno, sono soprattutto pescatori. Pure la famiglia Vitiello ha molto terreno. Nicola Vitiello s’è organizzato bene. La primogenita aiuta la mamma, mentre gli altri figli dissodano la terra col papà, soprattutto al Bosco Grande. Costruiscono un ovile a Maistrale ( U Baraccone ) per il loro branco di capre e di montoni e producono formaggio.

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Passano vent’anni al ritmo della grande animazione stagionale. Da maggio a ottobre arrivano i pescatori d’Italia e del Bastione di Francia per la pesca al corallo,  alle aragoste e la salagione. Nel 1900 si contano già una decina di barche galitesi che commerciano con gli italiani. In autunno e in inverno ci si occupa tassativamente dei terreni. Non ci sono commercianti sull’isola e a settembre le grotte devono essere ben fornite di grano, legumi secchi, vino,  olio e petrolio per essere in grado di attendere la primavera successiva. Durante tutto l’inverno non viene alcuna imbarcazione. In ogni modo non ci saranno mai linee di collegamento  regolari con il continente. Ogni famiglia tiene vicino  casa due o tre capre, due maiali, polli, conigli e un asino. …

Mio nonno Achille Vitiello

Nel 1898 mio nonno Achille Vitiello ha 12 anni. È il più giovane della famiglia e i suoi fratelli sono molto duri con lui. Una nota del suo carattere; nel mese di settembre, quando l’ultimo veliero parte, si nasconde a bordo ed esce dal suo nascondiglio ventiquattro ore più tardi, quando è troppo tardi, per il bastimento, poter tornare indietro. Proprio all’età di ventiquattro anni, attraversa il Mediterraneo a bordo dei velieri con la qualifica di mozzo, giovanotto di bordo e infine marinaio. Nel frattempo impara a leggere e a scrivere ed è l’unico della sua generazione, a La Galita, in grado di farlo. Ritorna verso il 1910, dopo aver prestato servizio militare nella Marina Italiana.

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Il capopesca e il suo equipaggio mentre scaricano del materiale.
I cesti di mirto servono a pesare le aragoste, [da Kg 25 a 30]

  1. L’Amministrazione s’insedia, si erigono le costruzioni …

Verso il 1885 la Francia mette la Tunisia sotto il suo protettorato, ma prima del 1903 a La Galita non arriva alcun personaggio. Fino a quella data, i galitesi vivono nell’autonomia e nell’indipendenza, fuori da ogni diritto legale e di imposte; in ogni modo, non le pagheranno mai direttamente. Dunque, nel 1903 la Francia si interessa di La Galita. Viene messo sul posto un rappresentante. È addetto agli Uffici della dogana e della capitaneria di porto; giovane e celibe, si chiama “Monsieur Clement”.

Guardando l’isola dalla rada, sulla destra, sotto la Montagna della Guardia e ad un centinaio di metri dal mare, le autorità cominciano a costruire gli edifici per l’abitazione del capitano di porto – doganiere e per l’ufficio postale. Qualche anno dopo, in continuazione del primo, un secondo edificio viene destinato ad alloggio di un gendarme e per ospitare una stazione di gendarmeria. Il gendarme, oltre ai suoi compiti, svolge la funzione di ufficiale di stato civile e registra i matrimoni, le nascite e i decessi. Adiacente alla gendarmeria, dopo la prima guerra mondiale, vengono costruiti un piccolo dispensario ed un’infermeria, affidati ad un infermiere.

Nel 1910 vede la luce la prima scuola, all’inizio del canale Cavone sulla destra. È composta da una sola classe, attaccata alla montagna, al suo fianco c’è una casetta per il maestro elementare. Nell’originaria posizione dove si stabilì Antonio D’Arco, viene costruita una fontana: l’acqua viene canalizzata fino alla scuola e, più giù, alle sedi amministrative. Queste sono le uniche case che hanno l’acqua durante l’inverno. Fino a quando ce ne andammo, dovemmo andare a prendere l’acqua per bere alla fontana con dei secchi o delle brocche di terracotta. Nel corso di questi anni non è affatto raro che i capitani di velieri portano con loro le famiglie che restano tutta l’estate a La Galita. La figlia di uno dei due diventa “Madame Clément”, la moglie del capitano di porto. All’apertura della prima scuola nel 1910, c’è un nipote di Madame Clément, Hénri Clément, che diventa il primo maestro elementare dell’isola,. Viene arruolato nel 1913 e malauguratamente morì in guerra nel 1915. Successivamente,  una targa commemorativa in sua memoria sarà visibile nelle tre scuole. Adesso, il marmo è in frantumi nel cortile dell’ultima scuola, trasformata in caserma per alcuni militari dell’isola. Quando fu costruita questa scuola, nel 1950, diede origine ad una magnifica costruzione al centro del villaggio, accanto alla chiesa.  È costituita da una grande aula che si affaccia su un prato e da un appartamento a forma di torre, per il maestro. Dopo la morte di Hénry Clément in guerra,  Monsieur e Madame Clement vendettero la rivendita di tabacchi e aprirono un caffè sulla spiaggia.

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Gli alunni della scuola nel 1948, da 5 a 18 anni.
Due o tre di loro sono andati in collegio a Biserta, ma è stato solo un caso

 

[L’ile de la Galite (sesta parte) – continua]