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Ponza racconta… molto poco di sé. Scorrendo titoli e scritti della settimana, com’è buona consuetudine per ogni epicrisi che si rispetti, mi sono resa conto che in essa c’è ben poco del nostro territorio. Vi faccio qualche cenno. Ponza, così come tutte le nostre isole minori, fa parte di quei luoghi in cui cresce la preoccupazione per il pericolo di contagio del virus, come segnalato in uno scritto dalla Redazione. Grazie a Franco De Luca, che già aveva accennato la settimana scorsa alle celebrazioni per la Settimana Santa, la processione del Venerdì Santo che non c’è stata rivive, come cristallizzata in una sera di decine di anni fa, con monsignor Dies a officiare e a coinvolgere i fedeli.
Con il racconto trascritto da Biagio Vitiello prosegue la narrazione de “L’isola che abbiamo dimenticato: la Galite” [digitare la Galite nel riquadro “Cerca nel Sito” per accedere alle quattro puntate pubblicate finora] che attraverso le parole di Achille Vitiello fa rivivere l’epopea dei ponzesi ivi immigrati, che su quella terra in mezzo al mare della Tunisia hanno dato origine a nuclei familiari e attività lavorative: singolare, anche se a volte un po’ ingarbugliato, il resoconto spesso minuzioso delle vicende accadute; con quel legame sempre forte con la terra di provenienza.
Ed è senz’altro la luna ponzese ad aver ispirato a Silveria Aroma “Versi da una quarantena“: la sua “Luna d’aprile” è il riverbero amplificato dal cielo e dal mare di Ponza, dopo il plenilunio di mercoledì scorso. Ed è totalmente made in Ponza, sia per il suo autore che per la location del bel video in bianco e nero (con brivido), “Ora volo“ di Ambrose GZ, nome d’arte di Francesco Ambrosino, giovane talento isolano meritevole di spiccare “il volo” verso i lidi della notorietà. Lo avevamo già ospitato in occasione di altre due uscite, “Vipera” e “Logica Mente”, entrambi a colori: bisogna riconoscere che in b/n ha sempre il suo fascino. Un unico appunto, quella sigaretta accesa negli ultimi secondi: se ne poteva fare a meno.
E Ponza entra, seppure un po’ lateralmente, anche nella prima parte di tre de “Il mio mare” di Nazzareno Tomassini [digitare Il mio mare nel riquadro “Cerca nel Sito” per accedere alle tre puntate], nato a Roma, frequentatore da ragazzo dell’Adriatico, che nel ’63 scopre la nostra isola, insieme a Vulcano, Ischia, Procida.
Non a caso il primo paragrafo del suo trittico s’intitola proprio “Le isole”. Seguono gli altri due capitoli, ma è come se alla parabola ascendente dell’età facesse da contraltare un’altra discendente, venata un po’ di mestizia, che dopo un guizzo in alcune isole tunisine, ripiega su luoghi termali come Abano, Saturnia e Viterbo.
Tema dominante anche di questa settimana, e non poteva essere altrimenti, è il coronavirus, che affrontiamo con “cronache al tempo del Covid-19” spaziando nei luoghi e negli spazi più impensati. Dalla descrizione della situazione in un Paese africano come il Mozambico: “Qui Maputo“ di Dante Taddia, che rafforza il concetto con la poesia in romanesco “Il Covid-19 in rima“; alla cronaca da Brasilia, in cui la situazione socio-politica desta enormi preoccupazioni. Ma c’è anche l’altra faccia dell’emergenza, fra cronaca e ironia: sono le mie cronache pre-pasquali; mentre la campagna intorno a Lanuvio, descritta e fotografata con la sua natura prorompente da Sandro Russo, incanta il web e colleziona una miriade di commenti.
L’ultima cronaca della Settimana Santa ci conduce doverosamente… dove ci porta il cuore: alle atmosfere, ai profumi, alle voci e agli angoli della nostra isola. Ci pensa Martina Carannante, con “Buona Pasqua, in quarantena“.
E a proposito di Pasqua, contribuisce a farci cogliere il senso della festa anche Silverio Lamonica, con la traduzione della poesia di Marcel Pagnol “Uova di Pasqua“.
Per “Il meglio dai media” invece ci fanno riflettere… e vergognare le parole di Leila Slimani dalla Francia, proposte e tradotte da Sylvie Morra con il titolo “Una stanza tutta per sé“.
Perfettamente calato nel clima di emergenza che tutti viviamo, ma con il balsamo della poesia sempre pronto a lenire ferite e dolori è “Guerra tra paura e speranza“ di Gabriella Nardacci. Da un poeta come Akutagawa Rinnosuke, dalle poesie T’ang di un piccolo libro ricevuto in dono, fino alle parole di Leopardi, si può attingere la capacità di scacciare dalla mente il pensiero di quell’orrendo virus che sembra una “mazzafrusta chiodata”. Dal “faceto” al serio con il prof Antonio Fantoni, già docente di genetica molecolare alla Sapienza di Roma: il suo scritto “Qualche nota di genetica molecolare sul nostro virus“ è molto preciso e dettagliato, sebbene più per addetti ai lavori.
Totalmente all’insegna dell’attualità politica, dopo la conferenza stampa del premier Conte di venerdì sera, appare quanto scritto ieri da Sandro Vitiello “Giuseppe Conte e le ragioni dell’Italia“, equilibrato e documentato: ulteriormente illuminante il commento in merito di Silverio Lamonica, con foto acclusa (altrettanto illuminante).
Restando in tema di attualità, Tano Pirrone combatte tutta la settimana la sua battaglia contro le fake news, integrando strada facendo, con una particolare attenzione al ruolo degli animali. Ed è finalmente felice di comunicare che la Cina è arrivata a una svolta fondamentale: nel menu dei suoi abitanti non ci sarà mai più carne di cane. Benedetto coronavirus!
Cambiando del tutto genere invece ieri si dedica a Melania Trump e alla sua “Guerra in famiglia“ con il marito Donald. Però non capisco perché dovremmo invitare la first lady a Ponza.
Ad esporre un’originalissima teoria sulla nascita e la diffusione del virus ci pensa Riccardo Alongi con “Tutta colpa di Greta“. Nello scritto si parla di un complotto molto ben articolato. Protagonisti: Ozzy Osbourne dei Black Sabbath, il delfino Flipper, Greta Thunberg, il capitano Carola Rackete; ah dimenticavo il Perozzi (Philippe Noiret) di “Cari amici”. Peccato che servano cinque asterischi con altrettante note per ritrovarci il dritto. Però vale la pena di leggerlo: attualmente l’unica libertà che possiamo permetterci è la fantasia.
Concludo con il pezzo che più mi ha colpito, anche perché grazie al Cielo non c’entra niente con il contesto che stiamo vivendo. Giulio Rispoli, nel giorno di un anno che non celebra alcun anniversario (nel 2021 sarà il trentennale) ricorda a tutti gli italiani la tragedia del Moby Prince che si è consumata a Livorno il 10 aprile 1991. Sono morte 140 persone, forse nessuno lo ricorda, e intorno alla vicenda c’è un mistero fitto: “Il ricordo della strage del Moby Prince“ scrive Giulio, che ringraziamo.
Un’altra settimana si è conclusa e domenica scorsa, mi piace ricordarlo ancora, abbiamo celebrato gli 11.000 articoli del sito. Proviamo oggi la stessa soddisfazione densa di malinconia. Avremmo voluto per questa domenica una festa diversa: ma nel cuore di tutti i credenti del mondo stanotte Cristo è risorto, e ci dona la speranza.
Buona Pasqua, da un capo all’altro del pianeta, e con Ponza sempre nel cuore.
Nota
Le foto di apertura e di chiusura dell’articolo sono di Silveria Aroma
