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Mai più cani nel menu. La Cina a una svolta

di Tano Pirrone
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Mentre gli attacchi contro l’azione governativa per contrastare il Coronavirus si fanno sempre più organizzati, mostrando con chiarezza gli schieramenti e denunciando altrettanto chiaramente le centrali di comando (ma di questo – forse – parleremo altrove), una piccola notizia – piccola per quantità di spazio assegnatole, non per il peso che essa invece ha – affiora in mezzo a tante altre notizie, miscellanea del genere “Dall’Italia e dal mondo” (notizie dagli altri pianeti del Sistema solare, invece, non pervenute).

La notizia è questa: il governo cinese elimina dai menu la carne dei cani. Per quel che mi riguarda ha lo stesso valore di una notizia così: il governo XY elimina dai menu la carne dei giovani geometri ventenni, oppure dei figli dei cugini non superiori a 6 anni di età…

La proposta vale per i cani, ma non per i gatti o per gli uccellini o per tutti quegli animali che nei millenni hanno vissuto accanto all’uomo, imparando a conviverci – nonostante tutto. Nonostante l’uomo.
Poi rimane da parlare della mostruosità degli allevamenti megalopoli: il lusso di mangiare tanta carne la specie umana non può permetterselo. Vedrete alla prossima, che sfacelo, e vedrete che si inventeranno per difendere le sconfinate porcilaie con decine di migliaia di suini o gli allevamenti smisurati di bovini che consumano quantità di acqua che non ci possiamo permettere.

Ma torniamo alla notizia senza divagare: il governo cinese ha eliminato i cani dalla lista degli animali commestibili, classificabili come “animali domestici”. La nuova classificazione è apparsa sull’ultima lista pubblicata dal ministero dell’Agricoltura e si tratta della prima volta che viene operata questa distinzione in Cina, dove il consumo di carne di cane è ancora molto diffuso. La regolamentazione sugli animali aveva avuto un’accelerazione all’indomani dello scoppio dell’epidemia di coronavirus, quando il governo cinese aveva emesso un divieto temporaneo sul commercio di animali selvatici, considerati possibili intermediari del virus.